Franco Buffoni: poesie 1975-2012
Di Andrea Inglese
L’Oscar Mondadori dedicato a Franco Buffoni antologizza 37 anni di attività poetica. Lo cura e introduce Massimo Gezzi, che nelle prime righe del suo saggio ricorda l’esordio relativamente tardo di Buffoni rispetto ad altri poeti della stessa generazione, come De Angelis e Magrelli. Io completerei l’osservazione di Gezzi, aggiungendo che Buffoni non solo ha esordito tardi, ma il suo stesso lavoro poetico giunge a maturazione dopo un lungo itinerario. Destino per certi versi opposto a quello di De Angelis e Magrelli, che esordiscono giovani e con libri importanti, di riconosciuto talento. Per loro, però, seppure in gradi diversi, la difficoltà maggiore è consistita nel rimanere fedeli all’intensità del primo libro, senza rischiare la replica o la diluizione. Il percorso di Buffoni è più laborioso ed esitante: nella formazione della sua scrittura giocano sia resistenze di carattere biografico sia una ricchezza di influenze, che faticano a trovare un punto di convergenza. Ad un tratto, però, queste diverse tensioni psicologiche e culturali sembrano giungere ad una semplificazione efficace e feconda. Il punto d’avvio di questa stagione è un libro del 1997, Suora carmelitana e altri racconti in versi, e culmina con due opere in versi e una in prosa: Il profilo del rosa (2000), Guerra (2005) e Più luce, padre (2006). All’allusione colta e criptica, che aveva per anni caratterizzato una parte della sua produzione, Buffoni preferisce ora un modo descrittivo più frontale e aderente alle cose, in una lingua sobria e precisa. Se la parola si fa più denotativa e asciutta, così non è per la figurazione, che predilige lo scorcio inusuale, la visuale radente. (I testi migliori di Buffoni sono sempre delle narrazioni congelate in un’immagine ferma.) Da un punto di vista tematico, l’autore avvia l’ambiziosa ricerca di una sintesi tra memoria individuale e collettiva, muovendo dall’esperienza della propria condizione omosessuale. Quest’ultima fornisce a Buffoni una chiave di lettura per la storia clandestina e tragica delle minoranze. Di questa storia, l’omosessuale non è il simbolo riassuntivo, ma uno dei tanti e diversi nomi. La vicenda personale, incentrata sul conflitto con il padre autoritario per un riconoscimento impossibile, costituisce l’occasione per una riflessione di portata storico-antropologica sul rapporto tra le istituzioni e la gioventù che attraverso di esse viene plasmata o schiacciata. Ma Buffoni non allestisce scenari basati su dicotomie semplici. A complicare il rapporto coercitivo tra istituzione e individuo, tra ordine sociale e spontaneità del desiderio, interviene una riflessione laica e illuminista sulla natura. Ne emerge un impianto tragico, in cui la crudeltà naturale delle specie viventi emerge rafforzata nei dispositivi meramente umani delle istituzioni storiche, come la chiesa o l’esercito. Siamo, insomma, di fronte ad un complesso di preoccupazioni tematiche e di strumenti stilistici che eccede di molto il paradigma lirico. Il carattere sofisticato e compiaciuto di certi componimenti delle prime raccolte fa spazio alla complessità architettonica dei due libri citati. Se la lingua si fa più piana, le dimensione semantica si arricchisce in virtù dei continui rimandi tra il singolo testo e l’intera serie. L’intensità lirica dei vissuti è mediata sia da un cospicuo lavoro di documentazione che dalla riflessione sul rapporto tra individuo e collettività. È all’interno di questa configurazione d’intenti e materiali che si collocano e acquistano forza i singoli testi di Buffoni. Ed è questa configurazione che rende la sua produzione poetica particolarmente originale.
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Su Franco Buffoni, Poesie 1975-2012, a cura di Massimo Gezzi, Mondadori, Milano, 2012.
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[Questo articolo è apparso su “alfabeta2”, n° 21, luglio-agosto 2012.]
Già, la presentazione a Napoli me la sono persa scholae causa (sigh).
Grazie anzitutto a Andrea Inglese per avere ripubblicato in questo blog a me tanto caro la sua recensione al mio Oscar. Quanto a Daniele, che mancò all’appuntamento di maggio, don’t worry, c’è rimedio: quest’anno sono in giuria al Premio Napoli, quindi ci verrò spesso. Mercoledì 10 ottobre, per esempio, alle h 17 terrò una conferenza sulla traduzione del testo poetico a Palazzo Reale (presso la sede del premio) e alle h 19.30 al Chiaia Hotel de Charme di via Chiaia farò una lettura proprio dall’Oscar.
Grande abbraccio a Andrea, a Daniele e a tutti gli amici di Nazione Indiana. franco
Colgo l’occasione di questo post per fare i complimenti ad Andrea Inglese, il cui intervento è lucidissimo ed esaustivo nella sua sinteticità; i complimenti vanno naturalmente anche a Franco Buffoni, al quale auguro di continuare a donarci ancora tanta poesia così profondamente immersa nel nostro presente sia individuale che collettivo.
Franco Buffoni è un poeta nel suo sguardo acqua. sa con tratti di pittore svelare un detaglio. Questo detaglio concreto prende un senso filosofico, a volte tragico. Ma si sente una fame di vivere, di fare sentire l’amore, in particolare omosessuale. Mi è dato un regalo di incontrarlo a Sète per una giornata: parla un francese perfetto- con questo tempo filosofico di silenzio tra due parole, con la sua gentillezza ti fa sentire che sei nel mondo- con te.
Un abbraccio caloroso a Franco e Andrea da Roma. Ho lasciato con il cuore triste Napoli questa mattina.
Nella stazione Termini, ho trovato ieri, scendendo le scale della libreria- come viaggio iniziatico- la raccolta di poesie di Franco Buffoni. Credo iniziare dalla parte “Roma” per risalire all’esordio.
Véronique, grazie! Peccato che sono ancora fuori Roma… L’idea che mi stai leggendo mi emoziona… quasi come il nostro gelato insieme a Sète in luglio… franco
E’ sempre una felicità essere nella tua compagnia o ritrovarti nella tua poesia.Con invenzione di lingua sai sottolineare un momento a Roma – Parlo della parte “Roma”- e dare vita agli abitanti di Roma- con vivace sensualità.
Un abbracccio,
véronique