Gradazioni di Viola

di
Viola Amarelli
viola

Occorrono ossessioni,
fobie, dolori, dèmoni
per essere scrittura
sostengono gli amici,
come se grazia e gioia
per lieto contrappasso
fossero riservate
solo agli analfabeti

47 COMMENTS

  1. la vita è una glossa, una nota a margine, che qualcuno forse scrive, o nessuno, che qualcuno forse legge, o nessuno, che altri, o lo stesso, qualcuno o nessuno che sia, toglie

  2. Sagezza poetica,
    Viola Amarelli
    in una parola
    cerca il desiderio
    di luminosa gioia
    nell’artista
    una parte che fa luce
    al dolore sentimento
    dedicato alla scrittura,
    pane quotidiano,
    nel dintorno della follia,
    perché è difficile scrivere
    la gioia?

    Mi piace questa poesia
    dietro il ventaglio…

    Grazie

  3. aforismata? versi? Illuminazione? no. certo nemmeno una rivelazione stupefacente. non capisco dove stia la perfezione del nuovo in queste frasi in colonna anzi mi stupisco come N.I. (per come la ricordo io qualche anno fa) si invanghisca sotterrandosi con queste cose che si dovrebbero chiamare versi? ognuno se ha da scrivere dolore scrive dolore se ha da scrivere gioia scrive gioia a prescindere dagli amici anzi spesso chi scrive davvero poesia non ha amici o ne ha veramente pochi così evita di generalizzarne la banalità di pensiero con altre banalità.
    un saluto
    paola

  4. (sul dolore e la gioia) :-)

    qui

    Complicatibus: – E dunque nessun capriccio né scherzo, ma solo e soltanto necessità, dolore.

    Simpliciter: – La necessità, il dolore…

    Complicatibus: – La necessità del dolore, il dolore della necessità: non Le pare? Non Le pare essere finalmente qualcuno così, in questa figurata maniera modale? In questa camera d’albergo, in questo momento, è necessario, però, che Lei scriva d’un dolore, come che sia. Sa, il lettore ama piangere: una storia commovente, pedagogica, che faccia pensare.

    Simpliciter: – Il lettore ama ridere: la necessità, la gioia…

    Complicatibus: – La necessità della gioia, la gioia della necessità: è forse lo stesso? o forse che sia lo stesso dire la stessa cosa? Come dire di fatti ride la lettera e con essa la letteratura tutta? Il riso è solitario, infernico, ma contagia.

  5. Quanta passione per “essere scrittura” … e che bellezza essere analfabeti… Nell’armonia dei contrari il segreto di un’ispirazione che non si arrende nè alla dannazione, nè alla grazia.
    Trovo che ci sia in questi versi proprio questa ispirazione/tensione all’armonia e ne rimango meravigliata come davanti al fiorire di una possibile risposta (sempre nuova perchè personale, mai banale …).
    Saluti e stima

  6. @Paola:
    a prescindere dal fatto che – ad esempio – io e Viola siamo tutt’altro che “amiche” e che di “amici” ne ho talmente pochi che stando a quanto dici sarei da incoronare poeta solo per questa banalità, passando al testo in questione la perfezione sta nell’avere espresso con un’essenzialità lapidaria e musicalità poetica un aspetto fondamentale della scrittura che – se leggi bene – non è in anttesi con quanto da te detto in profusione di verbo.
    con un sorriso, natàlia

  7. @Natalia
    onorata della tua risposta un po’ scontrosa ma in qualità di chi o cosa (non sei nemmeno “amica” della autrice dici pubblicamente e non sei l’ autrice) non so. forse di profusionaria del verbo par mio…? – ma qui per mio conto inopportuna nel rivolgerti a me mentre io non mi sono rivolta a te ma ho scritto di quanto scritto nell’ articolo e la frase sugli amici (- amici + poesia) è una provocazione per collegarmi alla generalizzazione usata nel testo e che, stando al tuo intervento, ha provocato
    un saluto a te.
    paola

  8. non capisco cosa c’ entri qui la tua coerenza intellettuale che non ho avuto ancora modo di assaggiare ma mi pare che il concetto stesso non sia con il fatto che tu non sappia stare zitta. non c’ azzecca nemmeno nel minimo. sono io che non comprendo: forse intendi che i testi che tu giudichi poeticamente validi debbano essere poeticamente validi per tutti? oh rispetta dunque i piaceri contrari che come dice l’ altra filosofa per caso sono il sale e costituiscono l’ armonia della vita e tra l’ altro un po’ di rispetto per l’ autrice che la sottile sensazione è che tu abbia preso il posto suo si sta insinuando poco a poco
    un saluto a te
    paola

  9. ma come vuoi Natalia. non vedo cosa tu abbia da sorvolare con il tuo snobismo pour parler né pretendere di condividere in altrettanto modo. non trovo questo scritto niente di esaltantante punto. non aspiravo certo a una rissina rosa come invece mi sembri sottendere tu. di tanto in tanto leggo Nazione Indiana, sono un po’ di anni ad oggi, e ogni tanto provo a commentare come fai tu e tanti altri. anche Carmine forse si è accorto solo ora di queste righe di Viola che da tre commenti ora ne hanno più del doppio. va senza dire, penso, con tristezza.
    paola

  10. La mia anima è accademica, quanto la mia poesia è analfabeta. Per contrappasso, vorrei essere un contrabbasso, e suonare. Semplicemente.
    Kiss my purple heart.
    PVita

  11. cortese polvere, l’autrice ha poco da dirLe, se non che questo è un epigramma, una glossa satirica sulla poetica di numerosi scrittori che del *dolore* si fanno spesso scudo e abuso. Sul resto, abbia pazienza, le banalità e le generalizzazioni le lascio quietamente alle sue rispettabili opinioni, V.

  12. Riprovo, il primo commento non è arrivato.

    Una glossa che strappa il sorriso.
    :)

    Che semplicità. Un saluto.

  13. Io lo conosco un rarissimo analfabeta ma grande anziano, sono rari più dei Panda gli analfabeti veri e propri, quelli DOC, questo qua è tristo da bestia e tira giù moccoli tutto il giorno oralmente… altro che canti e carole.

  14. * * quando la nube nera che su di
    noi incombe sarà e-vaporata
    in scoppi di risa :-) e di
    pioggia saremo piccoli
    raggi di luce che danzano
    su prati di margherite :-)

    :-)+ *+ *:-) *+* :-) grazie Paola!
    Natalìa, Teqno, Carmine:-)
    Marlene

  15. Grazie Viola, per la tua scrittura come al solito tagliente. Viene da pensare anche che e’ la scrittura a generare ossessioni e dolori, non bisogna per forza averli prima. Non so se l’analfabeta vive meglio, sicuramente passa piu’ tempo all’aria aperta…
    un caro saluto
    Abele

  16. s: oh!
    c: o lettera muta muta simbolo
    s: di grazia, non s’intende: cosa dice?
    c: dir cosa dir di parole
    s: e come?
    c: dir come dir di cose
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    cara carapolvere, si dà il caso, oh! ma non filosofico, che la glossa alla
    glossa di cui sovra, il primo commento di quenti venti e passa, sia dello stesso men che autore che lei cita, esimia simia, l’autore dico, non Lei, e che i due men che personaggi discettavan forse dell’incontrario, chi sa, forse dicevan ‘lostessodirelastessacosa’ enfia d’enfasi del recitativo che
    lei ha in dispregio per una comprehensio incomprensibile ai più, o ai meno, e qui ;-) Le sto strizzando l’oculo, o a chi più o meno dice ‘lostessodirelastessaparola’: non c’è modo di dire che non
    sia un modo di dire e al contempo o smodato o di modalità proprie all’improprio…
    in somma, per farla breve, l’epigrammatico fabular dell’amarelli, poetico o non poetico come che sia non è da me giudicarne, potrebbe ben darsi come ‘glossa’ a quella ‘burletta’ che Lei afferma, essa sì, consona al ragionar di ‘dolore e gioia’, provi a rileggere prima l’una burla e poi la ‘poesiola’ o ‘aforisma’ o ‘epigramma’ e magari l’avrà in pregio anzi ché non in dispregio, e se non in pregio al meno non da dispregiar punto, penso anche che oltrepassando le ‘colonne’ ci sia una profondità che viceversa il men che autore superficializza; penso altresì che il ‘come se’ sia la rivelazione, lo spartiacque di tra il maremagnum e la pozza, di tra la perfezione imperfetta e l’imperfezione perfetta, di tra l’abisso e la sua messa in e l’estromissione dall’inabissamento, di tra la logica logica e quella sfumata, di tra lo stupefacente e l’uso o abuso che di stupefacenti possa farsi, di tra la gratia demoniaca e il demone gratioso… e dunque il ‘contrappasso’ che segue al ‘come se’ e ne consegue:

    “Complicatibus: – Se non altro per un altro passo.
    Simpliciter: – Lei ora pare avere un altro passo, proprio un altro passo. Un passo non più ridotto, un passo irriducibile.
    Complicatibus: – Forse non proprio un altro passo, forse uno improprio: non un passo dietro l’altro, né l’altro avanti l’uno; non un passo avanti l’altro, né l’altro avanti l’uno; non uno dietro l’altro avanti; ma uno contro l’altro, un passo contro l’altro, un passo e un contrappasso.
    Simpliciter: – Un passo e un contrappasso? Lei non è al passo con i tempi. Lei è fuori dal tempo. Lei è fuori tempo. Lei va fuori tempo. La sua nota stona con il resto. Lei non ha tono. Il Suo canto muove solamente disincanto.
    Complicatibus: – D’altro canto, se non altro, del resto, non può esserci resto, né altro, né canto; e non c’è tempo, non può esserci altro tempo, né resto di tempo, se non fuori dal tempo, se non fuori tempo: non c’è tempo per altro, ma solo e soltanto per l’altro.
    Simpliciter: – Solamente per l’altro? Lei ha tempo solamente per altro.
    Complicatibus: – Forse. O forse chi è sola mente d’esser sola per altro. Per altro, non può esserci altro canto, né canto per altro, se non forse un controcanto, ecco, un canto contro, un canto e un controcanto.”

  17. per quanto mi riguarda misurerei in intensità: una gioia radicale e violenta vale quanto un dolore altrettanto autentico… tuttavia di questi tempi vedo in giro molte gioie fiacche e fasulle, indotte, epidermiche e così via…perchè sono gioie senza sogno, gioie di convenienza, gioie istruite come quelle delle cassiere dei mcdonald…

  18. Io penso che non sia tanto una questione di dolore o di gioia quanto di sincerità. Il fatto che poi l’opera “giunga” e sia condivisa dipende da molti fattori contingenti e di affinità.
    Questa di Viola mi pare far da seguito ad una precedente che parlava di scrittura e scrittori. Non entro nel merito poetico, ma in quello polemico. E’ evidente che sia in questo caso, ma forse di più nell’altro, “l’ovvio” disturba. Mi riferisco naturalmente ai commenti che vedo su N.I. sempre vivaci e variegati e che così permettono uno svisceramento dell’argomento che spesso va al di là dell’argomento stesso. Credo che questo sia un bene, non aiuta nessuno leggere solo encomi anche se legittimi e per quanto mi riguarda anche in questo caso legittimi.
    Spesso dallo scontro, se non c’è pregiudizio, si giunge all’incontro.
    Detto questo mi pare però inopportuno e al limite dell’offensivo dire:
    “… anzi mi stupisco come N.I. (per come la ricordo io qualche anno fa) si invanghisca sotterrandosi con queste cose che si dovrebbero chiamare versi?” Ritengo che probabilmente non ci sia stata una deliberata volontà in questo senso e spero che Paola possa incontrare altri “versi” di Viola, c’è ne sono molti in rete, per fortuna.
    Un abbraccio a tutti. Lucio.

  19. Natàlia, Tecnofobico, Lucia :-)

    Ho molto amato l’idea di Liborio. Un’emozione venuta dal cuore, intensa.
    C’è un’ intelligenza al dolore, come sentita sperienza intima profunda,
    ma c’è anche un’intelligenza della gioia. Una bella pagina su lo slancio
    di essere vivo apre un soffio di libertà. Il dolore non si puo sopportare
    senza parola; la gioia respira da sola.

  20. Non voglio inasprire le cose, Ma non voglio lasciare dire che Natàlia è snob, non è giusto. Neanche è giusto di commentare con deprezzo.

    I versi di Viola hanno trovato il mio cuore.

  21. Vorrei spiegare quello che provo. Dietro la fluidità dei versi, come movimenti della riflessione, vento poetico che fa scorrere i demoni della scrittura ( follia, assillo, dolore), si nasconde una verità.
    Non sono scrittrice, ma quando scrivevo, ero nell’ombra della tristezza,
    come metamorfosi magica del dolore in bellezza, passando di un paesaggio gelato a un paesaggio della parola luminoso. E leggendo
    i versi di Viola, mi sono chiesto come tutta la letterature è tornata verso
    la tristezza. La gioia sarebbe meno bella nell’arte o meno interessante?

  22. forse la goia si vive, Véronique, e vivendola sembra inutile scriverne, laddove l’effetto *catarsi* da te citato spinge a una funzione terapeutica della scrittura ma quel che è in gioco è spesso l’archetipo di quel che val la pena *dire* secondo i criteri, i modelli, il simbolico che circolano in ogni epoca; ridare valore a dire anche la *gioia*, a ricostruire la dimensione affettiva e ludica servirebbe in parte anche a combattere la tristezza “catena per gli oppressi”, come sosteneva Spinoza

  23. breack new 1] – prima di posare malauguratamente la mia penna su queste scottanti terre vivacchiavano tre commenti (adesso sono una trentina ) di cui due inneggianti al capolavoro e uno senza pronuncia né peduncoli. molto neutro. commenti nei quali non mi pare gli autori avessero sottolineato l’ anima satirica della glossa.

    ps: per me queste quattro righe hanno poco di sale poco di tutto e sono distanti dalla poesia di cui Nazione Indiana solitamente si occupa. per quanto riguarda la poetica di Viola Amarelli (sulla quale non mi pare di aver discusso o lanciato bordate a priori ma limitandomi a questo testo) di cui ho fatto per conto mio una mini full immersion preferisco i versi “dolorosi” come quelli pubblicati su Imperfetta Ellisse piuttosto che quasi forzandosi prova ad abbracciare la parte meno oscura della vita o meglio a ricompensarsi dei lasciti di quella, proponendo l’uomo umanamente come scrigno irreversibile di amore e di gioia .
    mi ha ricordato dei versi di Gregory Corso dedicati alla Dickinson:
    “You hide yourself
    A thin hand in a foxglove –

    Ti sei nascosta
    Una mano esile in una bocca di leone –

    non c’ è abbandono alla gioia ma la si prende per la collottola quasi come un cucciolo che non si ama, non c’è desiderio di questa gioia che rimane ombrosa offuscata patinata… non c’è attraversamento ed elaborazione del dolore, a mia lettura opinabilissima…

    la risultante è una poesia a metà, sconcertata, che si insegue come per cercare la sua anima la sua guida la sua stessa ispirazione. e a me questa glossa satirica come la si chiami non convince: sembra più autoipnosi.
    un saluto
    paola

  24. che so , un dottore, un dentista, un poeta, no un poeta no, magari un idraulico, se esiste
    effeffe

  25. Lovisolo lei continua a leggere con la sua ottica: è un suo inalienabile diritto…- ma qui onestamente l’eterno problema adolescenziale “dolore/gioia” c’entra solo in parte e non c’è alcuna dichiarazione di auto-poetica né mini ném acro limitandomi a “prender atto” della teoria e prassi secondo cui la letteratura “dovrebbe” dire solo il lato oscuro della vita (ossessioni, fobie, demoni);. ..grazie comunque dell’accostamento alla Dickinson, per quanto ami Corso è indubbio che Emily abbia un pò più di spessore letterario…-);

  26. certo Amarelli io ottico con il mio minuscolo basso grandangolare personale. così avanti tutta dalle cantine all’ attico e vcv ho osato pronunciarmi. non potrei far man bassa di nessun altro obiettivo che non sia il mio. si sa che una volta (questa mia asserzione è ovvietà pura) data in pasto la propria poesia può diventare pastura o pastoia o pastora eccetera del lettore. secondo la mia presuntuosa filosofia l’ utilità taoista di una poesia sta in quanto essa possa informarsi del lettore, non tanto di quello di cui il poeta vuole informare del momento di passione e possessione che lo ha spinto a srivere.

    ps3: spessore è anche congiunzione comunque. non intendevo affatto citando Emily sciorinare un confronto a suo discapito, Amarelli.
    :)
    p.

  27. Tanto rumore per nulla.
    Mi sembra la scoperta dell’acqua calda.
    Che il bene non faccia notizia, dico.
    Men che meno poesia.
    A meno che non si sia geniali all’incontrario.

    Però è un bell’aforisma.
    Poetico.
    Portato bene di parole.
    Niente più di questo.

  28. Ars Poetica?

    Ho sempre aspirato a una forma più capace
    che non fosse nè troppo poesia nè troppo prosa
    e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,
    nè l’autore nè il lettore a sofferenze insigni

    Nell’essenza stessa della poesia c’è qualcosa di indecente:
    sorge da noi qualcosa , che non sapevamo ci fosse,
    sbattiamo quindi gli occhi, come se fosse sbalzata fuori una tigre,
    ferma nella luce, sferzando la coda sui fianchi .

    perciò giustamente si dice che la poesia è dettata da un daimon,
    benchè sia esagerato sostenere che debba trattarsi di un angelo.
    E ‘difficile comprendere da dove venga quest’orgoglio dei poeti
    se sovente si vergognano che appaia la loro debolezza…..
    —-

    L’utilità della poesia sta nel ricordarci
    quanto sia difficile rimanere la stessa persona,
    perchè la nostra casa è aperta, la porta senza chiave
    e ospiti invisibili entrano ed escono a loro piacimento.

    ciò di cui parlo non è d’accordo, la poesia,
    perchè è lecito scrivere versi di rado e controvoglia
    spinti da una costrizione insopportabile e solo con la speranza che spiriti buoni non maligni facciano di noi il loro strumento
    .

    Czeslaw Milosz
    berkeley 1968

    ciao Viola
    buona domenica
    ciao effeffe
    curati
    c.

  29. In tutto ciò a me pare che tutti i poeti intervenuti abbiano infilato una quantità di errori di ortografia che dicono molto sullo stato della poesia. Più di tutte le poesie pubblicate qui o altrove. Che poi un sito vale decisamente l’altro e, senza riferimento alle proposte di Amarelli, che non ho letto, da parecchio NI si è livellata sui valori nazionali di mediocrità.
    Un caro saluto a tutti
    C.

  30. paola, viola, eccellenti poetesse
    allora vi regalo – nonostante l’acciacco
    cotesta cosa
    598b_1_sbl.JPG

    effeffe

  31. grazie Francesco… sei gentile. lapislazzuoli, o sassolin?i che poi sassolini = calcoli. un UNO blu. e tutto torna, dopo essersi divertito e in somma, assommato.

    e poi… perché dire demone non è esagerato come dire angelo?
    ché il demone indecente è? el’ angelo no? non c’è forse l’ indecenza dell’ estremo contrario o dell’ opposto: e c’è l’ indecenza di una innocenza che incute tanto più che ci vuole l’ apocalisse a metterci dell’ ordine ( e s’ invoca la materia oscura dal sommo calderone dell’ ultimo piano che rivrsa pece )
    dipende da dove si devia lo sguardo da dov’ esso si focalizza e cristallizza. l’ utilità della poesia sta nel dimostarci che perfortuna non è difficile rimanere la stessa persona non si è la persona ma una delle perché la poesia si propaga per sangue e segue il sangue e fabbrica sangue nel sesso agli angeli e demoni al sesso degli umani del cerchio imperterrito ma mai impetrato mai assurto a lapide della vita. questo dal mio divertire in bianco e nero, ma mai del tutto.
    @teqnofobico

    sto assorbendo energia cosmica per risponderle a breve.
    un saluto
    paola

  32. mah…..se non avesse provocato interventi (anche rinzelati,per fortuna…) l’epigramma di Viola avrebbe fatto flop.
    Invece….
    :-)

  33. Allegoria, forse ho fatto errori d’ortografia ( non sono scrittrice, ma francese: non è una scusa, lo so). Ma l’ortografia non è un criterio per valutare la qualità di una riflessione.

    A tutti, grazie perché i commenti mi hanno dato argomento di riflessione.

    Effeffe un pensiero per te. Un buon massaggio della schiena e Dafalgan per lottare con il dolore. E che il dolore della schiena (lombalgia, conosco ).

  34. “sto assorbendo energia cosmica per risponderle a breve”

    cara la nostra polvere è ancora lì che assorbe ora?
    ha assorbito?

    par bleu ma come fa ad assorbire?

    con un ombrello spaziale?
    con uno Swiffer Dusters metafisico?
    col Bidone Aspiratutto cerebrale?
    si espone sul tetto di fianco ai pannelli solari?

    ce lo dica, ci sveli i suoi segreti di cucina cosmicomica, così poi scriviamo contorto e pretenzioso e acidello anche più di lei e abbiamo il suo stesso senso dell’ironia uguale a – 433 Fahreneit e ci si propaga la poesia anche noi nel sangue e pur anco nell’arena e diveniamo in bianco e nero, virati seppia e in technicolor come arcobaleni vibranti assurti, assurdi, imperterriti, impetrati, impenitenti, impellenti, imp tutto quel che si deve e si può.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017