i nodi del boia

di Chiara Valerio

Laurent contò i nove scalini che portavano alla città alta. Nove passi dalla taverna alla bottega del fabbro. Nove passi dalla bottega alla porta azzurra. Nove passi dalla porta all’angolo della Rue des argentiers. Dall’angolo alla terza casa c’erano altri nove passi, se andava piano, e Laurent andò piano, contandoli sottovoce. Non sentiva i rumori della strada, non vedeva la gente che si scostava al suo passaggio. Laurent contava. Nove passi dalla terza casa alla finestra del forno di Maurice Pellissier. Nove passi dal forno di Pellissier alla nicchia invisibile tra la casa dei Germont e il forno dei Saunier e un passo indietro, sotto l’arcata che lo nascondeva. Adrienne era lì, nella bottega di fronte, al suo posto dietro il banco colmo di cesti e vassoi. Andava a spiarla dall’ombra dopo ogni esecuzione, perché guardarla vivere era l’unico modo di allontanare i suoi demoni. Doveva fare sempre lo stesso percorso, contando lo stesso numero di passi, e il tempo sarebbe tornato indietro, cancellando ogni sua colpa. Laurent Deville è il protagonista di In nome di Dio e per mano del diavolo (Germana Fabiano, Robin edizioni, 2011), è il boia di Saint-Germain sulla Somme. Il padre era un boia, il fratello lo è diventato, tutti i parenti esercitano il medesimo mestiere. Laurent ha sposato la figlia del boia di Saint-Germain sulla Somme, dove è arrivato giovane apprendista e dove, a un certo punto e come è naturale, è diventato l’esecutore delle alte e basse opere. Forca, ruota, decapitazione, impiccagione, rogo, altro. Laurent Deville è sempre stato un bambino strambo e solo, toccato da uno di quei doni oscuri che capitano a certe indoli, e che possono essere in qualche maniera raccolti sotto la voce Compassione. Perché a Laurent non sfugge nemmeno una sfumatura della sofferenza, della miseria, della bellezza e dell’amore del mondo. Laurent è connesso, attraverso tutti i suoi silenzi con il mondo intero.

Che è mondo di ladri, di pazzi, di vendicatori, di violenti, ed è mondo di donne che se non danno via il corpo lo nascondono come fosse un peccato plenario. È mondo di bambini che crescendo hanno dovuto lasciarsi perché il boia è solo, è reietto, il boia è intoccabile dai taglieggiatori ma pure dall’amore o dall’amicizia. Si deve essere migliori di molti altri per riuscire in una qualunque impresa – gli aveva insegnato il maestro. Lo sapevano i conciatori, i mercanti, i falegnami, i soldati e persino gli osti di taverna che restavano senza clienti se servivano il vino inacidito, e il boia non era diverso. E mondo è pure la natura perché Laurent conosce le erbe, i funghi, gli alberi e i frutti, riconosce i muscoli degli uomini e i loro organi dopo aver studiato ed essersi esercitato per anni sulle carcasse dei maiali. Laurent così come uccide, secondo la legge, e con il cuore esatto di chi non vuole infliggere sofferenze ma eseguire una pena, salva, cura, guarisce, lenisce.

Se dal verso il mondo di Laurent Deville è quello dell’inquisizione, delle carestie e delle pesti, dal recto è quello delle streghe, della fandonia, della voce, di un’arte medica misconosciuta tanto da sembrare magia – è poi in fondo più semplice credere che capire. Germana Fabiano con una lingua piana e una storia che ha la concentrazione del romanzo storico ma il ritmo del giallo, costruisce un medioevo inventato e fascinoso dove il boia è anche il guaritore, dove il giorno e la notte avvicendandosi perennemente, seguono il chiaro scuro della vita del giovane Laurent, temuto, rispettato, invidiato e commiserato, più scienziato che aguzzino, intransigente tanto da non avere punti deboli oltre la compassione per tutto ciò che lo circonda. Per una diceria Laurent Deville potrebbe trovarsi sul patibolo e non essere il boia.

E così, in un paesino fluviale che è un calco di paesino fluviale, in una fine di medioevo che è un calco di fine mediovo, così come i personaggi di Germana Fabiano sono calchi di figure che ogni lettore in qualche modo si è immaginato, e coltivato, senza timori, sicura della penna e della storia, imbastisce un gioco di ruolo e di personaggi che tiene compagnia, diverte e cruccia e sulle quali si stacca la figura di Laurent Deville che pur non avendo colpe, espia a ogni passo. Nove sono i gradini del patibolo. Non avrebbe mai cercato di sfuggire alla sua sorte, perché non c’era modo e quella inutile disperazione era l’unica cosa che ne sarebbe venuta.

G. Fabiano, In nome di Dio e per mano del diavolo. Vita del boia Laurent Deville, esecutore delle alte e basse opere a Saint-Germain sulla Somme dal 1497 al 1504, Robin edizioni (2011), pp. 311, eu 14.

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