Attraverso una terra di chi
di Azzurra D’Agostino
Attraverso una terra di chi
attraverso una terra di chi
passiamo noi, noi la schiera
del coro scrostato del dipinto,
i musi ottusi degli armenti
ammassati tra i marmi,
una trafittura nella scorza
della pietra – un graffio.
attraverso la terra di chi
e per quale terra passiamo,
se le crune si sono confuse
e non c’è né resistenza né resa
né attesa parola che durevole
si scagli a difesa dell’estraneo.
attraverso che terra e di chi
possiamo ora passare noi,
quelli che il cielo li accompagna
come una foglia che sfrigola
tra le dita e poi si lascia cadere
nell’ovunque, mentre gli uccelli
sono chiamati nella loro lingua
a ritorni impensabili, sull’abisso
rischioso del corpo che si fida.
attraverso quale mai terra di chi mai
passeremo verso un qualche rifugio
dove coltivare la vergogna
dei frutteti spopolati e di tutto
il trafugato che più non dura,
restando foglia cielo uccelli
e noi, a nessuno contemporanei,
cosa che spartisce un unico
destino – e poi sparisce.
***
Algoritmo
E mentre sulla nazione crolla
una pioggia sporca d’inverno
i rottami non si danno per vinti.
La periferia è un algoritmo
su cui ci sfianchiamo:
ma restano illogici i passaggi
pubblicitari da l’uno all’altro
dei manifesti. Qui siamo soli.
Qualcosa lascia presagire che
dovremmo forse essere altro,
un passaggio più lieve, un cenno.
Ma pure, ci siamo. e occupiamo
questo tempo marginale come
si può: parabole, asfalto,
un solco di sole nella nebbia.
Mi colpisce e mi appassiona la capacità di sguardo plurale, non programmatico, e di abitare lo spazio che hanno le parole di Azzurra D’Agostino, capacità che poi si traduce in versi memorabili. Era diventato difficile per la poesia essere davvero “contemporanea”, trovare un terreno d’incontro non solipsistico, superando gli scogli di un linguaggio dissestato, di un immaginario desertificato, dispiegando il proprio discorso sul paesaggio che condividiamo, sugli orizzonti in cui viviamo: “Ma pure, ci siamo. e occupiamo / questo tempo marginale come / si può: parabole, asfalto, / un solco di sole nella nebbia.”
un tentativo di non distrarsi da quanto si può dire sia l’aria che un noi, oggi ch’è oggi, respira…potente tentativo, a tratti compiaciuto di star denunciando.
Algoritmo: è bellissima
“e noi, a nessuno contemporanei”
notevole, sembra che la poesia sia tra gli ultimissimi luoghi (quanto necessari) in cui ancora si pensa al noi