l’ebook e la serie A
[questo articolo è stato pubblicato oggi su Lipperatura]
Qualche giorno fa, dando conto del cambio di gestione e di linea editoriale di Gargoyle, avevo sottolineato un passaggio che mi aveva dato da pensare: l’affermazione che prevedeva per gli autori italiani (alcuni? molti?) l’uscita esclusivamente in eBook.
Passo indietro: Francoforte. In occasione della Buchmesse Riccardo Cavallero, direttore generale Libri Trade di Mondadori, attacca gli agenti in quanto “conservatori” nei confronti dell’eBook medesimo: “non si può avere paura dei prezzi o della cannibalizzazione, altrimenti non ci lanceremo mai nell’editoria digitale”, dichiara al Corriere della Sera. Gli risponde un editore, Stefano Mauri (Gems)”Gli agenti giustamente cercano di tutelare i propri autori se sono dei professionisti (mi preme sottolineare che stiamo parlando della serie A, quella che vive di questo mestiere e non degli ultimi arrivati, con tutto il rispetto)”.
Ora, in tutela della serie B, C, D e Z era sceso qualche giorno fa Scott Turow, che pure appartiene alla fascia AA, sottolineando la slealtà di una situazione dove gli editori considerano gli eBook semplicemente come un luogo dove il rischio è minimo e dunque è possibile fare, o quasi, quel che si desidera. Poche royalties, considerazione dell’autore ai minimi.
In Italia, non stiamo molto meglio. Dopo l’annuncio della piccola Gargoyle, la decisione della ben più grande Mondadori: se volete, una piccolezza nelle problematiche che agitano il mercato editoriale, ma potrebbe assumere rilevanza ben maggiore e costituire un precedente. Di GL D’Andrea, che il commentarium già conosce, Mondadori ragazzi aveva mandato in stampa due volumi di una trilogia, Wunderkind (inizialmente concepita come storia unica ma suddivisa in tre parti, non per volontà dell’autore). Fra pochi giorni esce il capitolo conclusivo della saga, peraltro tradotta in una decina di paesi: esclusivamente in eBook. La protesta dei lettori, in rete, è stata immediata: non è corretto, dicono, cambiare supporto per evitare il rischio, a spese di chi ha seguito su cartaceo gli episodi precedenti.
In effetti, non lo è. E rafforza il sospetto, già enunciato qualche giorno fa, che il digitale venga considerato, in Italia, non come luogo dove investire ma come luogo da cui guadagnare col minimo sforzo, almeno nell’immediato. Ora, questo è un punto su cui gli autori tutti, conservatori o meno, dovrebbero riflettere molto: perchè quella che è indubbiamente una grande opportunità potrebbe essere usata non certo a loro vantaggio.
Ps. Per inciso, di ritorno da una magnifica due-giorni a Umbria Libri: ho avuto il piacere di essere in compagnia di scrittrici a cui voglio bene e a cui mi sento affine, come, per citarne due, Michela Murgia e Chiara Palazzolo. La prima si batte non da oggi perchè gli autori trovino intenti comuni, la seconda ha sottolineato come il punto debole italiano stia proprio nella narrativa popolare, soprattutto quella che si rivolge ai giovani lettori. Settore in cui, tanto per ampliare l’argomento, mi sembra che sia soprattutto l’ufficio marketing a prendere decisioni, secondo il principio che tutti possono scrivere tutto, e che gli stessi autori possano passare dai Tokio Hotel agli angeli innamorati, dal giallo al paranormal romance, a seconda di cosa “tira” di più. Eppure, le pagine lette nella preadolescenza e adolescenza, sono quelle che aprono al mondo della lettura. Magari, occorrebbe tenerlo presente, qualche volta.
affine dice? lei dunque si sente una scrittrice?
Certo che se il livello dei commenti è questo…No, non mi sento una scrittrice, mi sono sempre e solo sentita una cronista, non ho mai avuto l’ambizione né la presunzione di essere un’artista, a differenza di molti. Ma se non si capisce che la questione tocca tutti, pubblicati e no, e si preferisce dar sfogo al livoruccio e al risentimentino, buona notte, siamo fottuti.
sulla questione digitale cartaceo penso invece vada dedicata molta attenzione a questa cosa ( ho toccato con mano, al forum dl libro di Matera la rivoluzione in atto) e bene fa Loredana Lipperini a lanciare le danze nei termini in cui ne parla. Personalmente credo molto alla letteratura digitale almeno quanto a quella “cartacea”, al punto di avere con somma gioia accettato l’invito di http://www.quintadicopertina.it/ a partecipare ad un progetto che sta dando i suoi frutti e che secondo me avrà esiti assai gratificanti sia come lettore che come autore.
effeffe
In un momento in cui tutto il paese, dalle più alte sfere alle più basse si appella alla coesione sociale, sarebbe importante, forse, che gli scrittori firmassero o si accordassero sindacalmente per avere almeno il 40 per cento dei proventi dal diritto d’autore digitale. Restano poi scelte editoriali come quella capitata a GL che lasciano in effetti abbastanza perplessi. Sulla sostanza di base però sarebbe bene mettersi d’accordo con un certo anticipo. Io onestamente non ho mai capito perché non si faccia un discorso del genere anche sul cartaceo ma – senza allargare troppo la discussione – su questo terreno bisognerebbe decidere di muoversi unitariamente con una certa sollecitudine. Anche eprché dalla Lipperini questi discorsi si facevano già un anno o più fa, se non sbaglio.
Mi sembrano ragionamenti da associazione di categoria, di nessun interesse innovativo.
Autore ed editore sono legati da un contratto, e tra le tante cose brutte che l’editore può fare si contano: copertine orride, strilli biascichevoli, marketing d’accatto, poche copie stampate, su carta scadente, distribuite con ritrosia, a condizioni usuraie… fa parte del gioco e del mercato.
Se si vuole evitare che l’ebook sia sfruttato come un ripiego dall’editore, basta non cedergli i diritti digitali. basta non precipitarsi a firmare qualsiasi cosa venga proposta dall’ufficio contratti. In questo concordo con l’autrice, l’ebook è in campo su cui investire, ma credo che sia l’autore, e non un editore italiano grosso, miope ed incapace a poterlo fare al meglio.
[…] Goetia Diario di pensieri persi Torre di Tanabrus Valberici Marcello Gagliani Caputo Valentinamente Nazione Indiana […]
Saranno ragionamenti da associazione di cateogoria – detti da uno che della categoria non fa parte – ma continuando a fare ognun per sé vi prendono uno a uno e vi fanno fare quello che gli pare. D’altronde suggerire a degli scrittori di mettersi dìaccordo su un obiettivo comune è come dirlo ai politici, me ne rendo conto. E’ proprio la categoria che nasce individualista. Dispiace.
Ma il punto è proprio che i grandi editori italiani non sono capaci di fare e vendere ebook, e quindi penalizzano gli autori che vi si sono legati. Libri azzoppati da DRM, malfatti, pieni di refusi da OCR, pagine mescolate, brutti, a prezzi superiori al dettaglio effettivo dello stampato.
Concordo Reister, ma che c’entra con la possibilità di ottenere dei diritti più alti corporativizzandosi dall’inizio? Magari gli ebook nel corso degli anni diverranno talmente preminenti che i grandi editori saranno costretti a considerarli e farli bene, magari.