Cecità o censura? L’ affaire Saramago

di

Paolo Valsecchi

saramago

Un blogger di nome Saramago 1

Nel settembre 2008 l’ottantacinquenne José Saramago, premio nobel per la letteratura, annuncia a tutti i suoi lettori l’apertura di un blog personale nel quale raccontare e riflettere, ma anche e soprattutto criticare e contestare il mondo contemporaneo e le sue assurde contraddizioni.Per Saramago, infatti, “Lo scrittore, se appartiene al suo tempo, se non è rimasto ancorato al passato, deve conoscere i problemi del tempo in cui gli è capitato di vivere. E quali sono questi problemi oggi? Che non ci troviamo in un mondo accettabile, anzi, al contrario, viviamo in un mondo che sta andando di male in peggio e che umanamente non serve» 2
Per il maestro portoghese, da sempre voce critica e controversa, il blog diventa un vero e proprio, “cahier de doléances”: «una raccolta di brani mordaci, intimi e polemici. Riflessioni in cui lo scrittore si permette di dire la sua sulle vicende di attualità politica, economica, culturale o sociale che più lo colpiscono. Ce n’è per tutti: da Bush a Blair, da Aznar al Papa e Fidel Castro, passando per Guantanamo, le colonie israeliane, Davos e Wallstreet» 3 Le parole usate non possono che essere forti, dure e incisive, soprattutto quando il suo obiettivo sono i politici (per fare un esempio, George Bush è definito «un cowboy che avesse ereditato il mondo e lo confondesse con una mandria di buoi») 4 o il sistema economico («Crimine contro l’umanità è anche ciò che i poteri finanziari ed economici, con la complicità effettiva o tacita dei governi, freddamente perpetrano contro milioni di persone in tutto il mondo […]» 5 Chi conosce Saramago non sarà sorpreso da queste parole: non ha, infatti, mai fatto mistero della sua militanza nel partito comunista portoghese già a partire dal 1969 (quando ancora operava in clandestinità durante il regime salazarista). Un comunismo “impenitente” il suo, tanto che alla domanda se avesse ancora senso oggi continuare a esserlo rispose: «Il comunismo, per me, è di natura ormonale. Oltre all’ipofisi, io ho nel cervello una ghiandola che secerne ragioni affinché io sia stato e continui ad essere comunista.»
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Chi scrive sul blog non è, infatti, il Saramago narratore, intellettuale e premio nobel: ma è anzitutto l’uomo e cittadino immerso nella contemporaneità che osserva, descrive, analizza e critica, spinto dal suo estremo senso della denuncia sociale, gli valse numerose critiche e accuse di essere un pedante pessimista e incappare in “eccessi di indignazione”.
Polemiche queste, che come illustrerò in seguito troveranno terreno fertile anche nel nostro paese, cui il Nobel portoghese non esiterà a controbattere con la sua solita forza espressiva: «Dicono che sono un pessimista. Io ribatto dicendo che sono i pessimisti a cambiare le cose. Chi è ottimista è felice e soddisfatto, quindi non ha nessun motivo per cercare di modificare lo status quo» 7 o ancora: «Mi riferisco ai miei addotti eccessi di indignazione. […] La mia domanda sarà dunque altrettanto semplice delle mie analisi: ci sono limiti all’indignazione?» 8


Un caso tutto italiano: la (mancata) pubblicazione

Scritti dunque controversi, pungenti e provocatori, come sono spesso state le opere e gli interventi dello scrittore portoghese. Tant’è che la pubblicazione libraria della raccolta dei primi sei mesi di interventi sul blog, sarà al centro di polemiche tutte italiane tra rifiuti editoriali e accuse di censura.
Ad aprile 2009 era infatti uscito in Portogallo e poi in Spagna O Caderno, la raccolta in volume dei post apparsi tra settembre 2008 e marzo 2009: tutti si aspettavano anche la pubblicazione in Italia da parte di Einaudi, che da circa vent’anni era la casa editrice del Nobel lusitano. Ma a sorpresa il libro verrà rifiutato.
Il motivo è rappresentato dai duri attacchi rivolti in alcuni scritti contro Silvio Berlusconi, capo del governo nonché proprietario della casa editrice. Saramago non lesina parole e non usa mezzi termini nei suoi confronti, definendolo in uno dei passaggi più contestati “un delinquente” e un mafioso.

«In effetti, nel paese della mafia e della camorra, che importanza potrà mai avere il fatto provato che il primo ministro sia un delinquente? In un paese in cui la giustizia non ha mai goduto di buona reputazione, che cosa cambia se il primo ministro fa approvare leggi a misura dei suoi interessi, tutelandosi contro qualsiasi tentativo di punizione dei suoi eccessi e abusi di autorità? O ancora: «Un voto che, con sommo gaudio di una maggioranza di destra sempre più insolente, ha finito per fare di Berlusconi il padrone e signore assoluto dell’Italia e della coscienza di milioni di italiani..» 9

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Il primo giornale a dare la notizia del rifiuto di pubblicazione da parte della Casa dello Struzzo, il 28 maggio 2009, è L’Espresso (subito ripreso da L’Unità) con l’articolo di Mario Portanova intitolato «Al rogo Saramago» che si interroga sulle motivazioni di una tale decisione:
«(Einaudi) ha fatto una scelta di mercato o ha imposto una censura? La nuova opera, infatti, contiene giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il proprietario.[…]Dall’’entourage dello scrittore filtra soltanto la conferma che Einaudi ha rifiutato il testo, dicendosi interessata solamente alle opere narrative di Saramago e non ai suoi saggi. Nell’ambiente editoriale, invece, viene citato esplicitamente il brano sui “vizi” berlusconiani come pietra dello scandalo».
10 Ovviamente le risposte dei diretti interessati non si fanno attendere. Il giorno seguente l’editore, tramite un comunicato stampa ripreso da molti giornali, difende la legittimità della sua scelta:
«Einaudi – si legge – ha deciso di non pubblicare O Caderno di Saramago perché fra molte altre cose si dice che Berlusconi è un delinquente. Si tratti di lui o di qualsiasi altro esponente politico, di qualsiasi parte o partito, l’Einaudi si ritiene libera nella critica ma rifiuta di far sua un’accusa che qualsiasi giudizio condannerebbe. […]Sarebbe allora grottesco che la casa editrice si facesse convocare un giudizio per diffamazione della sua proprietà con la certezza di venire condannata» 11

Da parte sua anche l’autore, intervistato dal Corriere interviene senza mezzi termini, ribadendo di aver rifiutato la richiesta di “edulcorare” le pagine più scottanti: «Ho conosciuto la censura durante la dittatura portoghese, l’ho sofferta e combattuta e nessuno in una situazione di apparente normalità democratica mi potrebbe chiedere di amputare una mia opera» 12
Ci sono tutti gli elementi affinché la polemica scoppi immediatamente: da un lato chi vi vede un vero e proprio atto di censura e dall’altro chi difende la legittima libertà di un’azienda nel seguire la linea editoriale che meglio crede e di non pubblicare un libro che ne diffama il proprietario.
Ad alimentare ulteriormente il dibattito contribuiscono anche alcune ulteriori pagine di Saramago comparse proprio in quelle settimane sul quotidiano spagnolo El Pais e sul blog, contenenti parole ancora più forti e attacchi diretti a quella che viene chiamata “la cosa Berlusconi”: un nuovo e peggiore “Catilina” che «non ha bisogno di dare l’assalto al potere perché è già suo, ha abbastanza soldi per comprare tutti i complici che siano necessari, compresi giudici, deputati e senatori» 13, un «virus che mi minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi» 14 Commenti che dunque, sebbene non siano direttamente implicati nella questione editoriale de Il Quaderno, godono comunque di enorme eco in Italia, presso una stampa sempre più schierata e che guarda con estrema attenzione agli interventi del maestro portoghese. Non è un caso dunque, proprio perché è anzitutto politico il piano su cui si dibatte, che sia soprattutto la stampa più vicina al governo quella che difende l’operato e la legittimità della casa editrice. In questo senso, emblematico delle varie argomentazioni addotte è il titolo dell’articolo de Il Giornale firmato da Caterina Soffici «Se scrivo in un libro che l’editore è un delinquente, lui è obbligato a pubblicarlo?» 15

Alcune riflessioni

La controversia, che si concluderà con l’abbandono di Einaudi da parte dello scrittore portoghese c con la pubblicazione de Il Quaderno presso Bollati Boringhieri, ha avuto il merito di fare emergere una serie di dati strutturali sulla situazione del nostro paese e in particolar modo sullo “stato di salute” del sistema editoriale. Saramago infatti, non “insulta il proprio editore” come hanno scritto alcuni commentatori filo-einaudiani (e filogovernativi?) ma critica anzitutto il capo del governo italiano. Ed è un certo senso “l’anomalia” del sistema italiano che fa si che le due figure si sovrappongano nella persona di Silvio Berlusconi. Questa, che può anche essere vista come una differenza pretenziosa e solo formale, credo sia invece un dato assolutamente importante per poter comprendere la vicenda, che si lega strettamente con il decennale dibattito sull’esistenza – o meno – di conflitto d’interessi. Il merito che certamente ha avuto Il Quaderno è stato quello di riaprire l’eterna questione del rapporto tra stampa e potere, dibattito che in Italia, proprio per le singolarità di cui sopra, ha un’importanza assolutamente maggiore rispetto ad altri paesi. Si spiega cosi il motivo di un tale interesse e di una tale eco suscitato dalla vicenda. E’ infatti un dato che il sistema editoriale italiano sia sempre più monopolizzato dai grandi gruppi editoriali, a discapito quindi del pluralismo. Situazione, a mio parere, già di per sé pericolosa e che nel nostro paese è aggravata dallo stretto legame tra media e politica.

Secondo i dati dell’Associazione Italiana Editori, infatti, i 3 più grandi gruppi editoriali (Mondadori, Rcs, GeMS) pubblicano il 50% della produzione libraria nazionale e in particolare il Gruppo Mondadori sfiora da solo il 28%. 16 E cosi, può persino capitare uno dei più amati, letti e venduti scrittori, premio Nobel per la letteratura, venga rifiutato.
Concluderei con l’amaro commento alla vicenda, che è anche invito alla riflessione lasciato da Vincenzo Consolo: «Mi è sembrata una storia davvero sgradevole, un caso di censura bella e buona, particolarmente grave visto che colpiva un autore della sua statura. E mi ha spinto a riflettere su come un’attività come la letteratura, per molti versi oggi considerata marginale, abbia evidentemente ancora la capacità di disturbare i poteri forti.» 17 Il risultato più forte ottenuto da Saramago con questi interventi è stato infatti la forte e intransigente rivendicazione della necessità, e della legittimità, del ruolo dell’intellettuale di essere vera e propria coscienza attiva della società civile.
Scrittore controcorrente, radicale, “eretico”: Saramago è uno scrittore che non ha mai avuto paura di schierarsi e che “obbliga” il lettore a fare lo stesso. Perché se anche non si dovessero condividere le sue idee, certamente bisogna riconoscerne il grande coraggio e la totale libertà di pensiero, il suo essere sempre contro ogni ortodossia e contro ogni “pensiero unico”. «Dissentire è uno dei diritti che mancano nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. L’altro è il diritto all’eresia.» 18

NOTE
  1. L’espressione riprende il titolo dell’articolo di Umberto Eco “Un blogger di nome Saramago”, La repubblica, 25 settembre 2009. L’articolo è possibile leggerlo all’interno di un accurato dossier Saramago pubblicato da Oblique 🡅
  2. Saramago J. L’ultimo Quaderno, trad. R. Desti, Milano, Feltrinelli 2010, pag. 114-115🡅
  3. In Cucchiarato C, “Einaudi: no a Saramago. “Diffama Berlusconi”, L’unità, 29-05-2009, pag,6🡅
  4. Saramago J, Il quaderno, cit. pag.24🡅
  5. Saramago J., L’ultimo Quaderno, Feltrinelli, pag. 184🡅
  6. Odifreddi P.G. “ Se si potesse globalizzare il mondo, starei dalla parte dei globalizzatori. Intervista a Josè Saramago” in Saramago J. Questo mondo non va bene che ne venga un altro, cit. pag. 51🡅
  7. Brocardo E., “Dite grazie ai pessimisti”, Vanity Fair, 30-09-2009🡅
  8. Saramago J, L’Ultimo Quaderno, cit. pag. 114🡅
  9. Saramago J, Il Quaderno, cit. pag. 153🡅
  10. Portanova M. “Al rogo Saramago”, L’Espresso, 28 maggio 2009🡅
  11. Baudino M, No a Saramago. «Diffama Berlusconi», La Stampa, 29 maggio 2009🡅
  12. Messina D, Accuse al Cavaliere nel libro. Einaudi rifiuta Saramago, Corriere della Sera, 29 maggio 2009🡅
  13. Saramago J, L’ultimo quaderno cit.pag 63🡅
  14. Ivi, pag.85🡅
  15. Soffici C. Se scrivo in un libro che l’editore è un delinquente, lui è obbligato a pubblicarlo?, Il Giornale, 30 maggio 2009🡅
  16. Dati ufficiali (riferiti all’anno 2010) forniti dall’Associazione Italiana Editori, consultabili sul sito www.aie.it🡅
  17. Carnero R. «Consolo: “Coraggioso e senza peli sulla lingua. Come lui ce ne sono davvero pochi”» l’Unità, 19 giugno 2010🡅
  18. Saramago J. L’ultimo Quaderno, cit. pag.174🡅

12 COMMENTS

  1. I sondaggi commissionati dai politici e dai loro lacche’ puzzano di broglio lontano un chilometro, siccome vengono utilizzati a fini propagandistici, noi, in linea con l’idea che la rete non mente e che difficilmente può essere imbavagliata o condizionata, abbiamo pensato di partire con l’esperimento dei sondaggi online, scegliendo il metodo del voto-unico associato all’account facebook che per molti motivi che non voglio discutere in questo commento rende molto difficile i voti multipli che falsano gli altri sondaggi on-line.In italia gli utenti FB sono 20 mil. su 57 in continuo aumento e rappresentano 1/3 della popolazione e rappresentano bene o male tutta la società.Se questo esperimento funzionerà (lo sapremo a febbraio) avremo un’altro strumento utile e libero che non potra altro che far bene alla democrazia. L’importante ora non sono i like che date alla pagina, ma il numero di votanti, quindi vi chiediamo di aiutarci e condividere con gli amici, grazie a tutti. http://www.nalsystem.com/stats/?p=25

  2. Saramago è un autore che apprezzo moltissimo. E il quaderno ce lo mostra cittadino impegnato, uomo attento e cortese, marito simpatico.
    Ricordo gli interventi dell’epoca sul rifiuto di Einaudi. Mettiamo per un momento da parte la “qualità” del capo di governo e la inammissibile confusione dei ruoli… Può l’editore decidere che il tale autore non gli sta (più) bene? Penso di sì.
    Al caso, sopravalutando il ruolo della letteratura. Del libro e del blog si parlò tanto proprio a causa del “respingimento”. Gli italiani, si sa, leggono pochino.

  3. Ragioniamo dal basso (da molto basso)
    Certo che un editore può rifiutarsi di pubblicare l’opera di un autore che pure fino a poco prima ha pubblicato. L’editore è un imprenditore privato e decide cosa e chi pubblicare.
    MA
    proprio perché è un imprenditore e dunque mira a far soldi, se davvero fosse un BRAVO imprenditore,non si lascerebbe scappare l’occasione di farne tanti, proprio in seguito alle polemiche sorte per i contenuti del testo di Saramago. Che dunque venderebbe molto bene. Ma evidentemente Einaudi non è interessato al guadagno che potrebbe venire all’azienda da quest’opera, né tanto meno al prestigio che da essa gli potrebbe in effetti derivare. Non sarebbe infatti molto più remunerativo anche per rinfrescare la molto appannata immagine della gloriosa casa editrice, pubblicare una voce tanto autorevole anche se stigmatizza il boss? Solo i dittatori hanno paura della verità e delle voci libere.
    Ma mi viene da pensare dell’altro. Mondadori pubblica Saviano, che pure denuncia la melma del nostro paese, in cui in fondo è coinvolto Berlusconi. Però è vero che Saviano evita accuratamente di toccare direttamente il padrone del vapore. E poi non è che Saviano abbia la statura letteraria di Saramago, che è pure un Nobel. Anzi, proprio non ha alcuna statura letteraria. Dunque forse, quello che davvero fa paura – ed è una bellissima notizia – è il potere della vera letteratura sulle coscienze. Il potere che hanno i grandi intellettuali sul modo di vedere le cose, quando mettono il dito sulla piaga e la chiamano col loro nome.
    Non fa paura COSA viene detto, ma la VOCE di chi lo dice. L’autorevolezza di chi lo dice! Questa è la confortante verità. E se in Italia avessimo più gente della stoffa di Saramago, forse non saremmo messi come siamo.

    • Di qualche Saramago avremmo un gran bisogno, non ci piove. Amerei molto condividere la tesi di Francesca: l’intellettuale autorevole ispirò a Einaudi un tal timore da indurre a rifiutare la pubblicazione per quanto remunerativa. Ci sarebbe di che confortarsi.
      La mia ipotesi, più volgarotta, è che sul momento non si ritenesse il Quaderno così profittevole. Forse non lo era (almeno per gli standard aziendali) e lo divenne proprio per l’atteggiamento censorio. Tuttavia prevedere l’esito polemico e un nuovo editore non era difficile. Lo staff Einaudi si dimostrò comunque sciocco.

  4. In Einaudi avranno vinto i più realisti del re.

    Ah, e se Saramago è diventato la voce che è diventato, è grazie alle cose che ha avuto il coraggio di dire e scrivere.

    Questo detto in margine a chi crede che José sia diventato Saramago tutto d’un colpo invece che quando ormai andava verso i sessanta.

    E non vorrei sbagliarmi, ma anche Saviano ha cambiato editore.

  5. chissà come avrebbe percepito a naso(o a orecchio) le notizie relative alla mancata circolazione degli autobus ieri a napoli credo replicata oggi a roma(mi piace pensare che stia conducendo un’affilata e mai cinica disamina dei fatti da un bar etereo della prospettiva,mentre noi soppesiamo le nostre catene)

    http://www.youtube.com/watch?v=hwdNYnv3uRw

  6. Due considerazioni, entrambe vere, nma la seconda più importante.
    – L’editore è libero di scegliere se pubblicare o meno i lavori degli scrittori che ha in esclusiva. Se la casa Einaudi non ha pubblicato il quaderno, peggio per lei, ma non si può obbligarla.
    – L’autore, però, a fronte di una mancata pubblicazione, ha il sacrosanto diritto, per quell’opera non pubblicata, di rivolgersi ad un’altro editore, malgrado e nonostante i contratti di esclusiva. Questo perchè il diritto di parola e opinione deve essere sancito aldisopra di qualsiasi accordo o contratto commerciale. Basterebbe una leggina di un solo articolo per aggirare per sempre ogni tipo di censura diretta o velata.
    Per il resto, lode al grande e compianto Portoghese, un gigante come ce ne sono rimasti purtroppo sempre di meno.

  7. Incredibile veramente questa storia. Non sapevo che era successo questo con “Il quaderno”!! Per fortuna nel momento della pubblicazione qui in Spagna al governo c’era la sinistra, quindi la destra (il partito di Aznar) non aveva la possibilità di vietare nulla.

    Grazie del testo!

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Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017