Il farmaco
Per una volta il risvolto va preso in parola: «uno dei più disturbanti romanzi di questi anni». Anche perché «disturbante» non è annoverato fra gli epiteti promozionali dell’editoria glam di oggi. E quale occasione più glam dell’esordio narrativo di una giovane donna, ispida critica letteraria per di più, che addirittura affronta il più abusato dei temi – l’amore?
Ecco: se già vi state facendo un’idea, di che tipo di romanzo possa essere Il farmaco di Gilda Policastro, mettetela subito da parte. Perché di glamour, qui, non ce n’è punto. Perché quest’amore è simile, piuttosto, al «brutto poter» evocato dal Leopardi estremo di A se stesso (evidente matrice ideologica del testo). È un veleno insomma, come appunto ogni farmaco nell’etimo: «dove la medicina e il male sono la stessa cosa». Ed è in una Casa della Vita, transito fra ciò che è vita e ciò che non lo è, che s’inscena Il farmaco. In un Ospedale senza luogo e senza tempo si muovono a tentoni, ciechi come dannati agli Inferi, medici ausiliari e pazienti. Senza volto, dalle inflessioni atone e irriconoscibili (fra loro mescolate in una ridda battente di rumori o voci, come davvero nell’aere perso dantesco), scatenano una fiera delle morbosità, un teatro dell’oscenità che non risparmia nulla e nessuno. Il primario, autoritario e sadico («non so se hai fatto il medico perché sei cattivo, o sei cattivo perché fai il medico»), si fa chiamare Bardamu come nel Viaggio al termine della notte di Céline: e pare in effetti concepito dal Dottor Semmelweiss quest’universo claustrofobico in cui ogni corpo è «pezzi che non funzionano», sentina di umori irrespirabili, amorfa costellazione di macchie ripugnanti («tutto è veicolo d’infezione»). Pochi testi al pari di questo mettono voglia, a chi legga, di correre a lavarsi le mani. Parrebbe di trovarsi in The Kingdom, il tormentoso serial di Lars Von Trier, ma deprivato d’ogni farsa metafisica: l’inferno è tale proprio perché spietatamente fisico – cioè psichico (l’esergo è da Groddeck).
Ma non è solo un testo «disturbante». Se Il farmaco ha questa straordinaria capacità di infettare l’immaginario di chi legge, è in quanto testo disturbato. Col coraggio e l’ostinazione che ha per insegna, Gilda Policastro s’è foggiata – s’è dovuta foggiare – una lingua del disturbo: fatta non solo dell’amato discorso indiretto libero, ma anche di un’orgia di interruzioni e ripetizioni che fanno sbocciare il monologo delirante in un’efflorescenza di muffe paraipotattiche. Come in Laura Pugno – narratrice diversissima ma come lei venuta dalla poesia (e si veda a p. 214 come, all’apice della tensione emotiva, irresistibile irrompa il prosimetro) – le domande che singhiozzano il dettato sono per lo più senza punto interrogativo: emergenza tragica, cioè senza soluzione («e che c’è da guardare. E adesso.»), che lascia ammirati quanto sconvolti.
Naturalmente, fra i molti possibili farmaci, uno ce ne sarebbe in grado di dare invece una soluzione, tragica in quanto inappellabile, alla malattia di tutti noi. Ma la coazione a ripetere su cui si conclude Il farmaco – il suo «sì», paradossale, a quest’inferno – conferma l’opinione di un maestro segreto di questo libro, Italo Svevo: se la vita è «la malattia della materia», alla malattia non potremo mai rinunciare. Perché malgrado tutto è quella, appunto, che ci tiene in vita.
Apparso su Tuttolibri de La Stampa, 25 settembre 2010
Siccome non ho letto il libro, il mio commento è un complimento sincero all’autore della recensione. I richiami, le citazioni, i collegamenti ed i rimandi alla letteratura senza rinunciare ad un taglio personale e ad un giodizio soggettivo oltre critico: se non ha letto il libro, è stato bravo a nasconderlo bene…
Ecco, magari sono OT, ma viste le lunghe discussioni degli ultimi mesi m’è venuto spontaneo chiedermi: quando si tornerà a leggere qualcosa del genere (magari più lungo, più approfondito) sulle riesumate terze pagine dei giornali?
Luigi B.
[…] Continua Articolo Originale: Il farmaco – Nazione Indiana […]
A volte, in rete, cè di più e di meglio. E mi riferisco alle Terze Pagine dei giornali, non al testo di Cortellesse che, concordo con chi mi ha preceduto,mette voglia di leggere il romanzo della Policastro. Anche per vedere come se la cava una “critica” con la forma di scrittura romanzata. Dopo aver letto, magari poi dirò.
CortellessA scuserà il refuso sul suo cognome. Eppure il maestro lo diceva sempre , alle elementari, “gli errori scappano dalla penna che è una bellezza. Controllate sempre, prima di licenziare un testo!”. Ma allora non c’erano tastiere…Però aveva ragione!
FUFFA
:-)))))))))))))))))))))))))
Sia chiaro, se per me la recensione di Cortellessa e’ solo FUFFA, non ho bisogno alcuno di sfogliare il romanzo della Policastro per sapere che e’ un mediocre esercizio di scrittura.
Bye bye.
Bella recensione.Certo che… un’efflorescenza di muffe paraipotattiche…!
Non ho letto il libro,quindi non saprei che dire,anche perchè a leggere quest’altra recensione parrebbe tutt’altra cosa.
http://giovannicoccoaliasjohnny99.wordpress.com/
Mi chiedo come sia possibile una tale difformità di opinioni,da un’estremo all’altro..
questa è la recensione giusta per questo libro letto alla feltrinelli con taccuino senza comprarlo, nel mio caso: http://giovannicoccoaliasjohnny99.wordpress.com/ non è granché ma rende l’idea.
La recensione di Cortellessa è bella in sè. Perché Andrea Cortellessa sa scrivere e pensare, la Policastro no, lei è una sbiadita copia di Cortellessa e di Ottonieri, gruppetto letterario intorno ad Aldo Nove per intenderci. Una studentessa con i suoi miti e i suoi linguaggi (uguali a una managerina di banca che parla solo di azioni, in gergo tecnico), non ha nulla della scrittrice, troppo studentessa appunto.
Mi stupisco della marchetta in amicizia, questo coprirsi le spalle in una sorta di gruppo granitico che si copre anche quando sbaglia. Sa un po’ di berlusconismo o è semplicemente molto italiano. Andrea Cortellessa poteva non dirne male, ma non scriverne niente era meglio, più giusto e più elegante.
Sandra
mah, a me non pare una “marchetta in amicizia” per come è scritta e per quello che dice questa bella recensione. Bella, ma appunto, che non mi spinge affatto a leggere il libro: abbiamo abbastanza inferni cui badare intorno a noi per leggere di un altro così disumano. So che è una valutazione impopolare, ma pazienza.
farmaco disturbante e disturbato… un emetico?
cortellessa, piaccia o meno, è un critico di valore, valore riconosciuto anche da chi parte da un’impostazione e da premesse teoriche diverse dalle sue
se scrive di letteratura o presenta un libro, lo si legge comunque – soprattutto considerando il terrificante parterre delle alternative in circolazione – e magari si è spinti anche a leggere l’opera di cui parla sapendo che, in ogni caso, non ci si ritroverà per le mani la solita bufala decotta e muffa
bene, tutto questo vale fino al momento in cui non recensisce il romanzo d’esordio della policastro, perché allora apriti cielo: marchetta, fuffa e via scacazzando ad ano libero
e se, per una volta sola, si leggesse il libro e poi, d’accordo o in disaccordo con la nota, si venisse, qui o altrove, a discuterne?
una volta sola, cosa costa?
potrebbe essere l’inizio di una salutare inversione di tendenza, rispetto al profluvio di puttanate a raffica sparate dalle rive del tamigi o del seveso
In N.I. si lesse mai quella parola? Desueta, quasi proscritta, avrà scontato il suo esilio? Devo osare? Mi riferisco all’ispirazione, perché tutto sta lì, temo, dentro ciò che non si fabbrica e solo può cadere dall’alto come i proiettili del gabbiano. La recensione di Cortellessa è felicemente “ispirata”, forse grazie all’energia che viene dalla necessità anche fisica di esercitare il proprio compito naturale, il proprio carisma. Chi non riesce ad esprimere la funzione per la quale è dotato si ammala e muore. Virtuoso come al solito Cortellessa, un bel leggere, ringraziamo. “Il farmaco” potrebbe anche essere occasione e accessorio trascurabile.
il Seveso ha rive o coperte o undivaghe, non si sa mai dove esse siano, esso esonda ad ogni spirar di brezza, a maggior allegrezza dei circostanti. E poi, caro Alan, nel terrificante parterre che tu dici, perché scegliere proprio questo farmaco, così poco promettente?
Sul libro non dico nulla perché non l’ho letto. Sul fatto che la recensione possa essere di parte o meno, come dicevo: se non ha letto il libro lo nasconde bene – che vuol dire: se la recensione del libro è migliore del libro stesso Cortellessa sa fare il suo mestiere. Ma questo è un altro discorso. A me è piaciuta l’impostazione, viste le ultime recensioni da quarta di copertina…
Luigi B.
Aquile o paduli?
Alan Fard: e se, per una volta sola, si leggesse il libro
:-)))))))) mi permetta di sorridere. A sentir voi (con VOI intendo molti della rete che dicono sempre questa frase) bisognerebbe leggersi tutti i libri (e non è che siano pochi) in circolazione :-). Rischieremmo di non aver più tempo per far altro che leggere i libri segnalati … magari ci pagassero … chissà, forse. Questo invito quasi ricattatorio a leggersi SEMPRE il libro di turno sta diventando veramente un po’ fastidioso.
I libri si leggono (o non si leggono) per motivi imperscrutabili, i libri sono loro a chiamarti … e la bulimia non è mai stata buona consigliera.
Io ormai NON leggo più i libri appena usciti (salvo eccezioni di cui mi sono subito pentita), li lascio li (o costì) ad invecchiare poi … poi si vedrà. Raramente leggo libri per via di recensioni (buone o cattive che siano) sempre più spesso li leggo solo per via del passa parola … passa parola tra pochi fidati, anche in rete … è l’unica maniera per salvarsi dal conformismo dilagante che poi usa sempre le stesse iperboliche frasi e paragoni … ma cortellessa, lei che è letterato intelligente, ma …. le sembra che fosse il caso di tirar in ballo Leopardi? O my god!!!!!!!!
Fatte le debite differenze (glielo concedo) ieri sera sono incappata in una trasmissione mefitica (credo porta a porta, ma non ne sono sicura, perchè ieri tutti parlavano dello stesso argomento: sarah e lo zio) e una tizia, che penso facesse finta di essere una sociologa o altro, ha detto, parlando della piccola Sarah: Mi è ventuto in mente un libro che nessuno oggi legge più [mio attimo di attesa immobile, prima di usare come un’arma il telecomando, per sapere quale fosse il libro riferentesi al delitto più mediatico del secolo, delitto che ha messo in ombra persino sakineh] … All’ombra delle fanciulle in fiore ….
All’ombra delle fanciulle in fiore?????!!!!!???? ma era il caso di tirar fuori proust?…. fatte le debite differenze … cortellessa ripeto: ma era il caso di tirar fuori Leopardi per la policastro (con tutto il rispetto) ????!!!!!???? ma perchè talvolta non restiamo alle giuste altezze? … perchè se non le spari grosse la gente si annoia e si distrae :-(((((.
@ sparz
sinceramente, non avevo letto nessuna puttanata nel tuo commento
@ gergia
Questo invito quasi ricattatorio a leggersi SEMPRE il libro di turno sta diventando veramente un po’ fastidioso.
fastidioso è la parola giusta: esattamente come chi commenta a prescindere, senza aver capito una cippa di ciò che è stato scritto (invito ricattatorio!!!)
per essere chiari: a me può anche non fregare niente di cortellessa e della policastro, possono anche starmi sulle balle entrambi, ma non troverei mai in ciò una sola ragione che giustifichi un intervento in cui do della mentecatta all’una, senza averla letta, e del marchettaro all’altro solo perché ne ha scritto
chiaro?
georgia, scusami ma nella fretta mi è scappata una vocale
Siccome non ho letto il libro e quindi non so cosa dirne, parlo di chi a scritto la recensione ipotizzando intrallazzi da giornale scandalistico? Un atto sterile.
Alan Fard: per essere chiari: a me può anche non fregare niente di cortellessa e della policastro, possono anche starmi sulle balle entrambi, ma non troverei mai in ciò una sola ragione che giustifichi un intervento in cui do della mentecatta all’una, senza averla letta, e del marchettaro all’altro solo perché ne ha scritto
Posso essere d’accordo con lei, ma perchè invitare necessariamente a doversi leggere un libro? :-))))) Penso che quello che lei sostiene valga indipendentemente dal libro. Uno non è mentecatto solo perchè scrive un libro mal riuscito e può esserlo anche avendo scritto un libro meraviglioso. Le recensioni NON sono marchette, sono solo recensioni, oggi per lo più inutili (IMO), soprattutto se sono eccessivamente iperboliche, ma questo è un altro discorso già ampiamente discusso ai tempi della polemica sul capolavorismo dilagante.
– so sempre tutto io (g.p.)
-per carità, vuol farmi concorrenza? (g.)
GEorgia, non è difficile: si sta semplicemente dicendo che prima di esprimersi in un giudizio c’è bisogno che si conosca ciò di cui si sta parlando (e giudicando). Quindi l’invito di Alan è piuttosto appropriato, visto che qualcuno ha commentato con un giudizio sia il libro che la recensione senza avere gli strumenti per poterlo fare (perché non ha letto il libro).
Detto questo, che c’è di male nel recuperare Leopardi o Proust? Bisogna essere degni per questo? e chi lo è secondo lei? A forza di aspettare il degno libro o scrittore per menzionare leopardi, il leopardi ce lo stiamo dimenticando. Ribadisco che la mia era solo una opinione sull’approccio di cortellessa nel recensirre un libro. Punto.
Luigi B.
recuperare leopadi e proust sarebbe operazione altamente meritevole ;-), ma insomma … siamo seri.
Non trovo corretto usare con leggerezza parole pesanti offensive nei confronti di un critico che fino a prova del contrario gli deve essere riconosciuta onestà intellettuale
Dare de marchettaro a un critico è come dare del corrotto a un politico.
Mentire in blog come questo per spingere alla lettura di un libro mi sembra controproducente. Puoi fregare una volta il lettore ma dopo sei fottuto.
Ma io vorrei dire un’altra cosa.
La rete consente un rapporto più profondo e proficuo tra autore-critico-lettore.
Ma bisognerebbe sfruttarne tutte le sue potenzialità
Le recensioni vanno bene per i quotidiani o le riviste.
Mettiamo che la redazione di NI individui 8 autori (a prescindere dalla loro nazionalità) di elevata qualità.
Bene.
Perche’ NI non programma degli incontri durante l’arco dell’anno, incontri che prevedono:
presentazione dell’autore
recensione della sua opera
indicazioni bibliografiche per approfondimenti
apertura di un dibattito con la presenza dell’autore che risponde alle domande
L’autore potrebbe rsipondere anche stando in Messico o in Norvegia o in Germania.
Questo sarebbe un uso alternativo della rete che consente ai lettori di qualità di potersi avvicinare ad un autore in modo serio e approfondito.
Invece queste recensioni, lasciano il tempo che trovano nel 90% dei casi, non servono di certo alla diffusione dell’opera dell’autore.
Ancor di piu’ il discorso vale per i poeti.
Bisogna capire che
o ci si rivolge ai consumatori, e allora questa non è la sede adatta, piu’ adatte sono “le marchette e i passaggi in tv”
o ci si rivolge ai lettori, cioè persone esigenti preparate che non comprano un libro se non ne son oconvinti.
Dico questo perche’ mi ha colpito il discorso che faceva Domenico Pinto, su Walter Kempowski – “Tadelloser e Wolff”
che pur essendo un libro di qualità ha venduto solo 82 copie di cui i lettori saranno massimo una trentina
luigi B: Detto questo, che c’è di male nel recuperare Leopardi o Proust?
Luigi mi scusi se le pongo una domanda: Ma lei ha letto All’ombra delle fanciulle in fiore? (in questo caso la domanda se uno abbia letto o meno è del tutto pertinente ;-) perchè, scusi ma cosa c’azzecca la povera ragazzina di Avetrana con Gilberte, Odette e Albertine? Se me lo spiega le sarò grata …
@Carmelo. Il tuo discorso mi interessa molto e sarebbe da approfondire. Ti fo presente però alcune cose, per me importanti e non di semplice soluzione, e invece quelle che ritengo forse le possibili alternative.
Pubblicare le recensioni in rete dà, a mio avviso, la possibilità di riaprire discorsi sui libri, nel bene e nel male – con sostenitori e detrattori dell’opera, basta che appunto del libro si parli. Forse rischio di apparire fredda e impersonale a dire questo, invece ci tengo a ribadirlo perchè è qualcosa in cui credo: tornare a concentrarsi sulle scritture, sull’oggetto-libro, in questo paese qui, interessarsi all’entità autoriale e non all’entità fisica dietro l’opera diventa un gesto etico e necessario, qualsiasi sia poi il parere sul testo.
Sulla proposta che fai alla redazione, pur concordando ti dico che bisogna tener presente la relativa indipendenza di un redattore dall’altro (nonchè distanza geografica, spesso), gli impegni e tutte quelle cose che rallentano certi ragionamenti. Ma senz’altro proponi qualcosa di giusto.
E’ ovvio che una delle due recensioni qui indicate è fasulla o in mala fede.Quale non saprei,ma non sono possibili due giudizi così contrastanti di gente che si occupa professionalmente di critica letteraria.
Ci psson esser certo dei distinguo,dei se,dei ma….ma non può esserci una tale difformità quasi stessero parlando di due libri diversi…
Vengo tirato per la giacchetta e quindi mi tocca intervenire, nonostante una vecchia promessa di NON intervenire più su questo sito che non amo.
Un solo interevento e sparisco. Qualche precisazione.
1) Il libro di Veronica Tomassini “Sangue di cane” (Laurana, 2010), da me recensito all’interno del BLOG – BORN TO WRITE -, è tra i migliori libri (per me in assoluto il N°1) di narrativa italiana del 2010. Non lo dico io. Lo dicono le decine di recensioni entusiastiche apparse, solo per fare qualche esempio, su “Il Sole 24 Ore”, “Il Giornale”, “Panorama”, “Rolling Stone”, “Glamour”, “La Sicilia”. Lo dicono critici diversissimi tra loro come Pacchiano e Serino. Lo affermano persone altamente qualificate come Giulio Mozzi e Federico Platania. Un libro amato da Marco Travaglio, Giuseppe Caliceti, Emanuele Tonon, Demetrio Paolin, Franz Krauspenhaar e Stefano Massaron. Ne ha parlato Loredana Lipperini a Fahrenheit. Ha messo d’accordo, per una volta, persino personaggi agli antipodi come Giuseppe Iannozzi e Giulio Mozzi (una specie di miracolo!). Ovunque è stato un trionfo.
Io l’ho definito “Il FUTURO della narrativa italiana”, paragonandolo, per intensità e forza, agli esordi di Vasta, Desiati e Tonon.
Ne parlo qui e volentieri metto un link: http://giovannicoccoaliasjohnny99.wordpress.com/2010/09/21/sangue-di-cane-di-veronica-tomassini-laurana-2010-232-pagine-e-1600/
2) Non faccio il critico di professione come, ad esempio, una persona altamente qualificata come Cortellessa.
3) La mia recensione a Policastro (una persona che sino a poco tempo fa stimavo parecchio) mi ha procurato parecchi problemi.
4) Il mio giudizio su “Il farmaco” di GP riguarda il testo. Sfioro soltanto il discorso relativo a GP in quanto “personaggio”.
5) PRIMA della mia recensione, Gian Paolo Serino dalle colonne de “Il Giornale” aveva espresso parecchie perplessità su “Il farmaco” di GP.
6) Dopo le prime, iniziali, recensioni negative relative a “Il farmaco” sul Web sono apparse INTERVISTE (non più recensioni, badate bene) all’autrice in cui la stessa parlava di cose assolutamente estranee al testo (es. il tema assai gettonato del cosiddetto “precariato”).
7) L’unica recensione positiva (davvero un bel pezzo, scritto bene) a “Il farmaco” a oggi uscito su quotidiani e periodici mi risulta essere quello di Cortellessa. ESATTAMENTE quello che voi avete qui riportato. Per il resto: BUIO. Silenzio. Ignorato da tutti. Un contrappasso formidabile. Peggiore delle stroncature.
8) Il mio parere è senza dubbio quello di un dilettante, di un lettore, di un non addetto ai lavori. Cortellessa, al contrario, è un critico stimato e conosciuto.
9) La scelta di Cortellessa di scrivere del libro di Policastro è del tutto libera e personale, immagino; esattamente come la mia. Non mi esprimo sull’opportunità di tale scelta. E’ una questione di buon senso o, se preferite, di stile.
10) La ricerca della polemica a tutti i costi fa parte del personaggio GPolicastro. Basta osservare il numero di repliche relative ad ogni suo intervento sul WEB (ne parlo diffusamente all’interno della rece).
11) La “sostituzione di persona” è un reato perseguibile penalmente. Anche quando essa viene perpetrata mediante la creazione e l’utilizzo di nickname fasulli.
12) Alimentare questo articolo con nuovi POST (magari sotto forma di interventi formulati da nick creati ad arte) significa tentare di riportare l’attenzione su un oggetto-libro che fino ad ora è stato praticamente ignorato dai più. Io sono stato costretto a farlo perchè questo tipo di teatrino (basato sulla formuletta “parlarne anche male, purchè se ne parli” più “delegittimare l’avversario, ridicolizzandolo”) ormai mi è noto.
13) Tengo fede alla mia promessa e sparisco nuovamente da questo sito.
Non replicherò ad alcun intervento di Cortellessa e Policastro. Non fatelo nemmeno voi: il giochetto ormai è noto.
@johnny doe
Perché invece di impartire lezioni di paralogica non leggi il libro? Perché invece di scorrazzare sul web a caccia di incongruenze e trastullarti con le classiche tattiche da troll non usi un po’ del tuo tempo per leggere e pensare?
@Cocco
Sticazzi!
PS: per me la Policastro rimane una grande umorista. Me ne intendo, non può essere diversamente, dato che scrive roba di questo tipo: “…è uno dei momenti più icastici della palinodia del primigenio mito borgataro “.
@Giovanni Cocco, penso che la tua opinione sia legittima come quella di chiunque altro. Non so davvero da chi ti senti tirato per la giacchetta.
Sulla Tomassini, che citi, come vedi se ne è parlato anche qui, qualche giorno fa. Scusa, ma davvero, da postante dell’articolo, non riesco a capire che problemi tu abbia avuto in questo thread. E’ una recensione – mi sembra più che legittimo metterla e discuterne – invece siamo sempre davanti (non sto parlando di te nello specifico e spero di non essere fraintesa), alle polemiche e reazioni ad personam.
Ecco per esempio i commenti alla Larry Masino potremmo anche rispiarmiarceli no?
In quanto a Johnny Doe etc. – se ci sono pareri discordanti, anche fortemente discordanti, deve per forza esserci la malafede?
A me è capitato spesso di avere di un libro opinioni totalmente differenti da quelle di altri, perfino di amici. Non mi sento per questo in malafede nè ho voglia di accusare l’altro di non capirci un tubo.
@francesca matteoni
sono cosapevole degli astacoli e delle difficoltà che bisognerebbe affrontare e risolvere, ma per l’appunto le idee innovative, che incidono e cambiano la realtà necessitano di coraggio, rigore, serietà, impegno e di utopia.
La cosa peggiore che si possa fare in rete è quella di replicare quello che si fa sulla carta.
Di recensioni se ne leggono a decine e un lettore serio non si fa incantare da una recensione. Vuole sapere di piu’, prima di convincersi a scegliere un libro tra mille. Già perchè la proliferazione degli scrittori è il morbo del XXI secolo, ognuno di noi sa che potrà leggerne una parte infinitesima e prima di spendere ci pensa.
Questo mezzo offre molte possibilità.
Le scelte possono restare individuali. Ogni componente della redazione puo’ scegliere l’autore che ritiene meritevole, lo presenta, da tutte le indicazioni bibliografiche i link, presenta l’opera dopodichè si stabilisce un giorno nel quale i lettori potranno fare delle domande. L’autore puo’ starsene comodamente seduto in spiaggia ad acapulco. Alla fine raccoglie le domande e risponde. Volendo anche se è straniero, attraverso la traduzione dei redattore: niente di piu’ facile. come avviene nei festival.
Questo vuol dire creare una comunita di lettori, come diceva domenico pinto.
Ci vuole tempo, immaginazione, passione, e anche pazienza. Ma così si stabilisce un rapporto autore-critico-lettore fruttuoso, una comunità che puo’ fare a meno del mercato della pubblicità e dei tromboni consacrati.
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@giovanni cocco
i libri non sono titoli azionari
il fatto che di un libro tutti ne parlano bene non vuol dire un bel niente. Parimenti il fatto che di un libro tutti ne parlano male o peggio non ne parlano non vuol dire che sia un cattivo libro.
Il fatto che tu per ben due volte citi Serino mi lascia molto diffidente.
Ho avuto modo di appurare che Serino è uno scribacchino incompetente, che quando scrive le sue pessime e piatte recensioni sul giornale, non manca mai con affermazioni indegne, di ossequiare servilmente il suo padrone.
Ho avuto la disgrazia di leggere le sue patetiche recension isu Bolano, dalle quali si evince che non ha letto Bolano.
E siccome prima di fare un affermazione così grave ci rifletto bene, sentite questa:
sul sito satisfiction
http://satisfiction.menstyle.it/227/satisfiction-197-william-burns-un-racconto-inedito-di-roberto-bolao
viene spacciato per inedito un racconto di bolano pubblicato sul
the new yorker
http://www.newyorker.com/fiction/features/2010/02/08/100208fi_fiction_bolano?currentPage=all
e tradotto da uno della cricca di satisfiction
peccato pero’ che il racconto in questione “William Burns”,
faccia parte della raccolta
“Chiamate telefoniche” pubblicata in spagna nel 1997 ed in Italia nel 2000, da Sellerio, traduzione di Maria Nicola (pag 135).
ERGO: Serino non legge i libri di cui parla anzi straparla.
nonostante io abbia timidamente fatto notare l’abbaglio
la pagina è ancora li
http://satisfiction.menstyle.it/227/satisfiction-197-william-burns-un-racconto-inedito-di-roberto-bolao
williams burns un racconto inedito.
con un commento del Serino che recita:
Un ringraziamento a PAOLO LUZI che ha curato e tradotto questo straordinario racconto.
provare per credere
@carmelo. prendo molto seriamente quello che dici. non solo riguardo al web, ma anche sul territorio/territori – sto pensando, visto come vanno certe questioni legate a librerie, inviti ad autori, rimborsi mancati e festival che crollano, se non sia il caso di responsabilizzare i lettori (a Pistoia stiamo partendo con un piccolo gruppo di lettura) anche per invitare gli autori garantendo loro ospitalità e rimborso casalingo. Fuori da istituzioni e librerie, appunto. Spesso queste idee si realizzano a metà, ancora più spesso restano solo sogni utopici. Ma non è detto…
Non sono invece, ma vorrei esserlo, d’accordo con te sul rapporto carta/web. A volte il web deve anche replicare ciò che avviene su carta. Specialmente perchè, ma posso sbagliarmi, gli inserti culturali dei quotidiani non vengono letti tanto quanto potenzialmente può esserlo il web.
Nemmeno da chi i libri dovrebbe venderli e consigliarli per primo, cioè i librai.
Esempio pratico di malafede: la persona che si firma “Trivistor” è Gilda Policastro. La stessa che raccontò mesi fa in rete di avere ricevuto telefonate anonime (mai dimostrate). Poi davvero basta: da qui in avanti rispondono i miei legali. E invito Gilda Policastro a querelarmi per dimostrare il contrario. Ricordo che siamo su un server italiano e che gli indirizzi IP sono facilmente rintracciabili e dalla polizia postale e da un bravo hacker dilettante.
@francesca matteoni
replicare si ma tenendo conto delle potenzialità del mezzo e dei diversi rapporti che (inevitabilmente) il mezzo stabilisce tra l’autore. il critico e il lettore.
Il lettore vuole essere parte attiva nel processo di valorizzazione di un libro. E questo mezzo lo consente, consente cioè che vi sia una risposta immediata da parte di chi legge alle sollecitazioni di ch iscrive.
Trovo da incompetenti pubblicare un pezzo e poi defilarsi.
Ricordo con piacere un articolo di Alfano qui, sulla poesia; i lettori hanno letto e poi fatto le domande. Con molta intelligenzxa e rispetto Alfano ha ascoltato (la cosa piu’ difficile da imparare in rete) e poi ha risposto rendendo la discussione utile.
Io penso che all’estero siano piu’ avanti. Mi è capitato di scrivere a Mario Bellatin (scrittore messicano che consigli odi leggere) e lui mi ha risposto, non solo mi ha risposto ma ha anche preso in considerazione una mia folle proposta.
Voglio dire insomma che se i poeti e gli scrittori e i critici non vogliono limitarsi a leggersi tra di loro, nella rete possono trovare un ostrumento di vera comunicazione, stabilire cioè un canale diverso dai tradizionali canali di mercato.
io consiglio agl iscrittori di andare a fare un giro su anobii, per capire come sia ricca, attenta, curiosa e aperta la comunità dei lettori.
la discussione che si riduce a “d’ora in poi rispondono i miei legali” mi sembra un incubo, come essere inquadrati da una telecamera mentre si fa la popò.
@carmelo, ci sono e ti rispondo, come vedi. la pensiamo nel solito modo sui lettori. tu della cosa che proponevo, cosa ne pensi? uscendo dal web, ho questa fissa con il territorio.
@giovanni cocco (ti ho risposto anche in quello che credo sia il tuo blog, spero serva a dimostrare la mia apertura e disponibilità per ogni confronto che non scada in caciara). a me non risulta che Trivistor sia Gilda Policastro. Ho controllato l’IP. Ma soprattutto non mi sembra che Trivistor, chiunque sia, abbia offeso te.
La questione dei legali mi lascia perplessa, davvero. Sul web esistono i nick, anche “francesca matteoni”, per quanto ne sapete potrebbe essere un nick. E ora mi capirete, ma stacco dai commenti che sono già andati oltre quello che si poteva prevedere e vado, per l’appunto, a leggere.
@francesca matteoni
io penso che la rete non dovrebbe essere un rifugio ma anzi uno stimolo a partecipare di più nella vita reale, cioè a buttare via la TV e uscire di casa.
l’ideale sarebbe la creazione di una comunità sulla rete (che consente di superare le distanze gveografiche, di censo e di età) e renderla attiva sul territorio. Esempio. Mettiamo che NI riesca a creare una comunità sparsa per l’Italia. Nulla impedisce che si programmi un “Tour” con diverse tappe nella penisola per presantare un libro di un autore che altrimenti resterebbe sconosciuto. NON SOLO ITALIANO. Ci sono tanti scrittori bravissimi e sconosciuti (torno all’esempio dello scrittore tedesco di cui parlava Pinto Domenico) che altrimenti non avrebbero spazio.
Se uno scrittore conquista un lettore forte sono sicuro che il potente veicolo di diffusione oggi è proprio il lettore forte (parlo dei libri di qualità non dei best seller). Perchè un lettore “forte” e preparato viene ascoltato più di mille recensioni.
l’alternativa al mercato è per l’appunto un rapporto di fiducia e di confronto autorecritico lettore.
C’e’ una condizione inderogabile secondo me perchè tutto questo possa funzionare: La competenza.
A me sembra un libro che vada la pena leggere
Confermo quanto detto prima. E ti ricordo che se cambio pc e per esempio ti scrivo con l’altro portatile, il mio IP ovviamente cambia. Idem per il pc di casa o quello dell’ ufficio. La verifica che devi fare te la mando privatamente e riguarda, dettagliatamente, questa e passate discussioni.
volevo dire un’ultima cosa sempre riguardo ad un uso intelligente del mezzo- Mettiamo che cortellessa dopo aver scritto questa recensione, e dato modo ai lttori di informarsi e documentarsi, anunnci che per lunedi (in un’ora che la redazione potra scegliere sapendo quali son ole punte di massimo contatto) ci sarà un’intervista all’autrice che i lettori potranno vedere in video ( cosa tecnicamente ed economicamente credo relativamente facile) e non solo: i lettori potranno “postare” delle domande e l’autrice rispondere magari non individualmente ma sui temi piu’ interessanti.
di sicuro sarebbe un bell’esperimento. o no?
@trivistor o gilda
Non ho detto che necessariamente è in malafade (cos’è,hai la coda di paglia?),può essere anche fasulla,nel senso di errata valutazione ovviamenta,altra cosa,e non mi riferivo ad una in particolare,ma ad entrambe.Non è che,a questo livello di difformitaà,c’è molto da scegliere:o è azzeccata una o l’altra.
Non c’è bisogno di scorrazzare sul web per trovar recensioni,oppure ti da solo fastidio quelle che non ti piacciono?
Infine,non ho preso posizione (a differenza tua…..la coda di paglia si allunga… )non avendo letto il libro,come altri che qui commentano,ho solo evidenziato due recensioni molto difformi.
In quanto al pensare,a te Gilda-tripadvisor, i neuroni son sempre in ritardo sulla lingua..
@matteoni
Vale anche per lei,circa la malafede, quanto di cui sopra,eccetto l’ultima riga ovviamente.
Certo si può esser di parere differente o dire che un libro non piace,ma non a questi livelli,per uno è una bufala,per l’altro è un capolavoro.
Inoltre,se permette,non si può non notare che una delle due recensioni è molto circostanziata,l’altra è un semplice cioccolattino ben confezionato.
a me personalmente la scrittura della policastro non fa certo impazzire, anzi la trovo … abbarbicata come un sacco di patate ;-) però dobbiamo ammettere che nei post che la riguardano, fra i commentatori si crea subito un certo subbuglio … oh cocco ma non avevi saggiamente scritto:”Non replicherò ad alcun intervento di Cortellessa e Policastro. Non fatelo nemmeno voi: il giochetto ormai è noto.”
Giochetto noto produce terremoto per chi fa poco moto!
@matteoni
Già che ci siamo,signora mia…
“…nè ho voglia di accusare l’altro di non capirci un tubo”
Guardi che per capire uno straccio di ipotassi e paratassi mixate a qualche goccia si Ruffianol non c’è bisogno di Deleuze o Wittgenstein,basta qualche rimasuglio di liceo,cosa che a quanto sembra a lei,esperta in tubi, pare un fatto straordinario.
No, scusate, cerchiamo di essere seri. Di quanto sia bravo Cortellessa a scrivere recensione mi interessa assai poco. E non e’ assolutamente necessario leggere un libro per sapere che non ne vale la pena. Basta titolo, quarta di copertina ed un estratto in rete. E quel quid imponderabile. O pensate che qui siamo di primo pelo?
:-))))))
@Francesca Matteoni
Mi chiedo come mai venga tollerato un simile livello di off topic e di aggressività senza movente apparente nei commenti di “Nazione Indiana”. L’esplosione di risentimento e autentico odio che l’articolo di Cortellessa ha suscitato in alcuni utenti è un fenomeno in sé interessante, ma non credo sia necessario lasciare che la discussione degeneri in una deriva paranoica e persecutoria.
Se Trivistor è Gilda Policastro (ma non credo, sarebbe umorismo troppo raffinato intervenire con uno pseudonimo a sua difesa) non ci fa una bella figura a chiedere a NI di togliere i commenti sgraditi. Chiunque sia non ci fa una bella figura lo stesso.
La grande abilità di Andrea Cortellessa è presto detta: citare, nello spazio di qualche migliaio di battute di una recensione, tutta la grande letteratura italiana a sostegno di un libro. Un modo, come dice bene Georgia mi pare, di spararle grosse perché ormai solo così si tien desta l’attenzione non del lettore, bensì dell’acquirente di libri. Io analizzerei per benino questa recensione, e rifletterei molto più sul fatto che molti si siano dichiarati entusiasti e l’abbiano apprezzata, che sul libro della Policastro, con il quale io non so se faccia il paio (ma potrei pensarlo, perché una certa complicità, in casi del genere, è presupposto indispensabile). Cortellessa è critico bravo e intelligente, ma non dimentichiamo che non sempre siamo la stessa persona dappertutto – possiamo anche diventare FURBI e STUPIDI, perché siamo sempre anche quello che non siamo, no? Concludendo, direi allora che una recensione del genere è smaccatamente pubblicitaria proprio per l’enfasi e gli iperbolici riferimenti a una tradizione – Dante, Leopardi, Céline, Leopardi, Svevo… – che è molto difficile credere riesumata tutta in una volta e in un colpo solo. Se così fosse, si dovrebbe subito assegnare il Nobel alla Policastro, senza aspettarne prove ulteriori. Ma così non è. E la certezza deriva proprio dal tono della recensione di Cortellessa, che qui NON è il critico bravo e intelligente che conosciamo, ma soltanto il suo doppio che si occupa di marketing (non ho detto di marchette, eh).
Al di là dei giudizi di valore (antitetici), una differenza oggettiva tra le recensioni di Cortellessa e di Cocco è che la seconda cita abbondantemente la Policastro.
Posso leggere solo ora questa metadiscussione che al solito ignora deliberatamente i contenuti specifici tanto dell’oggetto quanto della critica su di esso. Eccezion fatta per casi sparuti, come ad es. @georgia, che allude alla critica semplicemente per smentirne pregiudizialmente l’assunto di partenza (il libro è in debito con Leopardi: no, non lo è), peraltro avendo dichiarato in via preliminare di non conoscere l’oggetto (- io, io, io…) e dunque con piena contraddizione in termini.
Al signor Nessuno Nessunelli che continua ad autopromuovere il proprio livoroso pezzullo da stalker messo al bando nel social network dalla sottoscritta, e che ha l’ardire di paragonarsi a recensori di ben altra caratura e fama (tant’è che pubblicano, ESSI, sui giornali, invece del proprio ininfluente bloggino personale, LUI), auguro miglior fortuna di quanta ne abbia avuta finora con le case editrici e con le donne.
Nel frattempo, siccome Matteoni che gestisce il thread può agevolmente tranquillizzarlo circa la mia presunta assunzione di false identità, di cui non ho alcun bisogno amando apparire, com’è noto, a volto scoperto in qualsivoglia contesto, perché si rilassi gli consiglio di riascoltare in podcast la recente (5 ottobre, mi pare) puntata di Fahrenheit sul Farmaco. Le preziose indicazioni di lettura di Loredana Lipperini, sempre che Nessuno Nessunelli sia in grado di recepirle, impegnato com’è nella campagna (auto)promozionale in favore del tal editore, potranno meglio orientarlo su un libro che non ha avuto sufficienti strumenti per decodificare (non ho scritto apprezzare). Fatto salvo il diritto di ciascuno di ignorarlo e di non occuparsene, ai malati di nervi mi sento ancora di consigliarlo, un (se non il) farmaco.
:-)))))))))))))))))))))))
a tutti in prima battuta. non esiste collegamento tra Trivistor e Gilda Policastro. così come non credo che una persona possa veramente passare il suo tempo a saltellare tra un pc e l’altro. Per quale motivo e a che pro? quando poi Gilda Policastro è intervenuta lei stessa per commentare.
@Johhny Doe: signorina, prego, non signora.
ora io vado via fino a lunedì. visto che la discussione mi sembra tutto, tranne che pertinente al soggetto e augurandomi che questa mia decisione sia salutare anche per i commentatori che avranno così modo di trascorrere del sano tempo all’aria aperta o a leggere, magari, chiudo i commenti. Una cosa che non ho mai fatto. Ma a tutto c’è un limite.
l’intervento dell’autrice che parla di tutto tranne che del suo libro (e che cade ingenuamente nel tranello del virus disturbatore nesuno nessunelli, dedicandogl ibuona parte del suo intervento) dimostra come questo modo di presentare i libri non funziona
@carmelo, poi davvero chiudo, il problema è l’esasperazione. della tua proposta invece sono certa ci sarà modo di riparlare.