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Il mare in Testa (senza più Lega)

20.000 Leghe (in fondo al mare)
di Gianmaria Testa

Il primo fu Capo di Buona Speranza
chiuso per legge e decreto speciale
che la smettessero le onde pacifiche
d’imbastardire quell’altro mare.

Poi fu la volta di Panama e Suez
e quindi del Bosforo e di Gibilterra
ogni maroso pretese il rispetto
della sovrana indipendenza.

Niente più scambi di acque e di pesci
niente più giri del mondo in veliero
tutti i canali rimasero chiusi
a qualunque passaggio di flutto straniero.

Così per un poco tornarono chete
le acque dei mari di tutto il pianeta
ma non durò molto che un’onda riprese
a dir ch’era tempo di farla finita.

Successe che un giorno nel mare nostrano
lo Jonio pretese di stare da solo
e così vollero pure il Tirreno
il mar di Sardegna e l’Adriatico al volo.

Insomma -nessuno si mischi a nessuno-
tuonavan le acque dei bassi fondali
-ognuna rimanga ancorata ai suoi porti
e bagni soltanto le sabbie natali-

Sembrava finita ma era solo l’inizio
e anche così fu ben brutto vedere
in quel che era stata la grande distesa
lo strazio dei fossi a dividere il mare.

Era solo l’inizio, come già si diceva
perché ora la febbre secessionista
andava ammalando ogni singola riva
e niente e nessuno riusciva a dir basta.

Così da Trieste alla punta pugliese
e dalla Sicilia alla Costa del Sole
ogni più piccola cala pretese
l’indipendenza e non solo a parole.

Ma la questione divenne barbina
quando si presero goccia con goccia
e ognuna guardando la propria vicina
diceva -vai via o ti rompo la faccia-

Il mare fu presto una grande rugiada
inutile ai pesci e a qualunque creatura
morirono il tonno, l’acciuga, lo spada
restarono in secca le barche d’altura.

E poi un giorno, o una notte, non so
accadde qualcosa di ancora più strano
conoscete la formula H2O
si quella dell’acqua, che tutti sappiamo.

Ebbene l’idrogeno trovò da ridire
sostenne di avere la maggioranza
e quindi il diritto sovrano di ambire
all’ormai sacrosanta indipendenza.

Ci fu come un vento, un soffio infinito
e l’acqua dei mari s’invaporò in cielo
rimase un deserto di sale e granito
ma buio e profondo più nero del nero.

Nota
Il testo è stato pubblicato in un sito che considero imprescindibile per chi ami il mondo della canzone e l’anima che c’è dentro. effeffe

5 COMMENTS

  1. http://www.youtube.com/watch?v=cCmw4tOuu3g

    Di certi posti guardo soltanto il mare
    il mare scuro che non si scandaglia
    il mare e la terra che prima o poi ci piglia
    e lascio la strada agli altri, lascio l’andare
    e agli altri un parlare che non mi assomiglia

    ma sono già stato qui
    in qualche altro incanto
    sono già stato qui
    mi riconosco il passo

    il passo di chi è partito per non ritornare
    e si guarda i piedi e la strada bianca
    la strada e i piedi che tanto il resto manca
    e dietro neanche un saluto da dimenticare
    dietro soltanto il cielo agli occhi e basta

    e sono già stato qui
    forse in qualche altro incanto
    sono già stato qui
    e misuravo il passo

    ch’è meglio non far rumore quando si arriva
    forestieri al caso di un’altra sponda
    stranieri al chiuso di un’altra sponda
    dal mare che ti rovescia come una deriva
    dal mare severo che si pulisce l’onda

    e sono venuto qui
    tornando sul mio passo
    sono venuto qui
    a ritrovar l’incanto

    l’incanto in quegli occhi neri di sabbia e sale
    occhi negati alla paura e al pianto
    occhi dischiusi come per me soltanto
    rifugio al delirio freddo dell’attraversare
    occhi che ancora mi sento accanto

    ci siamo perduti qui
    rubati dall’incanto
    ci siamo divisi qui
    e non ritrovo il passo

    di certi posti guardo soltanto il mare
    il mare scuro che non si scandaglia
    il mare e la terra che prima o poi ci piglia
    e lascio la strada agli altri, lascio l’andare
    e agli altri un parlare che non mi assomiglia
    questo parlare che non mi assomiglia

  2. Molto bello, effeffe.

    Sono figlia del mare: mi incanta.

    Questa canzone puo avere diverse chiavi di lettura.

    1 LETTURA DI CORPO

    Si abbandona al mare, poi il miraggio si metamorfosa in deserte.
    Corpo liquido, blu. Poi arsura. Scomparsa.

    Disgregazione o stato minerale del mondo.

    2 LETTURA POLITICA

    Il mondo marino è libertà. Non ha senso di parlare frontiera, confine. Lingua del mare.
    Uomini davanti terre sconosciute. La sola frontiera è l’ultima linea blu prima di ritrovare la terra. La sola regola in mare: non fare arrabiare Nettuno.

    LETTURA E ECOLOGIA

    Il mare nasconde il dolore della terra. Non si vede in superficie.

  3. Molto bello, effeffe.

    Sono figlia del mare: mi incanta.

    Questa canzone puo avere diverse chiavi di lettura.

    1 LETTURA DI CORPO

    Si abbandona al mare, poi il miraggio si metamorfosa in deserte.
    Corpo liquido, blu. Poi arsura. Scomparsa.

    Disgregazione o stato minerale del mondo.

    2 LETTURA POLITICA

    Il mondo marino è libertà. Non ha senso di parlare frontiera, confine. Lingua del mare.
    Uomini davanti terre sconosciute. La sola frontiera è l’ultima linea blu prima di ritrovare la terra. La sola regola in mare: non fare arrabiare Nettuno.

    LETTURA E ECOLOGIA

    Il mare nasconde il dolore della terra. Non si vede in superficie.
    Ma un giorno il male domina il blu.
    Abbiamo perso il primo paesaggio di vita sulla terra.

  4. http://www.youtube.com/watch?v=UcjizWH6cSw

    Sono arrivati che faceva giorno
    uomini e donne all’altipiano
    col passo lento, silenzioso, accorto
    dei seminatori di grano.

    E hanno cercato quello che non c’era
    fra la discarica e la ferrovia.
    E hanno cercato quello che non c’era,
    dietro i binocoli della polizia
    e hanno piegato le mani e gli occhi al vento
    prima di andare via.

    Fino alla strada e con la notte intorno
    sono arrivati dall’altipiano
    uomini e donne con lo sguardo assorto
    dei seminatori di grano.

    E hanno lasciato quello che non c’era
    alla discarica e alla ferrovia.
    E hanno lasciato quello che non c’era
    agli occhi liquidi della polizia
    e hanno disteso le mani contro il vento
    che li portava via.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017