Lettere a Zanzotto

di Michael Palmer
traduzione di Gian Maria Annovi

Lettera 1

Non si faceva per poi disfarlo,
noi e per noi, imbustato, si-
derato in un’astronave, elenco
di liquidi, lettere inutili –
cos’altro – sgorgano dalla scatola,
piccole faglie, sonagli e pendenze

Come montagne, un altro sospiro di crollo
quasi del tutto consumato, luci
che svernano, torri e un secolo di capelli,
panni a cumuli o a mucchi, e arti,
reali e artificiali, da passare al setaccio

Le hanno proprio finite le cose
o hanno finito i nomi per chiamarle
in quella sublimità radiale, che
imbrattava di bianchezza, finale
pulitura e gentilezza, neve
perfetta o perfezione della neve

lasciandoci lì ad osservare il ponte,
la sua sillaba centrale mancante,
e la terra qua e là
strappata a caso, fumettizzata,
lividamente viva, che chiama dal banco:

Chi non s’è soffocato con una parola

se non il Dottor. Sonno e la sua Finestra del Tempo?
Pallade e Vesta? Antibiotici in piante?
Fiaccole, sanpietrini e bandiere rosse?
Il muro calcinato rivolto alla quandezza
intesa come testimone. Le poche
cose trans che odorano di sesso e di pino

cosa gli ha detto
e a noi come loro

Lettera 2

Sottosopra: ronzio del dicibile?

Foreste dove gli alberi crebbero capovolti
e tra foglie e foschia una piccola barca in fiamme?

Canzone della bocca chiusa?
Di un alfabeto sotterraneo?

Lettera 3

I nostri errori a zero: latte per foschia, ghigno
per arti, bocche per nomi – o ore d’altro

di cortecce, balbuzie e sparizioni, cenni
lungo un sentiero di ghiaccio che si scioglie. Il sospiro

che facciamo per “come”
prima di qualsiasi gradino e muro,

le imposte che sbattono nel corpo illuminato
chiamato nulla o chiamato vocativo. Volevo chiedere

delle rugiade, delle usanze dei pioppi, della giostra,
la ricchezza senza sogno, le reti, le braci

e gli ovili, la nave “Desiderio”
con le sue cremagliere e le barre

che salpa proprio ora. Questa
domanda da scandirsi da sé. E le onde che siamo

che seguono ciò che segue,
che ridicono noi stessi

ciò che diciamo l’abbiamo detto
in questa lingua che passerà.

Lettera 4

Quasi o più che o quasi vivo

Ma il corpo di un altro che cerchi di sollevare,
il corpo cui cerchi di parlare
e il dubbioso o lo scuro
di questo improvviso, spogliato
inverno e i suoi venti?

Un treno sottovetro?

E il “supplemento di sole”?

Ma il corpo che penetri
con la lingua, con
le parole sulla sua punta,
parole per sostanze chimiche e sapori
e quasi ricordati nomi,

equazioni segnate in fretta
per i tipi di neve del nostro tempo
e sempre, dietro

il paesaggio,
una neve più rossa che bianca?

**********

Letter 1

Wasn’t it done then undone, by
us and to us, enveloped, sid-
erated in a starship, listing
with liquids, helpless letters—
what else—pouring from that box,
little gaps, rattles and slants

Like mountains, pretty much worn down
Another sigh of breakage, wintering
lights, towers and a century of hair,
cloth in heaps or mounds, and limbs,
real and artificial, to sift among

Did they really run out of things
or was it only the names for things
in that radial sublimity, that
daubed whiteness, final
cleansing and kindness, perfect
snow or perfection of snow

leaving us peering at the bridge,
its central syllable missing,
and the ground here and there
casually rent, cartoon-like,
lividly living, calling in counter-talk:

Whoever has not choked on a word

But Dr. Sleep and his Window of Time?
Pallas and Vesta? Antibodies in plants?
Torches, cobbles and red flags?
The calcined walls facing whenness
meant as witness. The few
trans things smelling of sex and pine

said what to them
and to us as them

Letter 2

Belowabove: hum of the possible-ti-say?

Forest in which the trees grow downward
and through the leaves and mist a small boat in flames?

Song of the closed mouth?
Of an alphabet underground?

Letter 3

Our errors at zero: milk for mist, grin
for limbs, mouths for names—or else hours

of barks, stammers and vanishings, nods
along a path of dissolving ice. The sign

we make for “same as”
before whatever steps and walls,

shutters flapping in the lighted body
called null or called vocative. I’d wanted to ask

about dews, habits of popular, carousel,
dreamless wealth, nets, embers

and folds, the sailing ship “Desire”
with its racks and bars

just now setting out. This
question to spell itself. And the waves of us

following what follows,
retelling ourselves

what we say we’ve said
in this tongue which will pass

Letter 4

Almost or more than or almost alive

But the body of another you attempt to lift,
the body you try to address
and the doubtful or the dark
of this sudden, stripped
winter and its winds?

A train housed in glass?

And the “supplement of sun”?

But the body you enter
with your tongue, with
the words on its tip,
words for chemicals and tastes
and almost remembered names,

hurriedly chalked equations
for the kinds of snow in our time
and always, behind

the landscape,
a snow more red than white?

Michael Palmer è nato a New York nel 1943. È autore di numerosi libri di poesia, tra i quali Company of Moths (New Directions, 2005), finalista al Canadian Griffin Poetry Prize; Codes Appearing: Poems 1979-1988 (2001); The Promises of Glass (2000); The Lion Bridge: Selected Poems 1972-1995 (1998); At Passages (1996); Sun (1988); First Figure (1984); Notes for Echo Lake (1981); Without Music (1977); The Circular Gates (1974); e Blake’s Newton (1972). Michael Palmer ha ottenuto due riconoscimenti dal National Endowment for the Arts, il premio Lila Wallace-Reader’s Digest Writer, una borsa dalla Guggenheim Foundation e ha vinto il Shelley Memorial Prize della Poetry Society of America. Nel 1999, è stato eletto consigliere della Academy of American Poets e nel 2006 ha ricevuto il prestigioso Wallace Stevens Award per la poesia. Vive a San Francisco.

(continua)

10 COMMENTS

  1. Documento bellissimo, forse di quelli che ricevono all’inizio pochi commenti, perché commentare è quasi superfluo.

  2. Che poeta, Palmer…

    Grazie ad Annovi per queste traduzioni, e a Matteoni per averle portate qui.

  3. Molto belle;

    ” canzone della bocca chiusa
    di un alfabeto sotteraneo ”

    come se la poesia fosse un labirinto
    in noi, un paese segreto, una lingua
    della cavità, oscura, fiore del mistero,
    o nuda- nella luminosità della neve
    non si puo difendere della neve o della poesia,
    non c’è riparo- la lingua della poesia trova sempre
    il suo viaggiatore- Palmer è un grande poeta-
    come erà Zanzotto, con altri poeti in paesi dove il confine
    è solo una linea maritima, una linea fredda,
    un paese russo, inglese, italiano…
    Un paese di notte o di alba,
    un paese che non salva di tutto forse.

  4. Questa sequenza e’ secondo me uno dei capolavori di Palmer, sono molto contento di trovarla qui. Complimenti e grazie.

  5. leggendo questi testi bellissimi pensavo all’assonanza che esiste tra le parole “dicibile” e “decibel”… qui l’amplificazione è sicuramente molto alta.
    complimenti

  6. Grazie di cuore a Francesca Matteoni e a Nazione Indiana per aver accolto generosamente questo mio “omaggio trasversale” ad Andrea Zanzotto. E soprattutto grazie ai lettori per i commenti, che mi riempiono di gioia. Chi fosse interessato a leggere altre mie traduzioni di Palmer, puo’ trovarle nel volume “Poesia americana: San Francisco”, curato da Paul Vangelisti e Luigi Ballerini per Mondadori. La serie “Letters to Zanzotto” e’ contenuta nella raccolta “At Passages” (New Directions, 1995).

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francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Curo laboratori di poesia e fiabe per varie fasce d’età, insegno storia delle religioni e della magia presso alcune università americane di Firenze, conduco laboratori intuitivi sui tarocchi. Ho pubblicato questi libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Higgiugiuk la lappone nel X Quaderno Italiano di Poesia (Marcos y Marcos 2010), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Appunti dal parco (Vydia, 2012); Nel sonno. Una caduta, un processo, un viaggio per mare (Zona, 2014); Acquabuia (Aragno 2014). Dal sito Fiabe sono nati questi due progetti da me curati: Di là dal bosco (Le voci della luna, 2012) e ‘Sorgenti che sanno’. Acque, specchi, incantesimi (La Biblioteca dei Libri Perduti, 2016), libri ispirati al fiabesco con contributi di vari autori. Sono presente nell’antologia di poesia-terapia: Scacciapensieri (Millegru, 2015) e in Ninniamo ((Millegru 2017). Ho all’attivo pubblicazioni accademiche tra cui il libro Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014). Tutti gli altri (Tunué 2014) è il mio primo romanzo. Insieme ad Azzurra D’Agostino ho curato l’antologia Un ponte gettato sul mare. Un’esperienza di poesia nei centri psichiatrici, nata da un lavoro svolto nell’oristanese fra il dicembre 2015 e il settembre 2016. Abito in un borgo delle colline pistoiesi.