carta st[r]ampa[la]ta n.31
di Fabrizio Tonello
“Fino a quando Rupert Murdoch continuerà a spendere soldi nel malandato mondo dell’editoria, forse bisognerà trattare con cautela gli eccessi dei tanti declinisti del mondo del giornalismo” scriveva in prima pagina il Foglio del 2 settembre. Gli articoli (tre in prima pagina e tre nelle pagine interne) non lesinavano applausi e incoraggiamenti a Murdoch: uno dei testi di p. 1 era intitolato “La lezione di Rupert”.
A p. 3 il Foglio spiegava che “prima di chiunque altro Murdoch ha capito che la sfida per l’editoria del futuro sarà quella di creare un organo capace di muoversi con agilità su ciascuno dei binari che le nuove tecnologie offriranno”. Seguivano le cifre: dall’inizio dell’estate il sito Wall Street Journal “aveva venduto 20 mila applicazioni per la tavoletta di Jobs [l’iPad]” incassando “qualcosa come due miliardi e mezzo di dollari”. Nulla di strano, quindi, se recentemente Murdoch aveva fatto un investimento spettacolare: ha acquistato per 850 milioni di sterline “lo stabilimento tipografico più grande del mondo. E’ in Inghilterra ed è grande come venti campi da calcio messi tutti lì, uno a fianco all’altro”.
Forse l’entusiasmo per l’energico editore australiano, affettuosamente soprannominato “il vecchio squalo”, ha preso un po’ la mano agli zelanti redattori: due miliardi e mezzo di dollari si scrivono, in cifra, $ 2.500.000.000. Se questo è il ricavato della vendita di 20.000 applicazioni (cioè degli abbonamenti allo Wall Street Journal via iPad) se ne deduce che: (2.500.000.000/20.000)=125.000. Caruccio questo abbonamento a 125.000 dollari: forse si tratta di un’offerta speciale della durata di mille anni, supponendo che il nuovo gadget di Steve Jobs duri il doppio di quanto sia durata, fino ad oggi, la stampa fatta di carta e inchiostro.
Altro che declinismo! Questa sì che è fiducia nei giornali, nel futuro del capitalismo e della civiltà occidentale. Bisogna sperare che l’effetto serra, con conseguente aumento del livello medio del mare, non costringa Murdoch a cambiare la testata del suo quotidiano, visto che lo Wall Street Journal prende il nome da Wall Street, una stradina nella parte bassa di Manhattan, che è un’isola non molto alta sul livello del vicino oceano Atlantico. Se necessario, i lettori del 2050 riceveranno uno Wall Bay Journal oppure uno Wall Gulf Journal senza supplemento di prezzo, naturalmente.
Il titolo di pagina 3 del Foglio recitava: “Così Murdoch combatte i professionisti del declinismo giornalistico” e su questo stesso argomento il New York Times ha pubblicato una lunga inchiesta, pubblicata in parte sull’International Herald Tribune del 3 settembre. L’articolo di Don Van Natta, Jo Becker e Graham Bowley spiega che effettivamente Rupert Murdoch continua a “spendere soldi nel malandato mondo dell’editoria” ma si tratta di indennizzi miliardari che ha dovuto sborsare a seguito delle querele per diffamazione, o quanto meno per violazione della privacy, da cui ha dovuto difendersi in Gran Bretagna.
Non si tratta di noccioline: Max Clifford, l’agente di varie celebrità inglesi, ha ricevuto 1 milione di sterline (circa 1.250.000 euro) mentre Gordon Taylor, un dirigente della federcalcio britannica, ne ha ottenuto 700.000, cioè circa 875.000 euro. Ma per quale motivo Murdoch ha dovuto firmare degli assegni milionari? Beh, si tratta di un tema che al Foglio dovrebbe stare molto a cuore: le intercettazioni.
Pare che News of the World (l’equivalente locale dei nostri Chi oppure Novella 2000) avesse l’abitudine di procurarsi i suoi scoop non pubblicando i testi di intercettazioni legali, disposte dalla magistratura (orrore! giustizialismo!) bensì intercettando direttamente le sue vittime. Se ne occupava Glenn Mulcaire, uno sbrindellato investigatore che sembra uscito da un romanzo di Jim Thompson, responsabile di aver manipolato i telefoni di mezza Londra a beneficio del giornale. Mulcaire aveva messo sotto controllo, tra gli altri, i telefoni dei due nipoti della regina Elisabetta, frequente bersaglio di News of the World.
A differenza dell’Italia, dove Fabrizio Corona ha trasformato le sue disavventure giudiziarie in altrettanta pubblicità gratuita, i giudici inglesi prendono sul serio ricatti e violazioni della privacy, quindi Mulcaire ha passato vari mesi in prigione e Murdoch gli ha pagato 80.000 sterline, 100.000 euro, perché tenesse il becco chiuso. Il direttore che gli aveva commissionato il lavoro, Andy Coulson, ha dovuto dare le dimissioni da News of the World ma non è rimasto a lungo disoccupato: è diventato responsabile della comunicazione di David Cameron.
Il nuovo primo ministro era entrato a Downing Street l’11 maggio e nel giro di cinque giorni aveva già ricevuto per un incontro privato Ruper Murdoch. Il tema doveva essere qualcosa di più terra terra delle le elucubrazioni sulla Big Society, che il Foglio pubblica volentieri, perché poco dopo David Cameron criticava gli “sprechi” della BBC (il principale concorrente di Murdoch) e proponeva di tagliare il suo bilancio.
Riassumiamo: in Italia, le intercettazioni che servono a fronteggiarela criminalità dei colletti bianchi sono (cito sempre dal Foglio, del quale ho sottoscritto un abbonamento fino al 2050 sul mio iPad) “barbarie”, “giustizialismo”, “inciviltà giuridica”, “stalinismo”. I magistrati che le ordinano sono “giacobini”, quando non seguaci di Pol Pot o “mentecatti” come li definì il trapiantato pilifero la cui (ex) moglie era azionista di riferimento del Foglio medesimo, assieme a quel Denis Verdini assai interessato ad appalti e costruzioni assortite, oltre che coordinatore del Pdl. I giornalisti che difendono i giudici e rivelano le indagini sulle varie cricche di regime sono, Giuliano Ferrara dixit, niente meno che “mozzorecchi”.
Non risulta che le intercettazioni di Murdoch, certo utilissime per combattere il declino delle tirature, suscitino la stessa riprovazione, lo stesso sdegno, la stessa indignazione civile tra i redattori del Foglio. Non abbiamo ancora letto un editoriale di condanna dopo la divulgazione dei risultati dell’inchiesta parlamentare presieduta dal conservatore John Whittingdale sui metodi di News of the World. Ci è sfuggita la manifestazione di dubbi, incertezze, rossori, quando Cameron ha assunto Coulson come responsabile della comunicazione del suo governo. Ma forse la notizia dei processi, delle condanne, degli indennizzi è sfuggita agli attenti studiosi del futuro della carta stampata: doveva essere un malfunzionamento nei loro iPad.