The Betty Davis Variations (1)

di Andrea Inglese

A 12 anni “Boy Music” (settimanale apparso nel 1979 e deceduto nel 1984) entra nella mia vita. È un’evoluzione di un precedente “Corrier Boy”, a sua volta figlio del veterano “Corriere dei ragazzi”. Debbo a uno speciale sul rock contenuto in “Boy Music” la scoperta dei Beatles e dei Rolling Stones. Sembra l’inizio di una canzone scema, ma è molto peggio. I Beatles, molto bene. Mi piacciono. Hanno l’aria simpatica e sbarazzina. Ma la foto dei Rolling Stones è abbastanza inquietante. Chi sono questi figuri? Si capisce che è un’altra pasta rispetto ai Beatles. Non saprei dire perché: questione di capigliatura, abbigliamento, posa… Forse è semplicemente una questione lombrosiana: i tratti somatici di Jagger, Richards, Jones, Watts, persino quelli di Bill Wyman. Le facce. Che facce! D’accordo, tutto risaputo, strarivoltato dal marketing della nostalgia, ma così fu comunque, anche nella percezione eminentemente individuale del sottoscritto, in un appartamento della Varese del XX secolo.

Dunque, vedo la foto, e mi compro la prima cassetta dei Rolling Stones. Si tratta di una raccolta doppia, intitolata 30 greatest hits (ABKCO Records, 1977), sei riquadri fotografici in copertina, incluso Mick Taylor. Si tratta di tutti i 45 giri dei Rolling Stones, lato A e lato B, da Not Fade Away a Brown Sugar. Una distribuzione delle canzoni apparentemente cronologica, ma con un trucco, che non so più se è un baco mnemonico mio, o un’astuzia perfida dell’ABKCO Records. La prima canzone del lato 1 della prima cassetta è (I Can’t Get No) Satisfaction. Insomma, avete capito cosa ciò voglia dire. Nessuno ha mai ascoltato Satisfaction “per la prima vota”. Satisfaction è archetipica, è sempre un déjà vu, nessuno può dire quando, ma l’ha sempre già ascoltata, in una festa precedente, in una vita precedente. Di 30 canzoni, solo Satisfaction mi piaceva. Ma più che piacermi, Satisfaction era la “buona novella”, la verità che cercavo, e Mick Jagger, assieme allo spettrale Keith Richards, posato al suolo come su trampoli fragilissimi, erano i miei due messia, pronti a farmi varcare la soglia dell’autoerotismo eterno.

Rock ed erotismo, dunque, sono emersi così, binomio indissolubile legato agli sculettamenti di Mick Jagger, un autoerotismo isterico, ovviamente, in perfetto tempismo puberale. Non si confonda l’autoerotismo con la banale, rigorosa, abitudine alla masturbazione quotidiana. La masturbazione era un fatto burocratico, si trattava di timbrare il cartellino varie volte al giorno, come un impiegato modello. L’autoerotismo istrionico suggerito dagli Stones era un’altra faccenda. Esso si basava sul differimento del godimento, attraverso la modulazione degli ancheggiamenti, degli autostropicciamenti, dei rollii labbiali e linguali, dello strabuzzamento occhi, ecc. E in tutto ciò un bel nervo interno, teso e tagliente, di thanatos. Tutto questo semplicemente per dire, il legame musica-erotismo si è inizialmente fatto sotto forma rock e imitativa, attraverso l’identificazione con il signor Jagger. Solo in seguito, molto più tardi, la palla è passata definitivamente alla radice blues, e alle sue varie espressioni femminili, di cui la più incontrollabile e fulminante, quella magistrale, è rappresentata da quattro o cinque canzoni di Betty Davis, e grosso modo da un solo album, uscito nel 1974, They says I’m different. Vi lascio ascoltare la prima canzone di questo album, e per ora mi fermo qui.

Di seguito, il testo della canzone di Betty. (Per favore, volume a PALLLA!!!!!)

*    *    *

Gals, He’s a fine fine thang

(Ain’t he fine?)

Lord knows, he sure is fine

(Ain’t he fine?)

Gals, I can’t help myself

(She’s gonna do it)

(She’s gonna do it)

 

I’m going to do it until the cows come home

And when my goose gets loose

She’s gonna know

I’m still be getting it on

With him around, now

(Move it, move it)

 

I’m gonna move it slow like a mule

(Go on and move it, gal)

I’m gonna love him funky free and foolish

I’m gonna do my best

And try hard to get him

 

(Ain’t he fine)

Just take a look at that child

(Ain’t he fine)

He’s enough to drive a poor gal wild

(Ain’t he fine)

Take him in, check him out

I’m gonna!

(She’s gonna love him)

(She’s gonna love him)

 

I’m gonna shoo-b-doop all night

(Go on and love him, gal. Go on and love him, gal)

I’m gonna try him out until the sunrise

And when clock strikes twelve

(Shoo-b-doop and cop him)

 

(Ain’t he fine?)

Gals, He’s a fine fine thang

(Ain’t he fine?)

Lord knows, he sure is fine

(Ain’t he fine?)

Gals, I can’t help myself

(She’s gonna do it)

(She’s gonna do it)

(She’s gonna do it)

(She’s gonna do it)

 

Yes, I’m gonna do it

(Shoo-b-doop and cop him)

(Shoo-b-doop and cop him)

I’m gonna do it till the cows come home

(Shoo-b-doop and cop him)

(Shoo-b-doop and cop him)

I’m gonna do it till the chicken croaks

(Shoo-b-doop and cop him)

(Shoo-b-doop and cop him)

I’m gonna move it slow like a mule

(Shoo-b-doop and cop him)

(Shoo-b-doop and cop him)

I’m gonna do it yes I’m gonna do it

(Do it, do it!)

(Move it, move it!)

(Shoo-b-doop and cop him)

(Shoo-b-doop and cop him)

Gals, he’s a fine fine thang

Lord knows, lord knows,

That’s boy he’s sure enough fine

17 COMMENTS

  1. a gina, hysteria, un flm?

    vabbé, vedo che il tema Satisfaction è ormai da arteriosclerotico con la gotta e la prostata in pezzi, nessuno più ha niente da dire o da eccepire… io mi aspettavo almeno un troll che dicesse che Satisfaction è stata scritta dalla CIA per far deviare la rivoluzione mondiale verso vicoli cieci di eroina…

      • e cmq nel film di ai di cui sopra, betty davis mai avrebbe detto a mick jagger “baby better come back later next week’Cause you see I’m on a losing streak”. (era una “non da sposare fucking pulp girl”, se il tipo la pigliava lo faceva lo stesso, se il tipo nn la pigliava niente scuse tipo c’ho le mie cose, nel senso che gli friggeva molto direttamente l’ego.)

    • Questa versione non la conoscevo. Notevole. Quanto all’erotismo, bè… Qui siamo verso lande leggermente frigorifere. Ad ognuno, il suo punto di ebollizione.

  2. quella brutta bestia di Tor (che non è il dio, bensì il trucca-IP) mi impedisce di inserire i link (problemi di “certificato” – non so neppure cosa sia) … comunque, le versioni di Satisfaction della Aretra e di Amanda Palmer sono facilmente trovabili

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.