Da “Formatura”
traduzione di Andrea Inglese
[II : parte politica]
Un mattino, mentre suo marito appena sveglio aveva posato il piede sul parquet e sembrava osservare il suo primo volto della giornata nello specchio dell’armadio di pino, la signora Ro, grandemente sorpresa, lo sentì mormorare la parola Orangina. Credette di primo acchito che avesse sete – eppure non aveva l’abitudine di fare colazione con bibite gassate – ma appena gli comunicò che in frigo non c’era che del latte e un resto di succo di pomodoro, non per questo suo marito cessò di ripetere: Orangina.
– Faresti meglio a limitarti al caffè, che riscalda, e scosse la testa infilandosi le pantofole.
Per quelli che fossero meno interessati a questo personaggio, mi permetto di mettere qui un riassunto della sua esistenza:
Gli altri non sono obbligati ad aiutarmi
eppure dispongono sempre di qualche racconto adatto a sostenere l’azione: quello degli uomini maledetti di cui solo la maledizione conta in quanto lascia una traccia
: un prigioniero in una cella spoglia e che non mangia, un cane ma bastardo abbandonato sul ciglio di una provinciale da un impiegato di estrema destra, una ragazza vedova a vent’anni che sorride nel buio.
Il Taj Mahal non è il Taj Mahal ma una storia.
Una cosa sui cui questa storia insiste è la parola or (parolor), ma è senza insistenza che chiamo il mio personaggio Roger, che lo attrezzo di sessantatre anni, che lavora a lungo da mezzanotte alle sette ad immagazzinare le derrate alimentari destinate alla distribuzione nei mercati, che una mattina si alza e probabilmente brutalizzato per il ribaltamento del sistema d’irrigazione quando si passa dalla posizione sdraiata a quella in piedi, non dice altro che Orangina.
− È in questo modo che raccogliendo delle risposte, mi hanno permesso (mia suocera) di truccare questo passaggio (il solito primo capitolo: nel conto delle righe disposte sulle pagine consiste il suo equilibrio, perciò la prosa non è nient’altro che un conto, il sistema decimale la gestisce bene – dieci parole a riga, dieci righe a pagina.)
*
− Tu faresti meglio a limitarti al caffè (e scuote interiormente la testa).
Non si vede mai sul momento quello che il momento cambia. Dopotutto, basta poco – mettetevi a quattro zampe per più di due giorni di fila e vedrete immediatamente che nuovo aspetto assume il mondo.
Avremmo dovuto farci carico diversamente (che attraverso una capriola) di questa moglie: ha poi vissuto cinque anni con il paziente, rifiutando che un’infermiera (o un’assistente concessa dal comune) l’aiutasse nei compiti più pesanti, cercando invano ciò che lui tentava di dire. Non c’è nulla che non abbia senso – pensa lei – dal momento che persino i sogni che hanno l’aria scema lasciano emergere più verità di quanta ne accumulino su di voi vostra madre, vostro padre, la vostra parentela. Ci doveva quindi essere un codice, e questa parola era lì al posto di un’altra o di altre. E suo marito, che era stato spossato durante tutta la sua vita per via di orari inverosimili, non aveva inventato quello stratagemma per farla partire. Eppure nulla aveva annunciato una svolta così radicale: lui non era un cultore della battuta e trovava la maggior parte dei film di spionaggio idioti. E si abbandonava abbastanza poco agli entusiasmi verbo-affettivi, chiamandola raramente coniglietta e una volta sola di seguito. Un tale fenomeno non era forse spiegabile che a causa dell’afflusso brutale di sangue nel cervello in un punto b grande? I centri del linguaggio forse sono periferici. Una bocca di meno di sette anni si adatta a qualsiasi lingua. Perché avvicinare l’attività di una mosca immobile alla pulitura delle mani? Quale gesto soppresse l’invenzione del trombone? La somma sborsata per un affitto equivale a quella che rimborsa il mutuo contratto per comprare una casa. Il giardinaggio permette di aprire meno libri. Gli apparecchi elettrici, meccanici, non sono proprio dei mobili. Come e quando si mette in opera la distinzione quadretti grandi-quadretti piccoli? La premessa (e il fatto che per tutto ci sia una premessa) è la buona notizia. Il commercio è una categoria immediatamente estetizzabile.
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Ottimista, pensa che leggendo molto eviterà l’afasia (quel silenzio che non viene da un’incapacità di parlare ma dalla consapevolezza istantanea o progressiva che le parole vi cadono dalla bocca e che più niente e nessuno si occupa di recuperarle. Qualcuno che trasporta dei frutti e degli ortaggi sa bene che cos’è un “grido di guerra”, ma è altrettanto timorato di un soldato quando si tratta di trovare o fabbricare il proprio. S’immagina qualcosa che, proiettato verso un superiore gerarchico (in questo caso, il suo gestore), lo annienterebbe.
In posizione eretta, le gambe divaricate, una mano sull’anca come una cantatane di saloon, con alle spalle un cielo buio, lancia una frase che mette l’altro in ginocchio, una mano sul ventre, e poi per terra. Dopo, non riprende a lavorare, ma si eclissa verso un territorio raggiunto dagli aerei.
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Emissione, captazione, istrice da combattimento: ecco un buon motivo, sonoro. L’istrice evoca immediatamente un’arma del Medio Evo: quella palla pungente che, lanciata all’estremità di una catena all’estremità d’un manico, sfigura l’avversario, bucandolo come il vetriolo; ma istrice e basta non ci direbbe molto di più che piccola bestia spalmata da un pneumatico – bisogna quindi aggiungere: da combattimento, così come dobbiamo aggiungere ciclista a fungo, se parliamo di allucinazione, o forbici a prosciutto, se parliamo di operazione chirurgica. Numerose metafore raffigurano la letteratura come una grande guerra, una grande guerra clandestina (sebbene pubblicata), un simpatico (buon) mezzo di venire alle mani.
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Roger ha avuto le papille arrostite da un caffè bollente?
Il suo cane già lo tirava per la manica. Avevano aperto la porta per lui. Questo cane camminava troppo in fretta, lo chiamò.
Lo chiamò.
Lo chiamava,
ma più lo chiamava, più l’altro accelerava, le orecchie basse.
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Non ha niente d’inquietante – ecco quello che gli rimproverarono. Indovino il sorriso all’angolo della bocca dei vicini o dei nipoti e le loro provocazioni quando, scorgendolo seduto al sole nel suo giardini, gli chiedono l’ora o come sono le pernici quest’anno, e lui risponde. Immagino quale sarebbe stata la loro reazione se avesse detto: ugualmente, o: dio! Si deve fare bene attenzione: non è l’esempio innanzitutto che è ridicolo, è la situazione di Roger, immobilizzato e ridicolizzato cinque anni in una parola. Ciò nonostante, quando si alzava tutti i giorni a mezzanotte per impilare cassette fino all’alba, nessuno rideva. Se ci riflettete, nessuno vi ha preso in giro nel momento preciso in cui si sarebbe dovuto farlo – e voi avete riso troppo quando tutti gli altri ridevano. Se i moralisti sono i soli filosofi autorizzati ad avere dello humour, bisognerebbe moralizzare questo esempio (che non è filosofico), e ridere dell’esistenza di Roger prima che pronunci Orangina.
− Per favore, bevilo finché è caldo perché non lo rimetterò nella caffettiera.
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La ripetizione di Orangina non suscita che scherzi, allusioni spiacevoli, insulti, lanci di pomodori o d’urina, di cui voi stessi e i vostri parenti fate le spese; ed essi non pensano più che a una cosa: rinchiudervi in modo che voi non vi manifestiate più agli occhi e alle orecchie di nessuno, poiché come produrre una parola adeguata? Diventa allora la loro sola preoccupazione : una tale sregolatezza, e così improvvisa, nella famiglia, non può non portare ad una riflessione sulla propria capacità di parlare sempre nel buon senso, senza perdere colpi, senza fantasie eccessive. Non sperano più che una cosa: che questo non succeda a me, e nel caso succedesse, quale sarebbe la mia parola? E come sapere che mi è successo? C’è sempre chiaramente un momento in cui l’altro, a una vostra parola, vi guarda sconcertato, ma non è una prova sufficiente: ognuno un giorno ha guardato l’altro così per aver capito male.
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Mia nonna era convinta di tenere in allenamento il cervello facendo le parole crociate. Il cruciverba, la soluzione di operazioni alla televisione, gli scacchi al computer, il lipogramma. E poi, in termini di linguaggio, che cos’è una fantasia? In che modo essa interviene in una conversazione? Una fantasia può essere una semplice improprietà ? O si tratta di ciò che continuiamo a chiamare vagamente «assurdità» (questo coniglio aveva la taglia di un elefante, le ciliegie non portano le orecchie – eppure è vero –, il manganese rende immortali)? Esiste una tipologia di fantasie (improprietà grammaticali, paralogismi, glossolalie…)? In quale classe di fantasie – supponendo che si scarti almeno provvisoriamente la nosografia psichiatrica – si dovrebbe includere l’atto di non dire che una sola parola? Seppure non sia così evidente l’adattare sempre ciò che si dice o ciò che si pensa alla situazione vissuta in comune (gruppo almeno di due), è quanto riusciamo a fare la maggior parte del tempo, e non c’era in tutta l’esistenza di Roger, prima di questo momento in cui non dice più che Orangina, un ricordo da parte dei suoi parenti di una sua fantasia.
– Dopo tutto, non era nato con una macchia di scimmia sul braccio, come la povera Sonia, perché sua madre incinta aveva guardato troppo gli oranghi allo zoo di Varsavia: un vero quadrato di peli che è stata costretta a radere tutti i giorni prima che in Francia le facessero una depilazione definitiva.
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Il brano è tratto da Formage, P.O.L, 2003.
Nathalie Quintane ha pubblicato per le edizioni P.O.L i seguenti libri : Cavale (2006), Antonia Bellivetti (2004), Formage (2003) , Les Quasi-Monténégrins (2003), Saint-Tropez – Une Américaine (2001), Mortinsteinck (1999), Début (1999), Jeanne Darc (1998), Chaussure (1997)
Quando scopro un testo di Nathalie Quintane, penetro nel centro del linguaggio, affascinata nella tela di un ragno. La lettura si svolge con parecchi livelli. Vedo il filo che mi avvolgo, ma non è un filo di Ariana, si sperde nei diversi labirinti di compresione.
Per esempio, l’inizio del pezzo inventa una situazione assurda, è il centro radiante di una riflessione sulla parola e la vità nella famiglia, la parola è il segno del disagio mentale, la parola svuota, meccanica della publicità, la parola isolata, incinta dalle tutte parole, la parte bianca della parola.
Grazie per questo momento di sveglia del cervello, un po’ “appannato” il mattino. Un momento di puro piacere.
bellobello, me lo vado ad accattare! a.