Critica, ciao! Libri e New Media: Saverio Simonelli

I new media hanno sicuramente rivoluzionato il rapporto tra lettori e libri, più particolarmente la comunicazione che di essi se ne fa, scavalcando tutta la corte di mediatori fino ad allora imprescindibili per la vita di un libro, ovvero i giornali e la i critica letteraria. Dopo la dittatura del mercato ci stiamo avviando verso quella del lettore “inesperto”?. Così viene annunciata la couleur dell’incontro che avrà luogo questa mattina al Ciorcolo Arci Bellezza. (vd Programma ) Saverio Simonelli ci ha mandato alcune note sulla questione.(effeffe)


Web e libri: cercansi mediatori autentici
di
Saverio Simonelli



Internet ci rende stupidi? L’interrogativo che è il titolo di un recente saggio di Nicholas Carr (Raffaello Cortina editore, 2010) fa bene il paio con questo legittimo timore espresso nel tema del nostro incontro e che cioè sul web una “dittatura dell’inesperto” possa sostituirsi a quella della critica nel rapporto di fruizione tra libro e lettore.
La tesi di Carr è nota: questo paventato istupidimento sarebbe l’inevitabile approdo della crisi del pensiero lineare, quello che per successive deduzioni procede da una premessa ad un esito altrettanto logico. Tra i tanti esempi a corredo della tesi il più eloquente è quello cui sono stati sottoposti negli USA 6000 studenti di college: una telecamera ha meticolosamente seguito il loro sguardo di fronte a una pagina web rilevando come l’occhio non proceda più nella maggioranza dei casi da sinistra a destra ma vada praticamente a zonzo sullo schermo, attratto da immagini, testo, suoni in maniera assolutamente incontrollata e casuale.

L’occhio umano, l’interfaccia dell’Io proiettato sul web: un’esperienza di libertà, di svincolamento dai canoni tradizionali di apprendimento oppure l’inevitabile naufragare in un mare di stimoli indistinti per approdi indecidibili o nel peggiore dei casi eterodiretti? 
Finora l’enfasi è stata posta maggiormente sulle (presunte) mancanze dell’utente, sulla sua pigrizia cognitiva, sulla dipendenza dagli stimoli esterni.

Quando si parla di nuovi media e lettura però è altrettanto importante soffermarsi sul modo in cui l’offerta di contenuti viene organizzata nelle varie nicchie del continente Internet, sempre più diversificato e proteiforme, nonostante nel parlare comune ci si riferisca a esso sempre come a un qualcosa di unico e compatto – alla locuzione dei nostri nonni “l’hanno detto in televisione” come formula veritativa si è sostituito automaticamente oggi l’altrettanto fideistico “l’ho trovato su Internet” –
E invece, soprattuto con l’affermarsi del cosiddetto web 2.0 i “mondi” con i quali ha a che fare chi cerca contenuti editoriali sono estremamente diversificati per struttura, tipologia e livello di opportunità. E questo ovviamente condiziona anche le modalità di presenza e partecipazione, che è in continua evoluzione.
Un radicale cambiamento ad esempio ha interessato i siti delle case editrici, nati e vissuti fino all’altro ieri come gigantesche vetrine e shop online e che ora offrono forum, spazi di confonto, corsi di scrittura, opportunità di partecipazione che lasciano intravvedere alla fine di un percorso addirittura il miraggio della pubblicazione.
 Stesso itinerario di diversificazione interna e arricchimento di contenuti trasversali anche per aggregatori e portali informativi editoriali: pensiamo a come si presentava il sito Wuz quando ancora si chiamava Alice.


C’è poi l’altrettanto variegato spazio dei social media, utilizzato spesso dagli stessi editori e dai portali informativi attraverso pagine civetta pensate per traghettare traffico in entrata.
Impresa del resto non sempre riuscita, perché l’utente dei social network tende in maggioranza schiacciante a rimanere nel proprio ambiente usato per lo più per scambiare impressioni estemporanee o chattare. Un dato d’esperienza: sul nostro sito de La Compagnia del Libro un “teaser” su facebook crea traffico momentaneo la cui percentuale sugli accessi totali non raggiunge se non raramente la doppia cifra in percentuale di giornata. Analogo il discorso per Anobii, il portale ideato da un geniale imprenditore americo-coreano col pallino dei libri e che ha conquistato facilmente i lettori italiani che di quell’ambiente rappresentano la terza forza mondiale (Curioso risultato per un popolo che si distingue per la percentuale particolarmente bassa di lettori).
 Basta scorrere una pagina di Anobii per vedere come si sviluppino e si intreccino consigli di lettura forbiti e partecipi a pareri e opinioni molto spesso dilettanteschi, vellitari e per dirla col titolo del nostro incontro “inesperti”, ma che sembrano perfettamente appagare l’anobiano medio che anzi spesso contesta apertamente e in modi a volte deliranti l’ingresso di informazioni che vengono da altri siti, infastidendosi per un semplice link di questo o quel portale adombrando automaticamete il terribile (!) spettro dello spam.
 Cresce così un’utenza “tribale” all’interno dei social media, contenta dello stare insieme e che per usare una vecchia definizione privilegia “l’etnos” sull’ethos”, il pensiero della comunità non solo come fattore identitario ma soprattutto di aggressiva e ferina contrapposizione all’altro, mutuando purtroppo il peggio di certe derive della politica e dello società circostante.


All’altro capo dell’utenza c’è la cosiddetta tribù dei technofan, così definiti dall’Osservatorio permamente sui contenuti digitali, creato nel 2007 dalle principali associazioni che producono e operano nel settore della produzione di contenuti culturali ( AIDRO, AIE, Cinecittà Holding, FIMI, Univideo, Anica e PMI ) in collaborazione con la società Nielsen.
In forte crescita numerica questo gruppo è composto in larga parte da giovani, i cosiddetti “smanettoni” frequentatori della rete perché attratti dagli sviluppi multimediali, abili a scaricare contenuti, ma utenti a “bassa intensità culturale”, superficiali e frettolosi, attratti esclusivamente dal bestseller o dal testo che si presenti con caratteristiche di rottura rispetto all’informazione o la fruizione cartacea. Il loro mondo somiglia a una corsa nel videogioco Mariokart, una vorticosa galoppata su piste in bilico sul vuoto sulle quali piovono oggetti non identificati, si catturano globi, cubi e simboletti vari che garantiscono una migliore tenuta di quella strada.
In un solo anno, dal 2008 al 2009 la loro percentuale è passata dal 17 al 27% degli utenti della rete mentre si è ridotta sensibilmente quella dei cosiddetti “eclettici”, navigatori più maturi di età e più culturalmente motivati che sono scesi dal 12 al 10%. 
Resto dell’idea che i tradizionali siti o blog culturali continuino a essere uno spazio in cui la competenza professionale o semplicemente una sensibilità affinata dal mezzo e dall’esperienza personale vada tranquillamente a braccetto con l’esigenza di partecipazione e condivisione.

Come diceva in un recente intervento Pier Cesare Rivoltella, docente di new media all’Università Cattolica di Milano, un “modello di autorialità basato sulla produzione logica dell’espressione individuale” può convivere a fianco dello “stile social media” in cui “si formano comportamenti a prescindere da interventi intenzionalmente didascalici”. Se quindi l’approccio “social” tende all’autoformazione, al “fai da te” di opinioni di corto raggio, allo sviluppo di gusti e idiosincrasie che vanno di pari passo con l’acquisizione di nozioni limitate all’ecologia di quello spazio, un atteggiamento più maturo dovrebbe portare a combinare questo protagonismo personale con il riconoscimento se non di un’autorità quantomeno di un’autorevolezza che all’interno del sito di riferimento“certifichi” la sincerità e la competenza di chi anima e informa di sé quel luogo del web. 
Detto in maniera molto più banale, un sito riconoscibile, con un proprio profilo e magari all’interno autori capaci di orizzonti ampi, di collegamenti e riferimenti letterari ma soprattutto con una propria identità e capace di dialogare all’esterno attraverso link e con un blogroll cospicuo, articolato e coerente, può davvero essere palestra di recensione, sviluppo di sensibilità, capacità di discernimento nell’offerta smisurata di novità che affollano il mercato e stipano gli scaffali delle librerie. Importante è quella parolina desueta: “sincerità”, assieme a una limpidezza d’approccio, competenza e – magari con un briciolo di retorica – amore e dedizione a ciò che si scrive e alle opinioni che si espongono.


Nel saggio sull’educazione estetica dell’uomo, un testo fondamentale anche se ha oltre duecento anni il grande scrittore tedesco Friedrich Schiller spiegava come nel gioco, inteso come spazio affrancato dalla necessità e dal limite della corporeità, l’uomo possa dare il meglio di se stesso e attrezzarsi poi per un impegno più autentico nella vita reale. Forse la suggestione può valere oggi per il web inteso appunto come palestra in cui uomini riconoscibili e motivati ma che si incontrano nello spazio neutro della rete possono affilare le idee e incrociare le armi dell’intelletto per produrre, confrontare e affinare chiavi di lettura di questo universo caotico cui anche la rete rischia di assomigliare sempre di più

2 COMMENTS

  1. Ho apprezzato l’ottimismo della parte finale del ‘pezzo’… Solo chi non ha gli strumenti si lascia confondere: il web come la realtà fisica è fatta di segni, di scelte razionali, di interessi culturali ben precisi. E poi preferisco il pluralismo del web (“inesperto” compreso) alla staticità di certe categorie critiche ormai destinate all’estinzione. L’importante è – come dice l’autore – unire sincerità, limpidezza d’approccio, dedizione…

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017