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Yes I Kea – I ragazzi di non è (più) la RAI

8 COMMENTS

  1. la cosa che più mi ha sorpreso è che l’affaire è stato letto da sinistra e da destra piuttosto a favore del terribilly che non del lucido intervento critico di Aldo Grasso. Why? Mi chiedo…
    effeffe

  2. Mi sembra una collezione di momenti televisi , con occhiolino agli angeli biondi anche. Gioco, umorismo, e forse critica della critica televisiva: troppo visibilità.
    Come non conosco la TV italiana, qualcuno puo dirme che trasmissione è parruche e critica letteraria: mi curiosità è svegliata.

    La spirale televisiva attrae e divora.

  3. Per tutta risposta, propongo di mutare il nome di Nazione Indiana in Benjamin! (senza nulla togliere alla potenza dell’invenzione di Moresco…)

    Scherzi a parte,l’episodio mi appare assai emblematico e degno di attenzione.

  4. …Continuavo a pensarci su e la differenza tra Billy e Benjamin mi appare fondamentalmente questa: da una parte l’immagine di uno scaffale,nemmeno uno qualunque ma il più economico e commerciale possibile,che sui suoi ripiani accolga tutto,qualsiasi cosa, in una prospettiva programmaticamente aselettiva e atematica -prospettiva dal conduttore definita impropriamente “democratica”, e che invece é semplicemente irresponsabile.
    Dall’altra, il critico e filosofo (“che solo in pochi conoscono”, si asserisce ancora impropriamente, come se ciò basti a delegittimarlo), il cui ricordo equivale a garantire almeno la minima presenza di orientamento critico alla base della rassegna letteraria.

    Quando l’orientamento critico lascia il posto allo spirito del grande calderone inizia il declino e la cultura (conoscere anche poco,ma quel poco conoscerlo in profondità,quel poco renderlo oggetto di una meditazione personale,da cui saper trarre nutrimento per i nostri dilemmi più segreti e personali) si trasforma in accumulazione nozionistica, un sapere aggiunto,da sfoggiare come accessorio,e che non ha nulla a che vedere con noi.

  5. Mio Furlen,
    la forma mi interessa più del contenuto. Che quando è grande forma, fa il contenuto. E’ geniale il tuo photò, direi neo-lumière o post-televisivo.
    Un abbraccio.
    PVita

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017