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Art of dancing

di
Francesco Forlani
In uno dei più bei film sull’arte della danza, il momento più alto si raggiunge quando il giovane protagonista, al suo provino per entrare in una prestigiosa scuola, deve rispondere alla commissione sul perché della sua passione.

Billy, posso chiederti quali sensazioni provi quando danzi?
– Non so, all’inizio sono un po’ rigido. Ma dopo che ho iniziato, mi dimentico qualunque cosa ed è come se… come se sparissi. Come se dentro avessi un fuoco. Come se volassi. Sono un uccello. Sono… elettricità. Già, elettricità.
(dal film “Billy Elliot” di Stephen Daldry)

Mi è venuto in mente questo dialogo perché ho da poco lasciato Lipsia, patria di Bach, in una improbabile arte della fuga che ha dettato la sua partitura a questi miei giorni ma forse la vera ragione è perché a Röchen, poco distante da Lipsia, veniva sepolto Nietzsche, colui che più di tutti fece del pensiero una questione di movimento, che “incede a passo di danza”. La creazione artistica, che si tratti di pittura, musica, letteratura, è sostanzialmente danza, e la danza è principalmente energia e l’energia non ha morale, che poi vorrebbe dire che un passo comunichi la verità, che la bellezza di un movimento anticipi la verità, come se non sapessimo che non esiste una cosa bella, un passo vero, un movimento giusto. Infatti la Nona di Beethoven, più particolarmente il quarto movimento, noto come Ode an die Freude., dal poema di Schiller, la troviamo alle Olimpiadi della Berlino nazista e subito dopo come Inno della neonata Europa, con una naturalezza tale da diventare in Arancia Meccanica di Stanley Kubrik, il simbolo stesso di come un’opera contenga al proprio interno il male e la cura di esso. L’energia è così. Non si può controllare, è inodore, incolore, non ha sesso. Non si può evocare che la vedi ma ogni volta che un’opera supera la soglia della mera esecuzione, della giusta composizione, libera la stessa energia di una sedia, sì proprio quella sedia di Vincent con la solarità di un girasole nell’intreccio della seduta, la pipa e il tabacco.

Col Nijnsky appare per la prima volta la geometria pura della danza liberata dalla mimica e senza l’eccitazione sessuale. Abbiamo la divinità della muscolatura. Vi sono molti punti di contatto tra l’arte di Isadora Duncan e l’impressionismo pittorico, come pure tra l’arte del Nijnsky e le costruzioni di forme e di volumi di Cézanne.

Scrive Marinetti nel suo manifesto per la danza futurista. Nijinsky come Van Gogh completamente sovrastato dalla energia, dalla follia, dal silenzio. Così pare quasi di sentire i fragore degli elettrodi piantati nel cranio del povero Momo, Antonin Artaud, rivoluzionario dell’arte della parola balbettata, doppiata, morsicata.
Quello che accade con le opere d’arte è che la loro conoscenza è quasi sempre un atto di consapevolezza che nulla ha dell’usufrutto, o della frequentazione di una scuola, di un salotto, di un’accademia. Quel che succede è simile a un moto violento che sembra sedarsi solo quando chi la viva, ne venga come colpito, fino a piangere, o a danzare.

Testo pubblicato a Gennaio nel catalogo- rivista della mostra Futurismoltre, a cura dell’Arch. Giancarlo Pignataro

6 COMMENTS

  1. Quello che accade con le opere d’arte è che la loro conoscenza è quasi sempre un atto di consapevolezza che nulla ha dell’usufrutto, o della frequentazione di una scuola, di un salotto, di un’accademia. Quel che succede è simile a un moto violento che sembra sedarsi solo quando chi la viva, ne venga come colpito, fino a piangere, o a danzare.

    http://www.youtube.com/watch?v=6OwdlKiB_ro

  2. mi hai ricordato, poliedrico effeffe, una frase famosa e affascinante, ripresa recentemente da Alex Ross in “Senti questo”, sulla cui storia puoi guardare
    http://www.paclink.com/∼ascott/they/tamildaa.htm

    Talking about music is like dancing about architecture

    Certo, la frase sembra escudere la descrizione di linguaggi che non possano costruire anche metalinguaggi, ma proprio nella sua iconicità apre tutto un mondo di sensazioni, come il tuo articolo

  3. sono d’accordo con gigi la spina ma tutto il discorso mi ha ricordato i saggi del grande frosiçon. un abbraccio

  4. l’ho appena tradotto forse je suis sous sa mauvaise influence. Però ti confesso che preferisco i suoi saggi gastronomici, e di tutta la produzione saggistica il pamphlet “senti chi pirla ” effeffe

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017