Mostrare una piccola emozione
di Stephen Rodefer traduzione di Marilena Renda
per il granito
E’ costoso sprecare questo spirito sfrontato nel tempo e nella solitudine, quando la stagione è così breve e l’applauso schiacciante. Facciamola finita e andiamo a vedere qualcosa di perfettamente bello, come la Turandot. Ascolta il ruggito. Puoi farcela al di sotto del mormorio degli eterni mandarini vestiti delle vesti più brillanti che si possano immaginare?
Ti amo perché in origine è nato il mondo. Il mio ospite nell’interludio intollerabile dev’essere l’equilibrio che dà il via all’innegabile svelarsi dei suoi esiti. E io mi rivelerò per te come sicuramente ti sei rivelato per nient’altro che la tua stessa forza distante.
Se indovinerai il nome di questa poesia prima dell’alba mi arrenderò alla morte, benché il test fosse perfettamente superato e tu fossi furioso. Tuo padre almeno ha un regale senso di responsabilità se tu non, e sia lodato il cielo per i re quando la loro progenie è così affascinante e vivace.
Lo studio fantastico di una nuova armonia che vada al di là di qualche insipida stravaganza tedesca è una cosa su cui ho lavorato per anni, perciò permettimi per favore di non demolirlo prima che la sua matematica si possa dimostrare con evidenza di prove. ¿ Tu sabes?
Dopo la morte di qualsiasi cosa ciò che continua è la sofferenza dei sogni del futuro invece del terrore e della memoria. Assolutamente. Spettacolo significa performance. Mi aspetto di desiderare per forza la forma per sempre, ma non può durare così a lungo. Quindi non ti allarmare se cerco di raggiungerti senza conoscerti. Che importa se non procede lungo linee “corrette” quando è solo il “tempo” ad essere sbagliato e verrà corretto dopo. Wo bist du inzwischen?
Stanotte nessuno dormirà a Pechino. Ping, Pang e Pong mi offrono donne al tuo posto, pensa. Sono catturato e gettato a terra. L’amore convoca il boia. Siamo legati nel ghiaccio e roventi di fuoco, un grido agonizzante che erompe dalla nostra gola.
Sotto i vestiti indossi un abito rosso fluttuante e io sono un corteggiatore adorante. Il mio nome è amore, il mio corpo morto sarà il sole nascente, il giorno durerà per sempre. Ho sempre portato con me un bisogno di grande malinconia, come un vestito nero gardenia. E’ un’eredità di cuore e di nervi. Lo stesso maestro qui posa la penna.
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Show a Little Emotion
for the granite
It is expensive to waste such shameless spirit on time and solitude, when the season is so short and the applause is overwhelming. Let’s call it quits and go see something perfectly gorgeous, like Turandot. Listen to the roar. Can’t you make out beneath it the murmur of eternal mandarins costumed in the most brilliant raiment imaginable?
I love you because the world was originally born. My guest in the untolerable interlude must be the balance setting up the undeniable unfolding of its outcome. And I will come out for you as assuredly as you have come out for nothing as your own aloof strength.
If you can guess the name of this poem before dawn I will submit to death, even though the test was scored perfectly and you were furious. Your father at least has a regal sense of responsibility if you don’t, and thank god for kings when their progeny are so skittish and bewitching.
The fantastic study of new harmony which goes beyond some merely sodden German extravagance is something which I’ve been working on for years, so allow me if you please not to defame it before its mathematics can become proven demonstrably. ¿ Tu sabes ?
After the death of anything what goes on is the suffering of future dreams in lieu of terror and memory. Absolutely. Spectacle means performance. I expect to desire form perforce forever, but it cannot last so long. So do not be alarmed if I try to reach you without knowing. What does it matter if it doesn’t work out along “correct” lines when it is only “time” that is wrong and will stand corrected later. Wo bist du inzwischen?
Tonight nobody shall sleep in Peking. Ping, Pang and Pong offer me women in your stead, imagine that. I am seized and forced to the ground. L’amore summons the executioner. We are bound in ice and burning with fire, an agonizing cry erupting from our throat.
Underneath you wear a flowing red robe, and I am an adoring suitor. Mu name is love, my dead body will be the rising sun, the day will last forever. I have always carried with me an urge of great melancholy, like a black cloth gardenia. It is an inheritance of heart and nerves. Here the maestro himself puts down his pen.
http://www.youtube.com/watch?v=uUkTKAg7HHM
Abiti rossi in bianco e nero :)
http://www.youtube.com/watch?v=I1wEIYeDSgo
Liu sa cose che noi non sappiamo.
«Here the Maestro himself puts down his pen» traduce liberamente la frase con la quale Toscanini interruppe l’esecuzione della Turandot alla sua prima rappresentazione,alla Scala il 25 aprile 1926. Puccini era morto un anno e mezzo prima, lasciando l’opera incompiuta subito dopo l’aria d’addio di Liù, «Tu che di gel sei cinta», e Franco Alfano (pare su appunti da lui lasciati, e su incarico dello stesso Toscanini) la completò. In effetti gli ultimi minuti non sono al livello del resto. Fatto sta che Toscanini alla prima esecuzione non volle eseguirli; poggiò la bacchetta sul leggio e disse appunto: «Qui finisce l’opera perché a questo punto il Maestro è morto». Pare che in una delle sue ultime conversazioni con lui Puccini, già malato, avesse previsto esattamente tale situazione.
Comunque il mio tributo è a Dame Joan Sutherland, scomparsa lo scorso 10 ottobre a 84 anni. È lei Turandot, senza discussione, anche perché – pour cause – invisibile (incisione Decca del 1973, Zubin Mehta dirige, Luciano Pavarotti, Montserrat Caballè e Nicolai Ghiaurov a supporto):
http://www.youtube.com/watch?v=euvBzo52TO8
Corelli e Sutherland, che pacchia. Però, Andrea (ciao) Joan aveva una dizione italiana un po’ avventurosa. C’è un’edizione storica, Cetra del ’37, in cui si può ascoltare Gina Cigna. Purtroppo l’audio è quel che è, e temo anche rimasterizzato da cani – perlomeno in questo:
http://www.youtube.com/watch?v=8YpmnOLAhPc
dalla stessa edizione il nessun dorma di Merli, un po’ tromboneggiante ma secondo me più sfumato di Corelli:
http://www.youtube.com/watch?v=kNg-b13I8v4
Per i pignoli, ho controllato, l’edizione summenzionata è del ’38!
Ciao Giordano,
tutti detestavano la dizione di Sutherland, il suo colore alieno e per molti “artificiale” (come se ci fosse qualcosa di “naturale” nell’impostazione di voce di qualsiasi cantante degno di questo nome) nonché se è per questo – più a ragione – la sua presenza scenica, ma tutti questi difetti diventano virtù (secondo il ben noto argomento di Montale sulla felice incomprensibilità del melodramma italiano) in certi repertori: ovviamente il belcanto più astrale e coloratura, in cui era specializzata, e – magicamente fuorisacco appunto – la glaciale sessuofobia paranoide di Turandot.
Sai Andrea, penso che Savinio sia stato un geniale scrittore, però non mi ha mai convinto quando sosteneva (purtroppo non ricordo dove, forse in Palchetti romani) che era estremamente affascinante andare a teatro o al cinema a sentire spettacoli n una lingua straniera che non si conosce punto. Non sapevo di quel giudizio di Montale, e devo dire che non mi persuade come non mi persuade quello analogo di Savinio. Però capisco quello che vuoi dire, e giù le mani da Dame Joan, anche se a volte più glaciale, sessuofobica e paranoide sembra temere le ‘r’.
Comunque su Montale critico d’opera ci sarebbe da indagare a fondo. A proposito, ti è piaciuta la prosa qui sopra? Io sono in bilico.
Giordano e Andrea, vi invito a notare le affinità tra Turandot e Messalina di Jarry. Messalina, donna-Lupa, s’identifica infatti con ROMA: ma il suo nome segreto è il palindromo AMOR. Quando esso viene pronunciato, Messalina non può che eclissarsi, messa a morte dal tradimento del lògos (Liu, ancora, sconfitta dal gelo).
È una tradizione di pensiero antinaturalista, che la professi Savinio è abbastanza naturale. In Montale gioca più lo snobismo irriducibile nonché la melomania vera e i trascorsi da «celebre baritono profondo (o basso cantante, singing bass […] autore anche di due libretti di poesie; non prive al certo di pregi, ancorché lontane dall’eccellenza ch’egli ha raggiunta sulle scene liriche» (così lo qualificava Landolfi nella Melotecnica esposta al popolo della Spada). Quanto a Rodefer, nella circostanza com’è evidente mi attrae piuttosto il contenuto. Antimontalianamente.
Cara la mia citazionista, ma è Calaf che tiene segreto il suo nome; quando lo rivela a Turandotm che ha finto di cedere alle sue avances, lei incrudelisce e proprio digrigna i denti: «adesso so il tuo nome!». Poi però Liù squaglia tutti e Puccini, in vista del lieto fine (previo sacrificio dell’ancella, come da prammatica), giustamente crepa.
Comunque, a dentri stretti, vi concedo che è Corelli, Calaf. Aveva il perfetto physique du role dello siupafemmene fascistoide («Il mio fuoco ti sgEEEEEEEla»!).
Puccini non ci pensava proprio a fare il lieto fine. Ci ha pensato per un bel po’, e poi ha deciso che non era proprio il caso.
Corelli per sempre. Solo gli sciupafemmine fascistoidi ci salveranno dal gelo (e dal granito)!
Grazie Marilena per la segnalazione di Jarry, metto Messalina tra i libri leggendi. Ricambio (anche a Andrea) con la segnalazione di un articolo piuttosto spassoso di Bortolotto (che non amo particolarmente, ma questo poco conta) su Montale critico d’opera.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/10/23/il-lungo-viaggio-tra-le-note-di.html
André, te lo do io lo siupafemmine fasistoide! Ecco, il grandissimo Lauri-Volpi (mentore di Corelli) 80enne che a fine esecuzione quasi schianta. Pregasi alzare il volume.
http://www.youtube.com/watch?v=1WjURfDzeys
Un uomo, una laringe, un mito (per non parlare delle coronarie).
Ecco, è colpa delle Liù algolagniche e di sé sacrificali se il modello del maschio vincente sarà sempre il predatore fascistoide; quello che a una principessa delicatamente «di gel cinta» – ma quanto trasparente, il velo di quel ghiaccio – spara col lanciafiamme.
Nessuno ti farà del male, principessa, lo giuro (faccetta).
Giordano, è miracoloso! Posthuman, più che fascistoide… Lauri-Volpi è uno dei primi tenori che abbia mai ascoltato, bimbetto, in certi archeologici-archetipici nastri con un intubatissimo e quasi inudibile Trovatore, sforacchiati qui e là dai suoi squilli disumani. Proprio riguardo al libretto – in effetti involontariamente dadaista – del Trovatore, diceva Montale che a non capire le parole non ci si perdeva niente, anzi.
Io invece amo molto Bortolotto ma qui si comporta come stigmatizza si comportasse Montale, cioè con sovrano sprezzo della coerenza. Prima riconosce (e come negarlo?) che Montale – in una terra di letterati variamente canori e, negli auspici, sempre “melodici” ma in fatto di musica vera e propria, in genere, più sordi di campane (geniale la citazione dal giovanile Quaderno genovese – faceva evidente eccezione, e poi gli rimprovera di non capire Ciajkovskij? Il Montale degli scritti sul melodramma è antropologicamente un «facinoroso», cioè un hooligan loggionista (al pari del suo predecessore Barilli), con in più però il grande intellettuale cosmopolita e il poeta genio che dormicchiano nei pressi – ma sempre pronti a risvegliarsi. Sono scritti “alimentari”, certo, ma di rado ronfanti di routine (come, più spesso, le recensioni letterarie degli ultimi decenni). Altra questione è quali fossero in effetti, fra questi pezzi, quelli di pugno effettivo di Montale, e quali “di bottega”, diciamo. So da fonti interne che il canone del Meridiano da Bortolotto scrutinato (che infatti è ben lungi dal proporre l’integrale dei pezzi da Montale firmati) è stato abbastanza severo ma, come si capisce, è questo un terreno minato…
insomma, ‘sto rodefer è proprio bravo! a modo suo camp e brillante. una specie di o’hara in prosa?
O’ Hara chi? :)
scarlet, claro ;-)
Nel mio piccolo, ho il cd di Metha e ho sentito la Sutherland a Roma nel ’78 o ’79 cantare la ‘Lucrezia Borgia’…
Puccini a Milano abitava a 200 metri da casa mia, a via Solferino. Qui ha composto Boheme e Tosca. Ho sempre pensato che mentre scriveva Boheme pensasse ai cieli bigi di Milano, piuttosto che a quelli di Parigi. Di tanto in tanto lo celebro mettendo a tutta birra ‘Che gelida manina’.
Poi, certamente, ogni cosa ha un nome.
Salut.