Ebook: investire, innovare, promuovere. Ma chi paga il conto?
Una riflessione di Maria Cecilia Averame:
Le scelte editoriali sono prima di tutto scelte culturali […]. Scegliere di aprire una collana che parla di geopolitica rispetto ad una di chick-lit, o investire su iApp digitali che potrebbero mettere secondo piano il contenuto, sono scelte editoriali, ma sono anche e soprattutto scelte politiche. Di fronte alle tante wunderkammer multimediali, anche di grande effetto, gli editori, i redattori e gli sviluppatori devono essere in grado di riportare l’attenzione alla cosa narrata e letta, e a riflettere sul cosa rimane al lettore dopo essere entrato ed uscito da questi nuovi prodotti digitali. Perché il rischio è che si continui a parlare di editoria digitale in termini di ebook multimediali, ebook interattivi, social reading, e non si parli mai di sofferenza, di rivolta, di cambiamento e di passione.
Che la cosa narrata resti – insomma – una sorta di appendice e non il cuore di quello che andiamo a fare.
originale qui.
Da un evento ben riuscito ed organizzato come Librinnovando si torna portando a casa -o meglio in redazione- stimoli, riflessioni, idee e curiosità.
Dopo qualche giorno, fra tutti gli stimoli ricevuti, uno fra tutti emerge chiedendo risposta: si parla di sviluppo, di applicazioni, di innovazione e sperimentazioni. Ma passando alla realizzazione pratica, di chi è il compito di ‘pagare il conto’ di tutta questa sperimentazione?
Due scene mi tornano alla mente: la prima è quella di Elena Asteggiano, alias @ilredattore, che chiede di alzare la mano prima a tutti gli editor, e poi a tutti gli sviluppatori. La proporzione in sala favorisce i secondi, anche se non in grande misura.
La seconda scena riguarda il bailamme suscitato (prevalentemente su twitter, ma anche in sala) dalla risposta di Elena Conversi (Elastico App) alla domanda sul costo e la sostenibilità dello sviluppo della loro applicazione su Pinocchio per iPad&Co.
La Conversi spiega che il suo studio ha sviluppato l’app per promozione, per presentarla e nella speranza che un ‘Grande Editore’ poi li chiamasse per proseguire su qualche altro testo. I ‘Grandi Editori’ però, fatti due conti, ci investono meno di quanto ‘gli sviluppatori’ vorrebbero. Pochi coloro che scommettono su app editoriali ben fatte, si prediligono ‘prodotti’ più economici. Con un costo al pubblico che si aggira fra 0.79 e 1.99 cents viene difficile rientrare nei costi.
Ora: se stiamo parlando di editoria, e di editoria italiana, a chi ci rivolgiamo quando proponiamo lo sviluppo di app con costi superiori ai 15 mila euro, e che dati abbiamo per poter stabilire che la ‘scommessa’ potrebbe volgersi a nostro favore?
Parte dei ricavi si disperde consegnando a Apple o chi per essa la quota-percentuale per poter vendere nel suo store, parte che va a intaccare le entrate di chi, editore o sviluppatore, i contenuti li sta producendo. Inoltre, se ci rivolgiamo al mercato editoriale italiano e alla casa editrice media non possiamo fare a meno di calcolare quali siano le risorse e possibilità.
Forse le considerazioni della Conversi possono portarci ad un monito. Ad ogni evento sul digitale, sviluppatori e agenzie editoriali propongono prodotti innovativi e all’avanguardia su cui hanno investito il tutto per tutto, nella speranza di trovare un Grande Editore/Grande Investitore che gli sovvenzioni il lavoro. E’ tutto molto americano: cerco fondi per sviluppare la mia start-up, cerco clienti in grado di retribuire il mio lavoro, faccio pochi conti sulla sostenibilità di questo genere di editoria perché non è il mio lavoro. Poi ce la si prende con l’editore, che invece questi conti li deve fare, non può permettersi di investire in quel che lo sviluppatore gli propone e fa la parte del retrogrado incapace di pensare nuovo. Forse invece il problema è nel tipo di percorso che gli sviluppatori e gli editori fanno, ognuno per conto proprio e con scarsa capacità di cogliere le risorse e le problematiche dell’altro.
Per questo mi chiedo quanto questo tipo di proposta sia adeguata alle richieste e alle esigenze dell’editoria italiana.
Una delle risorse che ci siamo accorti di avere con quintadicopertina è quella di non esserci mai considerati una start-up in senso stretto. Non avendo alcun fondo da nessuno e non finalizzando i nostri lavori per trovare soldi per sviluppare qualcosa, abbiamo dovuto pensare a come camminare indipendentemente, rivolgendoci ai lettori, proponendo un’editoria innovativa con i piedi per terra, dove il margine di guadagno lo abbiamo con vendite intorno ai 400/500 testi scaricati. Si tratta di un discorso molto concreto, che ai grandi numeri virtuali preferisce darsi obiettivi realizzabili. Oggi molti nostri testi sono ancora lontani dalla boa dei 500 download, ma pensiamo che questo percorso dal basso sia più realista e redditizio che puntare a fare ‘il grande botto’ con un’applicazione da 15,000 euro che necessita di 17 mila download per rientrare nei costi. Anche perché questo è il mondo editoriale con cui ci troviamo a rapportarci, e non uno del mondo dei sogni che campa vendendo centinaia di migliaia di copie per ogni testo pubblicato.
C’è poi un appunto di tipo culturale: di fronte ad una platea di sviluppatori che mette in minoranza i redattori, c’è da chiedersi chi sia colui che si mette a fare editoria digitale e anche il perché.
Le scelte editoriali sono prima di tutto scelte culturali che – poco o tanto – impattano i lettori e, in seconda battuta, il panorama intellettuale italiano. Scegliere di aprire una collana che parla di geopolitica rispetto ad una di chick-lit, o investire su iApp digitali che potrebbero mettere secondo piano il contenuto, sono scelte editoriali, ma sono anche e soprattutto scelte politiche. Di fronte alle tante wunderkammer multimediali, anche di grande effetto, gli editori, i redattori e gli sviluppatori devono essere in grado di riportare l’attenzione alla cosa narrata e letta, e a riflettere sul cosa rimane al lettore dopo essere entrato ed uscito da questi nuovi prodotti digitali. Perché il rischio è che si continui a parlare di editoria digitale in termini di ebook multimediali, ebook interattivi, social reading, e non si parli mai di sofferenza, di rivolta, di cambiamento e di passione.
Che la cosa narrata resti – insomma – una sorta di appendice e non il cuore di quello che andiamo a fare.
Secondo me, l’editoria non è affatto sprovveduta. Anzi, è eccessivamente provveduta.
Io credo che l’ebook stia avendo le risposte che merita come tecnologia e che non si possa andare oltre la sua offerta. Il libro cartaceo offre dei vantaggi che sono oggi nettamente superiori all’ebook che, da un certo punto di vista, è un ritorno al passato. In prima istanza, come supporto esso è più vicino al rotolo che al manoscritto, alla forma del manoscritto. E’ palese che il manoscritto, colle sue qualità di leggibilità, ha tecnologicamente stracciato ogni concorrente e si sia piazzato come una delle invenzioni della storia dell’omo.
In più, se l’ebook fosse stato davvero così rivoluzionario, e se ne parla dal lontano secondo dopoguerra, avrebbe già sparigliato il libro cartaceo. Non l’ha fatto, e non lo farà. Quando uscirono le prime cassette per la musica, subito queste rimpiazzarono i vinili. Poi i cd spazzarono le cassette, ora gli mp3 e quant’altro hanno pensionato anche i cd… come mai la gente continua massicciamente, soprattutto i giovani, a prendere libri invece che ebook.
Pur non volendo parlare dell’enorme pericolo che i files hanno di danneggiarsi e scomparire, deteriorarsi, e quindi di mandare in malora la “memoria del mondo” conservata egregiamente finora dalla carta, io che ho provato a leggere romanzi su supporto kindle non sono mai riuscito ad arrivare in fondo. La leggibilità dell’ebook è limitata, si saltano inevitabilmente dei righi, la sua durata è confinata alla carica d’una batteria… Certo non ingombra, ma chi può mettere la mano sul fuoco che tra trent’anni il romanzo pubblicato su files da X arriverà nelle mani di Y come oggi mi arriva un romanzo cartaceo di Gadda pubblicato nel ’65? tanto per non andare troppo indietro cogli incunaboli e le cinquecentine ecc.
L’ebook si sta rivelando per quello che è, un supporto importante per fare ricerca, laddove con pochi comandi si possono rovesciare pagine e pagine senza consultarle; si sta rivelando utilissimo come supporto per leggere l’articolo di giornale che non ha davvero più senso vederlo spalmato sulla carta riciclata… (ma almeno c’è analogia con quello che scrivono)…
Io credo che l’ebook, comodo e duttile, debba trasportare oggetti perituri, di velocità, non di eccessivo impegno, giacché tecnologicamente non fa il parimerito coi grandiosi vantaggi del cartaceo. Specie quindi in ambito letterario, dove si legge molto testo.
Credo quindi che le case editrici stiano investendo il giusto per quello che questo mezzo può offrire (che non è certo poco) ma che non è nemmeno quel seppellimento del libro cartaceo che gli americani minacciano/millantano da tanto tempo.
Dinamo, hai dimenticato l’argilla: ah, la durevolezza delle tavolette di argilla! Che matericità, che leggerezza!
Il punto invece è la capacità del mercato italiano, e questo sembra avere dimensioni abbastanza piccole, tali da permettere solo investimenti assai attenti, in cui la componente maggiore è la qualità del libro, e dove la multimedialità spinta ha costi troppo alti in rapporto alle vendite.
Un testo è materiale contundente pur essendo solo una fila di lettere e spazi, mentre una applicazione vera e propria funziona bene forse solo nel campo dei giochi, ed anche lì ha costi di sviluppo piuttosto alti.
Staremo a vedere come cambierà il mercato ebook in Italia con l’arrivo del Kindle in Italia, presumibilmente crescerà parecchio, spero che questo sia uno stimolo alla diversità editoriale e non un trasferimento di ingegno e ricchezza nell’orto chiuso di Amazon e basta.
@Jan Reister
Il mio commento non lascia sfilacci di nostalgie, anche perché il libro di carta è qui, uno proprio sotto il mio braccio, basta che alzo un po’ il gomito… e lo alzo spesso.
Credo che la letteratura si coaguli male col supporto digitale, il kindle l’ho sperimentato e usato, è duro a leggere…
altre forme di testo invece sono fruibilissime in digitale, meglio che su carta stampata.
Credo quindi di aver risposto al tuo post con dati, non con stomachevoli risentimenti gastrici, né nostalgici.
Io difendo ciò che funziona, e investirei su ciò che funziona, e il digitale non può pensare nemmeno lontanamente di coprire la richiesta libraria, perché non è in grado di supportarla, non è questione di conservatorismo, è questione che, mi dispiace essere d’accordo con Umberto Eco, non vi libererete mai del libro…
Quel che ha scritto Dinamo mi sembra ineccepibile.
Dinamo perdonami se riporto delle tue porzioni di testo, lo faccio per cercare di far capire meglio quello che vorrei dire, poiché la tua disanima non mi trova molto d’accordo, fermorestando che anche a me piace il libro di carta e credo che resisterà, per una certa misura. Dici:
“In più, se l’ebook fosse stato davvero così rivoluzionario, e se ne parla dal lontano secondo dopoguerra, avrebbe già sparigliato il libro cartaceo. Non l’ha fatto, e non lo farà. Quando uscirono le prime cassette per la musica, subito queste rimpiazzarono i vinili. Poi i cd spazzarono le cassette, ora gli mp3 e quant’altro hanno pensionato anche i cd… come mai la gente continua massicciamente, soprattutto i giovani, a prendere libri invece che ebook.”
Qui temo che sia solo una questione di diffusione del supporto. I tablet se non erro provarono a lanciarli negli anni 80, ma nessuno sapeva che farsene. Oggi i politici se li portano in tv per far vedere che sono al passo coi tempi. Ora, tu mi dirai che ne viene fatto un uso diverso da quello del libro. Io ti ico che temo sia solo per il momento. Una volta che fai passare “popolarmente”il supporto, (come fu per l’ipod) e esso diviene di uso comune, l’uso che se ne può fare apparirà molto più chiaro. E un tablet ti permette, una volta che tutti gli ebook avranno uno stesso formato, di avere uno unico strumento per la “lettura”, lettura proprio tra virgolette, che comprende giornali o libri o testi di altra natura. Io farei abbassare i prezzi dei tablet e convergere i formati prima di sancire un definitivo trionfo del libro. Inolte non puoi certo dirmi che non vedi comodo avere decine di libri da poter leggere con te, tutti contenuti in unico sottilissimo strumento, piuttosto che chili e chili di pagine. Questo non si può negare, altrimenti staremmo ancora tutti usando i cd.
“Pur non volendo parlare dell’enorme pericolo che i files hanno di danneggiarsi e scomparire, deteriorarsi, e quindi di mandare in malora la “memoria del mondo” conservata egregiamente finora dalla carta, io che ho provato a leggere romanzi su supporto kindle non sono mai riuscito ad arrivare in fondo. La leggibilità dell’ebook è limitata, si saltano inevitabilmente dei righi, la sua durata è confinata alla carica d’una batteria… Certo non ingombra, ma chi può mettere la mano sul fuoco che tra trent’anni il romanzo pubblicato su files da X arriverà nelle mani di Y come oggi mi arriva un romanzo cartaceo di Gadda pubblicato nel ’65? tanto per non andare troppo indietro cogli incunaboli e le cinquecentine ecc.”
Questo purtroppo è un problema vero, ma se proiettato nel tempo. Uno tende a pensare, ossignore, una volta che non ci sarà più la corrente elettrica non ci sarà più tutto il sapere umano, che se ne andrà in uno scarico assieme a tutti i files inesistenti. Concordo, è una visione realistica e perplime anche me, ma d’altronde anche degli egizi c’è rimasto poco. Pazienza. O dobbiamo per forza credere di essere immortali? In questo caso saremmo scrittori e non lettori, è una sindrome tutta loro quella. ;) In ogni caso il libro stesso non è “per sempre”.
“L’ebook si sta rivelando per quello che è, un supporto importante per fare ricerca, laddove con pochi comandi si possono rovesciare pagine e pagine senza consultarle; si sta rivelando utilissimo come supporto per leggere l’articolo di giornale che non ha davvero più senso vederlo spalmato sulla carta riciclata… (ma almeno c’è analogia con quello che scrivono)…
Io credo che l’ebook, comodo e duttile, debba trasportare oggetti perituri, di velocità, non di eccessivo impegno, giacché tecnologicamente non fa il parimerito coi grandiosi vantaggi del cartaceo. Specie quindi in ambito letterario, dove si legge molto testo.”
Qui temo che ti fermi alla concezione dell’ebook come un libro che si sfoglia. La promessa ancora implicita che fa l’ebook, a mio modo di vedere, non è quella di farti un manoscritto digitale tale e quale, ma di ampliarlo. Noi a tutt’oggi consideriamo la lettura come bidimensionale, un continuum lineare dove le cose accadono una dietro l’altra. Bene, l’ebook questa cosa la amplia e in un certo modo la sovverte. Non sarà più un semplice libro ma un libro espanso. E guarda che gli scrittori, alcuni, viaggiano o viaggiavano già in questa direzione senza sapere delle proprietà dell’ebook. Un esempio eclatante è David Foster Wallace con le sue centinaia di note e note alla note stesse, oppure, nell’ultimo racconto di “Considera l’aragosta”, ossia “Commentatore”, si può notare, nell’intenzione dell’autore di riportare bidimensionalmente su una pagina, mediante l’uso di frecce e rimandi quello che l’ebook può fare spontaneamente. E ti dico di più. Non credo che questa cosa possa non avverarsi, ossia la nascita di questi libri espansi e non più bidimensionali, perchè già navigando su internet tutti noi stiamo sperimentando e abituandoci a questo sistema dell’entrare in una cosa che entra in una cosa che entra in un’altra cosa. Quindi non dobbiamo immaginare un libro, ma qualcosa d’altro al libro. E sono d’accordo che è una cosa terribile e al tempo stesso affascinante che ci pone davanti una serie di problematiche e interrogativi nuovi. Poiché, faccio un ultimo esempio e concludo, di fronte a un ebook particolarmente ricco di rimandi e svolte e link interni – che a volte potrebbero far seguire a lettori diversi strade diverse nello stesso libro, proprio come nei vecchi libri game – ci sarebbe il fatto concreto che sebbene noi si abbia letto lo stesso ebook non è detto che si sia letto le stesse cose, nello stesso ordine. E questo è un mondo nuovo, sia per il lettore, che per l’autore, che per la critica.
Staremo a vedere.
Alessandro, porziona porziona che ad essere smembrato e isolato a pezzi mi diverto… già altrove.
Comunque, a parte le ciance per far pagliacciata, le due obiezioni iniziali che fai mi vedono freddo, nel senso che la partita si gioca sempre sulla leggibilità e la materialità, e la prima adesso sta avanti col libro di carta; (possono ad ogni modo e in ogni modo migliorarlo, è vero, me lo auguro anche io perché portarmi dietro tutta la biblioteca Nazionale è vantaggioso – forse). Ma se ho difficoltà a sleggiucchiarmi un solo libro, che cosa me ne fo dell’intera biblioteca di Borges?
Sulla conservazione della memoria del mondo… mbè su quello aggiungo, a detrimento del mio discorso (sono di genere generoso), che la carta che usiamo adesso (ricavata dalla cellulosa del legno) s’ammacca facile, col tempo… una libreria con quella carta non so quanto può durare ma è difficile superi indenne il secolo e un quarto (arrotondiamo per difetto)… i libri prima dell’ottocento li facevano colla pasta di stracci, c’era dentro di tutto, pure le mutandine della regina, la camicia di fustagno del contadino, gli spacci del Re Sole… forse è più commemorativa la carta in sé che quello che vi si è vergato sopra. Pare da stime attendibili che un libro di carta “straccia” possa durare anche mille anni…
Comunque anche la carta di cellulosa mantiene più dei files, ma di più per parecchie volte.
All’ultimo tuo punto dico: Alessandro, secondo me dobbiamo campare tutti, mica vorrai buttare a mare tutta la classe di scrittori che abbiamo? (quasi quasi eh…). Ma se quelli scrivono male coi formati di adesso, sono costretti a mille salti immortali per cavarsi d’impaccio, pure andare alla televisione di stato che Buffoni non si sa come la vuole, che pesci debbono prendere coi formati ipertestuali? Capisci da te che osteggiano loro in primis una rivoluzione. Gli scrittori da noi sono tutti per il passato, remoto.
Non penso che l’ebook rivoluzionerà i modelli del romanzo e quindi che la lettura personalizzata, quella sismografica ed ipertestuale, non avranno luogo se non in edizioni fatte apposta, di divertimento, come già oggi abbiamo con i libri-game e cose gemellari. Io credo che l’ebook renderà sempre più chirurgicamente consultabile il libro, e quindi veloce, ma non credo che farà grandi rivoluzioni susseguenti. Non ha l’autorità per farlo, anche se la tecnologia sbrana il tempo… per ribellioni umanistiche del genere ci vogliono tempi e tempi, altroché kindle epub e diavoli uniti.
Tieni presente, e chiudo, che l’ebook non abbatte il prezzo del libro in sé, lo riduce di poco perché oggi non è la carta a costare nell’indotto lavorativo, ma gli sforzi impiegate per costruire l’edizione, i copyright (e il lato distributivo) cose che restano, abbassate certo, ma restano, anche nell’ebook.
“Tieni presente, e chiudo, che l’ebook non abbatte il prezzo del libro in sé, lo riduce di poco perché oggi non è la carta a costare nell’indotto lavorativo, ma gli sforzi impiegate per costruire l’edizione, i copyright (e il lato distributivo) cose che restano, abbassate certo, ma restano, anche nell’ebook.”
Come non lo abbatte, il prezzo? Lo abbatte eccome. Il lato distributivo non esiste con l’ebook, perché lo scarichi. Forse intendevi dire che qui in Italia vogliono farci credere che dobbiamo comprare un ebook allo stesso prezzo del libro. Questo sì. Ci stanno provando. Ma la pirateria gli farà fare un brutto risveglio, se ci provano. E poi c’è la cosa belissima di amazon che è sbarcata in Italia, hai sentito? Questi matti vogliono dare il 50-70 per cento all’autore. Ci pensi?
Rimane il fatto che vanno pagati, e giustamente, quanti curano e selzionano e rendono diosponibile un ebook. I venerandi e le Averame di Quintadicpertina, per fare un bell’esempio. Perbacco se devono essere pagati, secondo me. E anche gli autori. Sono i distributori e le librerie che spero ci rimetteranno. Ma staremo a vedere, come dicevo. Chi lo sa che piega prenderà questa cosa, qui in Italia ormai siamo abituati a tutto, anzi, al peggio del tutto.
La distribuzione scompare certo, i libri si scaricano, ma il ribasso del prezzo è minore di quanto molti credono, Alessandro. Non dico che costerà uguale, non sono tocco, ma nemmeno pochi spicci. da quello che so il rapporto è dieci il cartaceo, sette l’ebook. cose del genere. c’è un bell’abbassamento di prezzo, ma non si può parlare di abbattimento perché dietro il libro c’è quel lavoro che anche tu giustamente credi vaga retribuito.
In Italia tante cose fanno schifo, ma l’editoria fa proprio uno schifo a sé.
Non credo sai, spero che intervenga Maria Cecilia ad aggiornarci meglio ma se vai sul loro sito, dico loro perché l’articolo si apre con un suo intervento, gli ebook costano dai due ai sei euro delle edizioni speciali. Oh, magari mi sbaglio, ma il prezzo è decisamente, o meglio, dovrebbe essere decisamente più basso, perché quello che porta via dei gran soldi dal prezzo di copertina di un libro cartaceo non sono i diritti d’autore o il lavoro di chi ha editato e stampato il libro, ma la percentuale della casa editrice e del distributore. Io la so così.
Su un libro che costa 14 euro un autore (medio, non star) prende circa 1 euro.
se l’ebook costasse 3,5 euro e l’autore prendesse ancora 1 euro significherebbe che i diritti, rispetto al cartaceo, sarebbero quadruplicati. Fate voi i conti.
Il prezzo di un libro a stampa, secondo quanto discusso anni fa qui, è più o meno:
60% distribuzione e dettaglio (distributore e libreria)
3% tipografia (forse meno)
30% editore
7% autore
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100% totale
Un ebook ha costi di distribuzione dal 5% al 30% ed avremmo quindi circa:
15 distribuzione
30 editore
7 autore
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52 totale (fate voi le percentuali)
Tuttavia il rapporto tra le varie voci del prezzo non è stabilito da alcuna legge fisica, ma è legato alle particolari condizioni del mercato librario fisico ed agli investimenti che un’impresa deve fare per esserci. Nulla vieta che la percentuale dell’autore (o del traduttore) di un ebook sia ben più alta, ed infatti così accade in numerose situazioni dove l’autore può prendere dal 40 al 70% del prezzo. Nulla vieta poi che il prezzo di vendita sia piuttosto basso, sui 3-6 euro, per esplorare le possibilità economiche di scala.