La miniera di fango

(Questo articolo è stato scritto quando ancora si disponeva soltanto del papa dimissionario, ma neppure l’aitante Francesco potrà più dormire sonni tranquilli. È di queste settimane, ad esempio, il lancio pubblicitario di Mea maxima culpa: silenzio nella casa di Dio di Alex Gibeny per la collana Real Video di Feltrinelli…)

Di Andrea Inglese

I credenti, quelli di verace fede cattolica, che ancora io presumo esistano anche nella miscredente Europa, dovrebbero avere mente soprattutto intesa ai misteri della fede, che sono un po’ come i mattoncini su cui si edifica tutta la dottrina loro, e anche la pratica, e di questi misteri poi, come la trinità divina e il ciclo incarnazione-ressurezione del Cristo, è proprio il re del Vaticano ad esserne sommo custode, e anche per ciò stesso infallibile, come già ratificava il previdente Pio IX nel 1870, con il primo Concilio. Ma è pur vero che questi stessi veraci credenti sono poi sottoposti alle brutture del nostro mondo, sempre più informatico e informato, un mondo in cui a sera, dopo la spesso lugubre giornata lavorativa, hanno voglia pure loro di distrazione, e di scandalo, e di godibile rimestamento dei fanghi. E di questo rimestamento, c’è una sfrenata golosità: sarà per vocazione di alcuni alla trasparenza democratica, sarà per tornaconto di altri, che sulla pagina stampata, o sul filmato audiovisivo, ci devono campare, e possibilmente bene, c’è comunque una grande fame di misteri. Perché un conto è una notizia data, un conto è un mistero violato, e rivelato. È questa una merce più rara, nel notorio profluvio d’informazioni in cui viviamo. È noto, perché spesso ribadito dai paesaggisti del contemporaneo, che il paradigma ermeneutico, costruito sul sospetto, sul disvelamento, sull’interpretazione di ciò che sfugge a una prima, serena, lettura, pare oggigiorno morto e sepolto, per via di Facebook, dove ogni frase o immagine dicono solo se stesse, in un’ilare danza della superficie cangiante. Nello stesso tempo, però, vi è questa diabolica convergenza tra apprendisti detective e venditori di fanghi: tra WikiLeaks e Vatileaks. E nulla sollecita maggiormente questa industria, profana e profanatrice, che il mistero: di Stato, bancario, sessuale. Questa epocale circostanza ha reso il Vaticano, e il suo monarca, insuperabili protagonisti dell’esposizione mediatica in questi ultimi anni. Essi, per questo loro stile medievaleggiante, fatto di opacità bancaria, barbariche e occulte pratiche sessuali, canagliesche faide istituzionali, hanno riscosso una straordinaria attenzione: una miniera di fango pare nascondersi sotto le tonache e le mitre. Il giornalismo anglosassone, che è più schiettamente secolarizzato del nostro, inaugura il filone, capendo che la domanda di scandalo incontra in Vaticano un’offerta (purtroppo) inesauribile. Un primo compendio di successo e ben documentato sui misteri tutti terreni e relativi alla violazione del quinto, settimo e decimo comandamento da parte delle gerarchie vaticane apparve nel 2003 a firma dello statunitense Paul Williams, The exposed Vatican. Money, Murder, and the Mafia. In quello stesso anno usciva anche The Da Vinci Code, che pur essendo assai meno documentato, divenne però un best seller mondiale. Del 2006, è invece il documentario prodotto dalla BBC Sex crimes and the Vatican di Colm O’Gorman, sul sistema omertoso della Chiesa nei confronti dei casi di preti pedofili. Con lieve ritardo, ma non senza efficacia, anche il giornalismo italiano ha cominciato a seguire il filone: il best seller di Gianluigi Nuzzi, Vaticano S. P. A., è del 2009. Ormai la via è aperta, e i libri-inchiesta si moltiplicano. Un titolo per tutti: 101 misteri e segreti del Vaticano, del 2011. A peggiorare le cose, infine, ci si mettono pure gli scienziati sociali. L’ultimo numero (gennaio 2013) dell’eminente rivista del Québec, Sciences religieuses, contiene uno studio intitolato I lati oscuri di Madre Teresa, realizzato da un’équipe di studiosi diretti da Serge Larivée, psicologo ed epistemologo, specialista per altro di pseudoscienza e frodi scientifiche. Nemmeno la neobeata è al riparo dal disincanto. Ma se il papa, infallibile nei misteri della fede, è poi fallito per i malcelati misteri del suo regno secolare, neppure il peso politico dei cattolici italiani è potuto essergli di sostegno: essi si sono misteriosamente dispersi ai quattro venti, lasciando a Casini un modestissimo 1,75%. Ritorno del sacro, forse. Ma probabilmente non a Città del Vaticano.
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[Questo articolo è apparso sul n° 28 di “alfabeta2“]

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.