Ex ordres littéraires: Alberto Mossino

da Quell’africana che non parla bene neanche l’italiano terrelibere.org edizioni,

La domenica in Chiesa
di
Alberto Mossino
(Vincitore Premio John Fante 2010: categoria Arturo Bandini opera prima)

Domenica mattina, ore 11, davanti a Stazione Dora.
Non è ancora arrivata, questa storia dell’African Time mi fa proprio incazzare, sempre in ritardo.
Me ne sto lì ad aspettare, vicino ad una fermata del bus, sotto il cavalcavia, intorno a me alcuni palazzoni che avrebbero urgente bisogno di manutenzione, 5 o 6 Phone Center ed un via vai di stranieri, africani, arabi, peruviani, rumeni, ormai questa zona è quasi tutta abitata da loro.
Franco, Franco…
È lei, la vedo arrivare dall’altro lato della strada, cazzo, ma come è vestita?
Indossa un abito lungo e coloratissimo, pieno di pizzi e ricami con un copricapo enorme ancora più colorato. A vederla così agghindata sembra quasi un’altra persona… però, è proprio bella.
Con lei ci sono altre 3 amiche vestite in modo quasi uguale, sembrano pronte per andare ad una festa importante, c’è anche Blessing.


Ciao Franco, non c’è tuo amico? Lui bravo, tu di lui di telefonarmi.
Ciao Blessing, come va? A casa in Nigeria tutto bene? Come sta tua madre?
Bene, grazie, tutto bene, perché mi chiedi?
Eh, lo so io perché te lo chiedo…
Jennifer si avvicina, mi bacia sulla guancia e mi presenta alle amiche: this is my oyibò.
Faccio finta di niente, dove andiamo?
In Chiesa, vengono anche le mie amiche.
Ecco, mi sembrava strano che volesse uscire con me gratis solo per vedermi, ‘sta stronza, le serviva un passaggio e per di più mi tocca anche andare in Chiesa.
Lo sapevo che c’era la fregatura.
Controvoglia le faccio salire in macchina e noto con sorpresa che hanno tutte una Bibbia in mano, dov’è la Chiesa?
Vai di là, via Aosta.
Se mi dici come si chiama la Chiesa, io magari so l’indirizzo.
Ma non è Chiesa italiana, is Nigerian Church, Pentecostal.
Pente… che?
Lo sapevo che c’era la fregatura.
Arriviamo davanti ad un magazzino dismesso, c’è un folto gruppo di nigeriani, tutti tirati a festa, le donne con vestiti colorati come quello che indossa Jennifer, gli uomini invece in giacca, cravatta e scarpe bianche, rosse, blu, in finto pitone con la punta enorme.
Scendiamo, le ragazze iniziano a salutare i presenti, parlano tutti in dialetto ed io non capisco niente, nessuno mi degna di uno sguardo. Vicino a me accosta una Ford Fiesta blu, scendono 3 ragazze nigeriane che si uniscono al gruppo. Guardo l’uomo al posto di guida, italiano, di mezza età, magari divorziato o padre di famiglia. Un altro cretino come me che si è fatto fregare.
Sul portone del magazzino qualcuno ha messo uno striscione plastificato dai colori sgargianti, provo a tradurre dall’inglese quello che c’è scritto: “Chiesa dei Fiumi di Potenza”, non ci posso credere.
Franco non vieni? Dai, entra.
Sì, Jennifer arrivo.
La Chiesa è in un vecchio magazzino, ci saranno un centinaio di sedie di plastica, nessun dipinto alle pareti, solo festoni colorati.
Il prete, che tutti chiamano Pastor Luke, è un uomo sui quarant’anni, molto elegante, mi ricorda Eddie Murphy. Inizia a predicare con veemenza, microfono in mano, cammina per la sala alzando le mani al cielo, invocando Dio e lo Spirito Santo. Dice che la grazia di Dio può arrivare in ogni momento, che bisogna affidarsi a Dio per ricevere benessere, fortuna e prosperità economica. Intorno a me si alzano le mani dei presenti, in modo scoordinato ognuno grida Amen, Alleluja, Jesus. Alcune donne ciccione cariche di gioielli d’oro dondolano su se stesse come se fossero entrate in trance. Ogni tanto il Pastore tocca con forza le testa di qualcuno invocando lo Spirito Santo.
Mi incuriosisce un modellino di aereo di plastica messo davanti all’altare.
Poi partono i canti, c’è una piccola orchestra sul palco che inizia a suonare in modo un po’ incerto, ma non importa, tutti cantano a gran voce, si alzano, ballano e le donne scuotono il culo, anche quelle più vecchie e grasse. Jennifer sembra immersa in questa follia collettiva, poi si volta a guardarmi, perché tu non balla?
Mah, che devo fare, qui non si capisce se siamo in Chiesa o a Carnevale, vabbè, tanto vale ballare un po’. Inizio anch’io a danzare divertito, la musica ora ha un ritmo vagamente reggae, niente male.
Davanti a me un ragazzo improvvisa passettini alla Michael Jackson.
Vedo che ci sono anche un po’ di italiani, quasi tutti nelle prime file, probabilmente sono mariti o fidanzati di qualche nigeriana, alcuni indossano pure vestiti tradizionali africani, non sembrano molto a loro agio, non so se ridere o provare compassione.
Dopo più di 2 ore di puro delirio, la funzione è finita, tutti si salutano, qualcuno inizia a discutere animatamente facendo un gran casino e gli uomini più giovani cercano di baccagliare le ragazze.
Ti piace?
La Chiesa? Sì, mi sono divertito, sembrava di essere ad una festa.
Questa è Nigerian Church, noi balla e canta, tu vieni ancora domenica?
Mah, non lo so, vediamo… (magari prima mi faccio un bel cannone d’erba, penso fra me e me).
Senti Jennifer, ma perché c’era un piccolo aereo sull’altare?
Pastor Luke viene da Nigeria, lui è pilot di aereo, lui mette aereo in Chiesa per avere protection da Dio.
Ah, ecco…
Adesso dove andiamo Jennifer?
Io va a casa di mia amica a mangiare, tu vieni?
Ci penso un attimo, non ne sono molto convinto.
No, vado a casa, vengo un’altra volta.
Mi dai passaggio?
Dove vai?
A casa di mia amica, vicino a Stazione Lingotto.
Ma è dall’altra parte della città…
Dai, dammi passaggio.
Va bene, va…
Blessing, Faith, Johnny, come, oyibò give us passaggio.
Così mi è toccato attraversare tutta Torino per dare un passaggio a lei, alle sue amiche ed ad un ragazzone nero che fa un po’ troppo lo spavaldo.
Ed io che mi immaginavo una giornata romantica in giro con Jennifer, magari andavamo alla Basilica di Superga a vedere Torino dall’alto, poi la portavo a casa mia, tranquilli…
Invece mi ritrovo a passare la domenica in bianco… mi è toccato pure andare in Chiesa…
Lo sapevo che c’era la fregatura.
Guardo l’orologio, sono le 14,30, se mi sbrigo forse riesco ancora ad andare allo stadio e rimediare un biglietto per la partita. Il Toro gioca in casa.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017