da “La rabbia di me” (1)

di Alessandra Carnaroli

– signora fra un po’ gliela riportiamo così l’attacca –

e dove sul muro che sono tutta un dolore? mi sembra che mi è venuta fuori l’ernia dalle gambe, mi sembra che sono il fuoco che brucia sotto. l’attacco sul muro come se è la foto di un parente morto come se è un quadro coi cavalli, l’attacco al tram facciamo un giro la porto a comprare il ghiacciolo. mi hanno detto “complimenti è una femmina” io non lo sapevo non lo volevamo sapere fino all’ultimo, volevamo la sorpresa va bene tutto basta che è sana

– è sana? – gli ho chiesto quando quella gli slegava il cordone dalle spalle c’aveva il cordone girato nella schiena nel collo

– ma certo come la voleva di più? –

– la volevo che non urlava –

la volevo che non diventava tutta rossa che gli mettevano quella cosa nella bocca per togliergli il liquido non la volevo subito addosso

– un po’ prima mi ci devo abituare –

– le altre signore mica fanno così –.

– così come? –

– mica li scansano i figli come lei – e l’altra infermiera gli ha dato una sgomitata, ha fatto finta di niente ma io l’ho vista che gli dava una sgomitata come per dirgli “ma cosa dici così fai peggio” l’ho vista da in mezzo alle gambe con le cosine della pancia che ancora uscivano, con quella che mi teneva in braccio la figlia messa come un gatto nel telo di plastica.

– adesso la porto di là se no prende freddo, la laviamo, la mettiamo nell’incubatrice – .

– pesa tre chili due e cinquanta –

– chiama il ginecologo che gli diamo un puntino –.

il ginecologo è arrivato l’avevano svegliato erano le due di notte era spettinato, sapeva di caffè non mi ha chiesto niente, si è messo in ginocchio mi ha lavato con qualcosa mi ha dato un puntino mi ha fatto male.

mi ha chiesto

– maschio o femmina? –

io gli ho detto femmina mi ha detto

– bravissima che ha fatto tutto da sola –

ho fatto tutto da sola

– mio marito è rimasto fuori a lui gli fa brutto il sangue io che soffro –

– ah questi maschi – ha detto

– questi maschi c’hanno tutti paura sono meglio le donne cosa ha fatto l’inter tommaso? –

tommaso spazzava portava via la carta assorbente che aveva assorbito tutto il sangue gli avanzi di pelle la placenta gli ha detto che l’inter aveva vinto che lui doveva andare a dormire più tardi no alle sette così la vedeva anche lui la partita il gol di milito la coppa campioni, il ginecologo giovane ha detto

– schifosi interisti avete fregato tutto anche la coppa campioni adesso vedete il prossimo anno la roma cosa vi fa la roma vi spacca il culo –

e ha tagliato il filo è andato via coi guanti ancora nelle mani come se era lui il portiere dell’ospedale col camice al posto della maglietta a righe col gol nelle ghiandole.

mio marito era fuori a guardare il muro a guardare un po’ il cellulare se qualcuno lo chiamava così rispondeva subito, non lo lasciava suonare alle due di notte con le donne che partorivano, le donne che erano in travaglio, c’avevano le contrazioni che le facevano indurire tutte anche nei denti diventavano ferro stridevano come i freni di una macchina vecchia quando la porti a fare un giro la domenica pomeriggio.

io il travaglio è come se non ce l’ho avuto: sentivo i dolorini nella schiena, pensavo che con la doccia andavano via e invece no, sono rimasti sono diventati più forti ho detto a mio marito

– mi sa che è ora –

lui ha spento la partita fuori c’erano già i cori degli interisti che già pensavano di vincere le trombe che facevano l’aria pesante svegliavano i bambini facevano bestemmiare i vecchi sul letto.

– prendi la valigia– fa mio marito

– c’hai messo tutto? –

era un mese che c’avevo messo tutto: la vestaglia, la camicia da notte aperta davanti, la tazza e il cucchiaio, il corredino bianco che andava bene per i maschi e le femmine, le ciabatte, la saugella, il phon se avevo bisogno di asciugarmi i capelli, dicono che serve se ti tagliano serve per asciugare la ferita con l’aria calda.

ho chiamato mia madre per dirgli che partivo, gli ho lasciato la chiave sotto il tappeto così lei veniva e chiudeva bene le persiane, puliva la camera, lavava i piatti che gli avevo lasciati nell’acqua. c’avevo già un po’ di dolorini, non mi andava di lavarli, ho mangiato un gelato pensavo che era per quello, che mi si era bloccata la digestione e invece era il travaglio.

la strada era vuota c’era solo il mal di pancia che cresceva, prendeva tutto lo spazio nella macchina nella strada nel cielo e poi andava via, non si sapeva dove finiva restava sul ponte dell’autostrada a buttare i sassi come è successo alla letizia col marito di fianco. quello poveretto piangeva e non credeva di averci vicino questa cosa dolorosa che prima era sua moglie coi soldi giusti per il casello e dopo non era più niente.

all’ospedale mi hanno messo su una sedia a rotelle, mi hanno fatto visitare da una dottoressa con le unghie rosse c’avevo già la dilatazione completa

– qui bisogna che vai subito in sala parto, dovevi venire giù prima. com’è che non ti sei accorta di niente?–

non mi ero accorta di niente la mia pancia si apriva era ora di farlo non ho fatto in tempo neanche a cambiarmi a mettere la camicia da notte ho partorito con la maglia del pigiama sopra e sotto niente.

– signora lei va diretta in sala parto suo marito entra? –

– no è meglio –

io lo guardavo così magari cambiava idea ma non la cambiava non mi guardava neanche gli vedevo la fronte bassa che ci nascevano pochi capelli le mani nelle tasche sembrava che aspettava di comprare il pane sembrava che stava in fila per ritirare qualcosa alla posta e invece ero io che partorivo.

– dai signora che ce la fa anche da sola, cos’è questa moda di averci i mariti dentro? che alla fine danno solo fastidio impicciano svengono anche –

e mi hanno portato dentro con la carrozzella io ci stavo sopra piegata e vedevo mio marito sempre più lontano sempre più appannato era come una macchiolina sull’occhio con le scarpe da ginnastica slacciate.

– deve fare la pipì? – ha chiesto l’infermiera che mi spingeva

– devi fare la cacca? –

– non lo so sento che mi spinge forse è la cacca –

– no quella è la testa che preme sull’intestino ti dà lo stimolo prova a fare la piscia – mi ha aperto la porta del gabinetto non volevo alzarmi

– dai che ce la fai –

–come faccio?–

– eh dite tutti così ma alla fine ce la fate dai forza – e mi ha tirata su e come sono in piedi mi viene una gran contrazione mi sembra che la faccio addosso la cacca la piscia tutto

– dai mettiti sopra ma non ci toccare se no ti si attaccano i germi – e stavo col sedere in aria e mi sembrava che quella mi voleva far partorire dentro al water me lo voleva affogare

– fai la piscia signore gesù cristo così dopo ti mettiamo sdraiata dopo stai meglio – alla fine ce l’ho fatta ho pisciato e m’hanno messa sul tavolo con le gambe larghe mi sembrava che mi tenevano per i piedi avevo caldo c’avevo i brividi l’ostetrica è arrivata ha messo i guanti mi ha controllato dentro ha detto

– questo lo facciamo bene facciamo subito tu quando dico spingi tu spingi se no stai buona –

io mi giravo di qua e di là volevo stare in piedi volevo mettermi tutta giù come se dovevo fare la cacca ma qualcuno mi teneva i piedi mi ha detto

– prendi le ginocchia – mi ha detto

– spingi!– io ho spinto

– brava brava così– io ero brava bravissima facevo quello che mi diceva l’ostetrica non protestavo l’infermiera mi teneva il collo respiravo

– uno due tre spingi! ecco la testa eh quanti capelli dai brava spingi… aspetta spetta sta bona –

c’era questa testa che pendeva e lei gli girava il cordone

– oddio muore –

– no stai calma respira c’ha il cordone nella schiena respira spingi –

spingo e mi sembra che mi tolgono lo stomaco il filo della schiena le gambe sono un pesce che mi vogliono pulire mi vogliono mangiare

– è una femmina – e urlo come se una mano è passata da sotto e mi ha dato fuoco.

– non ce la faccio –

– hai finito che bella bambina è una bambina la vuoi mettere sopra? fa bene ai bambini sentono l’odore della mamma –

io gli vedevo solo la pelle bianca le mani lunghe come quelle dei conigli un piede e urlava veniva fuori dal petto dell’ostetrica dalla sua cuffia verde dalle scarpe dai capelli ossigenati veniva fuori da lei come un ramo secco una liana una pianta cattiva voleva uccidermi girarmi il collo tirarmi gli occhi per giocare a palla mi bucava fino dall’altra parte fino al muro con l’intonaco di ferro

– portatela via –

– adesso gli facciamo il bagno gli diamo il collirio e poi gliela riportiamo così l’attacca –

*

La rabbia di me

perché uscita tutta fuori subito, perché di me molto più di qualsiasi altro testo: mie le acque rotte, mie le bocche da chiudere bucare stappare. affamare affannare. tre. spinga spinte.

signora. forza, forza.

dice di donna-io paura immensa-

col figlio sola

col figlio solo resta.

4 COMMENTS

  1. Ho dei dolori alla schiena, nello stomaco, tra le gambe. Ho fatto tutto, sono stato bravo. Ho…abbiamo…hai partorito. Siamo noi che restiamo attaccati al muro.
    Complimenti. Vivi. Nati.

  2. Accidenti a voi di NI: mi trovo fuori casa per una settimana e Buffoni, Inglese e Raos pubblicano 3 post uno piú
    interessante dell’altro. :) Vorrei scrivere di piú, ma attraverso lo schermo di questo smart phone é scomodissimo. Ci torneró sopra, per ora complimenti.

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andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.