Piovra Replay. Si intomba a cento passi da Palazzo Marino
di Giuseppe Catozzella
La piovra sta avvinghiata sulla testa ben acconciata del Paese. Quella fashion, quella cool, quella impegnata, quella con il giornale sottobraccio e la valigetta, quella del cuore di Milano.
Tre cuori possiede il polpo, uno per ognuna delle tre casacche criminali: quella di cosa nostra, quella camorrista e quella sempre più forte qui in Lombardia delle ’ndrine calabresi. Tre cuori e una capacità di mimesi che le fa prediligere le camicie a collo dritto, ben stirato, bianco, le cravatte a nodo ampio. Per fare alcuni nomi di chi si spartisce la torta lombarda: gli Emanuello e i Rinzivillo di Gela, i Santapaola e i Madonia di Catania. Alcuni camorristi dalla periferia nord di Napoli, attivi soprattutto nel traffico di droga e nello spaccio. La ’ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, quella dei Valente e dei Piromalli.
Il capocentro del Dipartimento Investigativo Antimafia di Milano, il colonnello Stefano Polo, di questo affare del riciclaggio dei rifiuti non dice niente: se ne sono occupati i Carabinieri del nucleo operativo Ecologico di Treviso, Varese, Monza, Milano e Orio al Serio. La DIA di Milano è impegnata al momento in varie indagini su appalti urbani, edilizia, forniture meccaniche, movimentazione terra, riciclaggio di denaro illecito e braccia ficcate nella grossa torta di ciò che si prepara per l’Expo, il vanto della sindachessa milanese che continua a dichiarare che “la mafia a Milano non c’è.” In Lombardia, infatti, non esiste. Niente.
No, infatti. Secondo l’ultima relazione semestrale al Parlamento e al ministro dell’Interno della DIA, “in Lombardia, le proiezioni di cosa nostra si sono orientate verso l’accaparramento di attività economiche e di appalti, anche sfruttando un’area grigia di concorso da parte di imprenditori disponibili a comportamenti collusivi. In Lombardia le ’ndrine calabresi, continuano a essere molto attive nel traffico di stupefacenti. A Milano e in altre province della regione la ’ndrangheta, oltre alle attività illecite tipiche delle strutture criminali organizzate e consolidate nel territorio, confermate, peraltro, dalle risultanze delle indagini svolte dalla DIA, i sodalizi portano avanti un’azione di penetrazione nel tessuto socio-economico, attraverso la connivenza con settori inquinati dell’imprenditoria. I sempre più rilevanti interessi in gioco, segnatamente nei settori dell’edilizia in genere e nei subappalti per la realizzazione di opere pubbliche, hanno anche fatto saltare, in alcuni casi, equilibri, alleanze e spartizioni territoriali consolidati da tempo, facendo venir meno l’apparente clima di pax criminale che, negli ultimi anni, aveva connotato l’area.” Ecco come si spiegano allora gli omicidi di Rocco Cristello, Carmelo Novella e Aloisio Cataldo. Ma forse Milano si stava rifacendo il ciuffo.
Poi, il rapporto continua. “Il 10 luglio 2008, il GICO di Milano, nell’ambito dell’operazione Cerberus, ha eseguito 8 ordinanze di custodia cautelare, emesse nei confronti di altrettante persone responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso. L’organizzazione, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e ricorrendo altresì a ulteriori atti di intimidazione attraverso danneggiamenti e incendi all’interno di cantieri, imponeva un sovrapprezzo nei lavori di scavo, da destinare ad appartenenti a cosche della ’ndrangheta. Con tale sistema avevano acquisito il controllo dell’attività di movimento terra nella zona sudovest dell’hinterland milanese.
“Il primo agosto 2008, l’Ufficio del GIP del Tribunale di Milano ha emesso sentenza di condanna, a seguito di rito abbreviato, nei confronti di 14 persone, a conclusione di un’inchiesta su un traffico di stupefacenti all’interno dell’ortomercato di Milano che ha visto coinvolta la cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti.”
“A ottobre 2008, i Carabinieri di Bergamo, nell’ambito dell’operazione Antlia avviata nel marzo 2007 e coordinata dalla DDA di Brescia, hanno tratto in arresto otto persone appartenenti a una presunta associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, che operava tra le province di Bergamo, Milano e Brescia. Gli arrestati, secondo l’accusa, si rifornivano di ingenti quantitativi di cocaina da un affiliato alla ’ndrangheta, operante nell’area milanese.”
“La regione è un’importante area di snodo del traffico nazionale e internazionale di droga e continua a essere teatro di dinamiche di riciclaggio di capitali illeciti. A tale proposito si cita l’operazione Face off, svolta dalla Guardia di Finanza di Monza, che a settembre del 2008 ha portato al sequestrato di beni per un valore di 96 milioni di euro.”
Si potrebbe continuare a lungo.
Così vanno a fuoco due automezzi di proprietà di una società che presta il nome a Salvatore Accarino, e la pm di Busto Arsizio Sabrina Ditaranto e i Carabinieri del comando Tutela Ambiente scoprono un’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito dei rifiuti. Di nuovo. Di nuovo Salvatore Replay Accarino e lo stesso giochetto, compiacenti anche direttori e dipendenti di banche di Verbania, Varese e Milano che si tappavano occhi nasi orecchie bocche sul fatto che fosse pluriprotestato.
“La Valle”. Il tombamento. Fagnano Olona, Varese. Luogo adibito a ricovero di automezzi. Utilizzato dagli Accarino, per anni, per stoccare e trattare rifiuti speciali pericolosi. Intercettazioni telefoniche. Video riprese. Quelle che non si potranno più fare se passerà la legge. Camion che arrivano la sera. Camion che scaricano i rifiuti. Gli stessi rifiuti che vengono ricaricati su altri camion che ripartono la mattina. Portavano i rifiuti tossici alla “Valle”. Li sceglievano, con comodo, li separavano. Portavano quelli non tossici a due siti di smaltimento compiacenti, risparmiando loro la selezione. Intombavano quelli tossici, quelli provenienti dalla cartiera “Fornaci” di Fagnagno Olona, terre contaminate da idrocarburi e metalli pesanti. Di questo era specialista Salvatore Accarino.
I guadagni, poi, venivano riciclati con l’acquisto di mezzi e attrezzature da impiegare nelle società collegate, oppure per comprare, utilizzando alle aste pubbliche dei prestanome, unità immobiliari già pignorate alla famiglia che aveva fatto fallire la società dal nome eloquente, in quanto a infiltrazione mimetica: “La Lombarda”.
Con i siti di smaltimento di Legnano, nel milanese, e Briona, nel novarese, gli Accarino gestivano e trafficavano abusivamente enormi quantitativi di rifiuti di gran parte delle aziende della zona.
Questo faceva Salvatore Accarino in Lombardia.
Questa è la Lombardia pulita e inamidata che ogni mattina si alza all’alba operosa, lasciando molti dei suoi giovani ficcati a pugni chiusi nei letti a chiedersi perché non si lavora.
[Questo articolo appare oggi sul “Quotidiano della Basilicata”]
Un articolo che fa affiorare alla superficie quello che si nasconde, che avvelena. Il crimine sfrutta l’intelligenza di un paese e indebolisce il tessuto economico, toglie il respiro, rovina il paesaggio. E’ un male che è
tanto più devastatore che è negato: al norte, nessuno traccia di crimine; al sud, tutta la culpabilità del crimine. E’ un po’ come avere un cancro e fare finta di nulla.
Ciao Véronique, è così. In Lombardia non c’è neppure l’ammissione dell’esistenza del cancro. Il sindaco, il presidente della provincia e il governatore negano a ogni occasione. In Lombardia tutto è facilmente celabile sotto una camicia ben stirata, un completo dal taglio buono e il piglio dell’imprenditore.
E’ importante una voce come la tua, perché si intravede la verità.
Molti lettori hanno una reazione come la mia: essere indignato.
Sono francese e mi sembra triste che un paese creativo sia prigioniero
di un sistema criminale.
Grazie Giuseppe per aver esposto queste attività di indagine che rischiano di non avere l’attenzione che meritano. Citi i subappalti edili in Lombardia, e con l’Expo sarà un’esplosione (in senso solo metaforico?). Lo stesso è sulla via Emilia, da Reggio a Bologna, e anche lì si convive tranquillamente. Bene fai ad additare la sindaca con le manine serrate agli occhi.
Sì, Marco. Credo che sia tempo per parlare anche di ciò che succede nella operosa Lombardia. Dove tutto è molto sommerso, è difficile rendersene conto da atti eclatanti. Però, anche solo se giri per i locali di certe zone alla moda – per dire – si sente forte il tanfo della ‘ndrangheta, lo si percepisce proprio. Ogni tanto, raramente, qualche omicidio. Ma tanti tanti affari, difficilissimi anche per la Dda o la Dia da rintracciare, specie se passerà la legge sulle intercettazioni.
E’ importante ciò che stai facendo, Giuseppe, e lo stai facendo lucidamente. E ci vuole parecchio coraggio.
Cavoli Sò, ogni volta che leggo un tuo scritto mi rendo conto di quanto sono ignorante, mi rende triste questo ma allo stesso tempo sono contenta per quello che fai!
BRAVO!