Play time: Giulia Niccolai

 

 

 

 

Frisbees
della vecchiaia

Dentro il Quirinale
di
Giulia Niccolai

 

 

Al Quirinale c’ero stata una volta, l’8 marzo 2006, Festa della Donna, quando mi venne conferita l’onorificenza di Grande Ufficiale. La notizia mi era stata data in gennaio con un telegramma che trovai nella casella della posta, indirizzato al Gr. Uff. Giulia Niccolai, che mi fece esclamare: chi è l’idiota che mi fa ‘sto scherzo? Non ne sapevo niente. Non sapevo nemmeno se Grande Ufficiale fosse superiore o inferiore a Cavaliere. Inizialmente mi familiarizzai all’idea accentuando quel Gr. Uff. nel grrrr dei fumetti – il ringhio dei cani – e l’uffa di Uff. che non richiede spiegazione. Ma confesso che assieme alla sorpresa, provavo una gran curiosità: chi diavolo poteva aver suggerito il mio nome? Ci misi mesi a scoprirlo, addirittura dopo la cerimonia, quando riuscii a contattare una giornalista del Quirinale che non conoscevo personalmente ma che mi confessò di aver letto di me su La Stampa in uno degli articoli che Marco Belpoliti aveva scritto quell’autunno su vari personaggi da lui accostati e riuniti sotto la comune intestazione di Eccentrici. Ricordo di aver letto anche quello su Mario Dondero e Giovanni Anceschi. Ero in buona compagnia, non solo, ma anche perché un Gr. Uff.” eccentrico” lo potevo digerire meglio di un Grrrr. Uffa tout court.

Ciò che ebbi modo di notare quasi subito fu la confusione, la mancanza di razionalità del cerimoniale di quella sede che può anche essere vista come la cima, la punta di diamante della piramide di questo paese. Invece, tale l’Italia, tale il Quirinale. Noi cento, centocinquanta donne, “distintesi nella cultura, nella scienza e nel sociale” convocate lì per “ la cerimonia di consegna delle insegne” eravamo ovviamente tutte un po’ vecchiette. Ci riunirono in una bella e lunga galleria, allineandoci in due file: a un lato le signore che non erano potute venire l’anno precedente a ritirare la loro medaglia; all’altro, le festeggiate del 2006. E nell’oretta che passammo in piedi (sedie non ce n’erano), in attesa del Presidente Ciampi, di Donna Franca e della cerimonia vera e propria, spostarono per ben due volte le code tra loro, come se nessuno del cerimoniale sapesse a quale delle due file il Presidente si sarebbe rivolto per primo a stringere la mano a ognuna. Iniziava da destra o da sinistra?

Passò il Presidente. Poiché lo stimo molto, provai un vero piacere a stringergli la mano. Subito dietro, arrivava Donna Franca. La signora prima di me la trattenne un attimo: tra donne, il giorno della Festa della Donna, si riesce ad avere più confidenza. Le disse: spero che resterete per altri sette anni! (Si era alla fine del primo mandato per Ciampi). Per carità! Le rispose Donna Franca e io mi ritrovai col primo sorriso sulle labbra di quella faticosa giornata. Mi sentii a mio agio, e quando Donna Franca mi strinse la mano, mi venne il ridicolo bisogno di confessarle: ma io non ho la più pallida idea di chi abbia suggerito il mio nome! Meglio così – mi rispose lei tutta allegra – la veda come una sorpresa dello Spirito Santo!

A me, Grande Ufficiale venne una grande allegria e un attimo di deliziosa, demenziale, infantile innocenza dovuta a eccessivo rispetto: chissà se lei, come moglie del PRESIDENTE ha una specie di rapporto privilegiato con lui (lo Spritito Santo)…
(A parte: non proviamo più rispetto per nessuno perché non siamo più innocenti? L’informazione ci sta rendendo egoicamente e stupidamente convinti di essere onniscienti? Che perdita irrecuperabile quella della grandissima gioia di un raro e benefico senso di meraviglia!)
Poi ci spostammo nella Sala degli Arazzi dove il Presidente, Donna Franca e altre autorità si andarono a sedere – con i corazzieri alle spalle – su poltrone disposte su una pedana di legno alta tre o quattro gradini più della sala.
Mi venne indicato il mio sedile, in prima fila, accanto a quello di altri due Grandi Ufficiali: Caterina Caselli e Maria Annunziata (le altre signore erano tutte Cavalieri).
Caterina Caselli e Maria Annunziata parlavano fitto: già si conoscevano o si erano riconosciute per via della televisione. Di me non potevano avere idea di chi fossi. Forse avrebbero potuto sentirsi imbarazzate se avessi tentato di inserirmi nel loro cicaleggio, così restai per i fatti miei: un po’ Cenerentola senza zucca, scarpetta o lieto fine.

Sbagliavo. Un lieto-fine, commovente ci fu. Terminata la cerimonia, mi trovavo proprio a lato dei quattro gradini della pedana. Il Presidente e Donna Franca stavano per scenderli ma non c’era corrimano né appoggio di sorta. Si presero per mano per sentirsi più sicuri e avere il coraggio di fare i gradini senza troppi tentennamenti e indecisioni per il timore di perdere l’equilibrio.
Quello che non posso sapere è se il corrimano mancava quel giorno perché si era rotto e andava riparato, o se in quasi sette anni di permanenza di Ciampi e di sua moglie al Quirinale, nessuno si fosse ancora accorto che alla loro età avevano bisogno di un corrimano, o un qualsiasi appoggio.

2 COMMENTS

  1. Fantastica! la mano di Frisbees, che continua a lanciare il gioco e vola! nell’inedito, attuale e disattaule, nel tempo contemporaneo, e molto altro, e che nel tempo è solo diventata il meglio di se stessa!
    GRAZIE Helena.
    Maria Pia Quintavalla

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017