Muti come conigli
di Patrizia Dughero
nell’apparato scheletrico
da lì sgorga il sangue
Muti come conigli
Sono nell’aia della macelleria di nonna.
E’ settembre, mamma ha il pancione,
deve partorire prima di Natale.
Non so se farà un fratellino
o una sorellina e non so cosa preferire.
Sicuramente andrebbe bene una come la sorella
della Silvana. Ha quasi tre anni,
ed è anche meglio della Silvana
per giocarci.
Arriva Guido, un omone che aiuta nonna. E’ burbero
ma non mi ha mai fatto paura.
Si avvicina alla gabbia dei conigli.
Loro stanno lì silenziosi,
muovendo continuamente la bocca.
Anch’io inizio a muovere la bocca
come loro e annuso l’aria.
Sembra che Guido non mi veda
mentre me ne sto lì a muovere la bocca
e annusare l’aria come un coniglio.
Ne prende uno dalla gabbia e si avvicina
lo tiene per le orecchie e allora
sembra mi guardi. Che tutti e due mi guardino.
Non faccio in tempo a salutarlo
lui prende un coltellaccio dal bancone
sotto il portico.
Smetto di muovere la bocca e annusare l’aria.
Anche il coniglio ha smesso di muovere la bocca
crede che stando così fermo, come se fosse già morto,
non può succedergli niente.
Imparo da lui.
L’omone gli passa il coltello attraverso tutta la gola.
Spruzzi di sangue. Fa in tempo a raccoglierlo
nella bacinella che è sul tavolaccio.
Ora ho capito a che serve. Un lampo sul corpo morbido
ancora peloso.
Lacrime dolci come il sangue.
Lo sento ancora squittire. Lo sentirò per molto.
Guido mi chiede se ho avuto paura.
Rispondo in silenzio scotendo la testa.
Il sangue ha sapore dolce disgustoso e un odore che punge.
Ora sono sicura, vorrei una sorellina.
***
Parlando con Raymond Carver
Quando faccio pulizie
mi capita di colloquiare con qualcuno.
Oggi tocca a te Ray e non è la prima volta.
Vorrei seguirti anche in questo
tu che parli con Joyce
tu che parli con Baudelaire
tu che parli di Shelley
sulle loro tombe, sempre.
Io sto solo aspettando che si asciughi il pavimento.
So che sembrerà retorico
assolutamente banale
dire che tra noi c’è un oceano
e io vorrei attraversarlo.
La tua immagine sul cofanetto dei Meridiani
mi fissa, ha un’aria simpatica, non sembra
di un ex alcolista. Comprendo il problema.
Vorrei parlarti di spazio
oltre quello oceanico che ci divide
oltre quello che c’è tra whisky e vino
oltre quello che c’è tra le mani che aggiungono all’argilla
e il marmo da scalpello
oltre quello che c’è tra chi ci lascia parole e chi no
ovviamente, spazio.
Un mio amico che si dice piccolo poeta mi ha insegnato:
lo spazio non è sempre uguale a se stesso
dieci centimetri fra due macchine
non sono dieci centimetri in un letto coniugale.
Penso abbia ragione. La coscienza cade sulle cose
che guardiamo diventare assenti
le scalpelliamo per porgerle, che qualcuno legga.
Ciò che non ha significato profondo –
l’esistenza non ha alternative, in fondo non è necessaria –
non trova radici se non nella combinatoria interna
divisa.
da: Le stanze del sale (Le Voci della Luna, 2010)
Testimone di un’ innocenza perduta,
una poesia si ferma su un coltello,
la lama centro del universo piccolo dell’infanzia
taglia ancora il grido, ma il fantasma del grido
è li, nel verso.
Il sangue è nella bocca,
lettrice,
ho il sentimento di avere conigli in me,
è il senso della poesia, tagliare, dilagare, entrare nella pelle,
scuotere.
Il dialogo di una donna con gli invitati fantasmi
del suo amore, in distanza oceanica,
provo questa distanza oceanica, sempre,
mi sento in accordo,
con una conversazione con l’ombra dello scrittore,
l’uomo amato, sono una donna banale,
questa poesia mi trova sola, nell’aula,
ma posso murmura le parole di questa poesia,
appogiando la mia fronte contro il vetro
della finestra senza tende, il freddo, lo sento,
le parole sono le rondine della distanza,
del suo silenzio, della sua ombra magnifica.
Due poesie travolgenti.
direi che qui si respira..e direi che sarebbe ora
bellissime
parole superbe
c.
“le scalpelliamo per porgerle, che qualcuno legga”
[…] Avevo già in parte scritto queste righe quando Francesca Matteoni, su Nazione Indiana, ha pubblicato alcune poesie di Patrizia Dughero, tra le quali una di quelle scelte anche da me. La coincidenza non è casuale. È che gli incontri […]