da “Dire II”
traduzione di Andrea Raos
[…]
sempre la stessa difficoltà – ora – parole – parole-immagine – frasi-immagine, anche – trappole tese da una parola all’altra – cadere – inciampare ogni volta – non appena ci si lascia andare – benché cosciente sia della trappola che della caduta – ma loro sono più forti – le dighe troppo fragili – limiti fragili intorno a loro – sfondano all’interno – dovunque – inventano una voce – ancora metafora – una voce
una voce – e parlare – dimenticare di scrivere – allo stesso tempo – in ascolto delle parole – osservarle di nascosto – senza prestare davvero attenzione – l’aria altrove – perché non si blocchino così di colpo – ritirando il loro rumore dal silenzio – o la luce dalla durata
ciò che resta – questi lembi di immagini – di suoni rotti – spezzettati – dolorosi
suoni – meglio di niente – vivendo così – in quei momenti – sola esistenza possibile, senza dubbio – trarre a sé – drenare tutto ciò che c’è di vivo – in questa articolazione sfocata – incerta
forse – niente di certo nemmeno così – come un’esistenza solo provvisoria – in sospeso – mobile – no – piuttosto discontinua
frattempo – esistenza – senza sapere quale luogo – quale spazio – forse perduto – forse altrove – senza sapere
frattempo – fluttuare – vuoto – assenza di gravità – una paura sorda – lancinante – senza dubbio essere solo un tremito
tra le parole – lungo il muro – tremare – delle labbra – delle mani – lacrime sul volto – dolore
per esserci a ogni costo – gettarsi contro il muro – con ogni forza – scorticarsi – schiacciarsi il volto negli angoli – per strapparsi al vuoto – strapparsi una parola – almeno una parola – basta – basta
urtare così i muri – spesso – la notte – fin qui è ancora notte – e a volte – a forza di insistere – le parole tornano – in aiuto – schiariscono un poco – dànno un poco di giorno – volendo – risvegliano
nel freddo – nel bianco – di colpo le mani e il volto doloranti – sanguinanti – e dalla frescura dei muri – parole che scorrono
la violenza per sopravvivere – e la calma dopo – il ritmo che riprende – la voce di nuovo – parole – a casaccio – in disordine – in scioltezza – infiniti – impersonali – solo per il ronzio – voce straniera – distinta – applicata a tutto – indispensabile
metterci del tempo a liberarsi – a riconoscersi ora – non un vero riconoscimento – non una prova – parole – migliaia di parole prima di dire io – prima che accada qualcosa
ciò che accade – a volte – di rado – quando le parole di nuovo sprofondano – appena prima del silenzio – o già nel silenzio – per il marcire di ciascuna parola – all’interno – nel nucleo – lentamente – per ustione – per estrazione – la lacerazione del tempo – della memoria
ciò che accade – senza una parola – o dopo le parole – o dalla loro fusione – un’esplosione
oppure ciò che accade – quando emerge di nuovo – nel vicolo cieco – nell’impotenza – qualche cosa qui – che emerge – forse
tutti i tentativi di precisione – invano – tutte le parole alla ricerca di una sola – strano inseguimento qui – un vero pericolo a correre questa volta – come fare per fermare questa meccanica informe – che inghiotte così – all’inseguimento senza fine di parole inesistenti – assurdità
come una speranza di nascita – si direbbe – in questa distruzione – nel continuo scacco – in questa fuga in avanti – fino alla fine – collegare così una nascita a una morte – se possibile – assurdità
oppure – altra cosa – sotto l’apparenza – distruggersi soltanto poco a poco – per strati superficiali – per cinture di parole – serie di contrafforti – secrete nel corso delle stagioni
al centro – tutti gli ostacoli superati – tutte le costruzioni distrutte – a nudo – la carne bianca e fredda – e niente – non un suono restare così nella nudità della fine – no – impossibilità – scacco ancora – ritorno alla paura – quasi una speranza
inutile – dunque – accettare la voce – una volta per tutte – e il silenzio – asciugare gli occhi – il sudore delle mani – impossibile anticipare
sufficiente – questo fievole ronzio all’orecchio – oppure provare di tanto in tanto altri rumori – provare con il rumore del mare – il rumore delle voci – è forse possibile – anche rumori di voci straniere – per non sentire più davvero le parole – per la musica – trascrivere quelle parole – scrittura di notte – suoni di parole incomprensibili – pagine così – pagine di rumori
ecco – parlare forse un’altra lingua – una nuova distanza – parlare – non dire più – un rumore per un grido – ogni tipo di grido – tutti i rumori – non rumori qualunque – suoni già creati – già usati dalle labbra – amati – prodotti a lungo – suoni significanti, anche – scelti per qualche cosa – amati – trasfigurati
volti di parole – di suoni pesanti – provare – schiudere appena le labbra – spingere la lingua sul palato – far passare l’aria lentamente – soffiando – per la tenerezza questo basta
oppure la bocca spalancata – cavità completamente liscia – e il suono raschiante in fondo alla gola – per la rabbia – la crudeltà – che parola – infinitamente parole possibili – chissà – fuori da questa lingua forse – dalle altre lingue – o dentro qualche cosa di nuovo – una lingua diversa, immediata – limite
ma così – di nuovo la paura – sempre l’ignoto – e la discesa nell’abisso – scacco – per paura – scacco ancora – non scendere ancora più giù – non arrischiarsi così – su quel lato – nero senza fine – notte ancora
risalire verso il giorno – dalle parole chiare – rassicurate – provare le loro parole – provare su quel lato – tutte le lingue possibili – senza gioco – fino a ora avere provato ogni giorno – migliaia di volte ogni giorno – mettendo ogni parola alla prova di ogni volto – ogni sguardo – anche i gesti – sempre disperante – e l’oblio –
dimenticare sempre ogni volta – e sempre ricominciare
allora oggi – qui – tra tutti i muri – sul suolo annerito – forse da tutte le iscrizioni – scivolare lentamente verso di loro – da un ginocchio sopra l’altro – le braccia tese – liberato dalla scrittura forse – per un attimo
prepararsi a lungo – ritrovare il vecchio linguaggio – le parole invecchiate insieme a sé – invecchiati insieme – l’articolazione senza sforzo – l’automatismo – fondersi di nuovo ora – dissolversi
ritrovare le tracce – la vecchia eco – vecchie risonanze – terreno saldo intorno alle parole – senza frattura – senza abisso – dighe ovunque – a protezione – nodi per aggrapparsi – punti di riferimento – mai perso ora – mai al buio
intorno alle vecchie parole – lo spazio del calmo riconoscimento – dell’abituale – il lungo apprendistato – simile a tutti – parole di scambio senza scontri – dire dolcemente – il quotidiano – nessuna fuga possibile – imprigionato qui – invischiato
nelle tracce antiche – riflusso di memoria – indistinto – perduto il tempo – da qualche parte – irreale – con le parole iscritte – a stento leggibili – sfuggite per vaga – perdita lontana – irrimediabile – l’usura
se è possibile – questa vecchiaia delle parole – la loro protezione – la sicurezza – infine – e morire lentamente – a malapena
un momento – tempo perso per niente – a raggomitolarsi qui – nell’anello delle parole – a annerire i muri – come se il fango del pavimento da solo non bastasse – non guardare più – né sentire – da molto tempo – tutti gli orifizi del tutto ostruiti – infine – definitivamente – normalmente – di vecchiaia – di vecchiaia loro – per avere parlato troppo – parlare – servirsi delle parole – finire a gesti – avere finito a gesti – così lo scacco ancora – nella loro prigionia – consumare le parole fino all’ultimo – l’espirazione – la morte del suono – scoppiato come una bolla nell’aria vuota
adesso – ancora questo vecchio odore nell’aria – grigia – spessa – delle parole – i loro rifiuti – i loro lembi – la bocca piena – irrespirabile – qui – annegato dentro – senza fuga possibile – nello spazio bianco – o opaco – o fuori – nella luce pallida – o ancora altrove – altrimenti – dovunque – dissolto – anche decomposto – insopportabile – finire se possibile – come fare – basta
le parole adesso – difficile cogliere – appena talvolta un suono attutito – da qualche parte – nell’indistinto – il ronzio normale – inconsistente – cercare cos’è – fare uno sforzo – tendersi un poco – dovunque – come uscire dall’immobilità – dall’isolamento – cercare ora di ritrovare qualche cosa – come un cammino – rintracciare le piste – non c’è più forza per questo – troppo tardi – forse non c’è quasi più forza per gridare – per alzare la mano
poco a poco – riconoscere sempre meno – quasi più – le parole arrivano – ripartono senza toccare – i muri non fermano più niente – soltanto tracce fluttuano nell’aria
in ascolto – ancora – ciò che sfugge al silenzio – di tanto in tanto – rumori di vita – movimento – o soltanto – sul bordo – raso al corpo – il soffio
lunga morte – quanto tempo – per morire così alle parole – soffocato – inghiottito
fuori dal tempo – serrato – inghiottito in questo spazio così disteso
nell’inabitabile
* * *
Per leggere Danielle Collobert (1940 – 1978) è forte la tentazione di non prescindere dal dato biografico: figlia di resistenti della Seconda Guerra Mondiale, abbandonati gli studi subito dopo l’ammissione alla prestigiosa École Normale Supérieure, attivamente impegnata nei movimenti anticoloniali degli anni 60 (l’Algeria in particolare) e di conseguenza costretta a latitare per alcuni anni dalla Francia, morta suicida il giorno del suo trentottesimo compleanno, può sembrare il classico esempio del talento irregolare, composto altrettanto di squarci che di testi compiuti.
Ma la sua opera – sostenuta tra molti altri da Queneau – colpisce al contrario per la fortissima, quasi maniacale coerenza interna. Il breve estratto che qui presento della sua opera maggiore, Dire (provi il lettore a immaginarne l’effetto dilatato su 300 pagine), come da titolo è tutto incentrato sulla voce o, meglio, sul soffio, sul “tentare di dire”. Ma prima che la parola è il respiro a mancare; prima che il movimento è il corpo a non esserci, o a presentarsi solo in quanto impossibilità e dolore; prima che il mondo, è lo spazio appena circostante che si fa prigione.
Non si può non pensare a Beckett, che Collobert conobbe. Ma nemmeno lo sbilenco “continuare” beckettiano si pone per lei, che mette invece in moto una inarrestabile macchina di distruzione testuale, psicologica, storica. In lei la morte è il dato compiuto e iniziale. Oltre, si scrive per rifrazione biologica, o per quella particolare specie di vita che è il frangersi delle onde sugli scogli. a.r.
Bibliografia:
Chants des guerres, Éditions P.-J. Oswald, 1961 (poi Éditions Calligrammes, Quimper, 1999)
Meurtre, Gallimard, Paris, 1964
Des nuits sur les hauteurs, Denoël, prefazione di Italo Calvino, 1971
Dire : I-II, Paris, Seghers : Laffont, 1972, collection Change, série rouge
Il donc, Seghers-Laffont, col. Change, Paris, 1976
Survie, Éditions Orange Export Ltd, 1978
Cahiers, Seghers-Laffont, 1983 (a cura di Uccio Esposito-Torrigiani)
Recherche, Fourbis, 1990
Œuvres I, P.O.L, 2004 (riprende Meurtre, Dire I-II, Il Donc, Survie)
Œuvres II, P.O.L, 2005
testo e nota critica sono già apparsi ne “il verri”, n. 50 – mutazioni della metafora, ottobre 2012, pp. 48-54.
Immagine: Le raffinement du bibliophile #1, Chicago, 2013.
Emozione : vedere, sentire, toccare la voce di Danielle Collobert in lingua italiano. Hai ritrovato la lama per compiere il destino della voce.
E’una voce morente di sete. Tagliata. In una stanza. Una voce tragica. La poesia opera l’omicidio. Nella paradossale vitalità del dire.
Grazie Andrea, per avere dedicato una bellissima traduzione di Danielle Collobert. Si ritrova tutto della sua voce. E’dare una seconda nascita.
bravoandrearà
bravo – andrearà
apripista andrearà
[…] Collobert: in Nazione indiana […]
Ho conosciuto Danielle Collobert. Ricordo in particolare una serata con lei in un bistro a St.Germain. Niente letteratura, solo la fatica di esserci al mondo, il peso
per lei di una rigida educazione (comunista) assai affine al manicheismo cattolico. Era bella ma lontana da farne un minimo vanto. Conoscevo qualcosa dei suoi testi ossessivi. Lei reiterava il peso deformante dell’educazione ricevuta. Ricordo questo. Stavamo molto male entrambi. Era un essere senza infingimenti. Puro. Vedere che a distanza di tanti anni la sua figura (letteraria), la sua quieta, terribile disperazione viene a parlare ancora è qualche cosa che da conforto a me e alla sua anima. Adieu Danielle.
che ritratto folgorante, carlo carlucci, grazie
Carlucci, grazie anche da parte mia.
Se si prescindesse, invece, dal dato biografico. Quando la parola dolore, immancabilmente, fa la sua apparizione, insieme alla parola prigione. In quel caso si potrebbe parlare dei testi. Immuni ai ritratti folgoranti (Morresi). Carlo Carlucci ha conosciuto anche Ghérasim Luca. Abbiamo capito che ha “frequentato” gli intellettuali parigini. Da vicino, da lontano, mistificando appena un poco. Nella sua trappola ci son caduto anch’io, avanti il prossimo http://www2.unipr.it/~pieri/gherasim2.htm. Millantatori, portatori sani di memorie, quelli che traducono il già tradotto, per l’allure: paspaspas nonono, dal barocco Ventre al barocco Carlucci. “Povero Barthes! Conservo ancora l’edizione del suo Il grado zero della scrittura, e a distanza di tanti anni ho provato a rileggerlo: uno zero assoluto”; “Sollers: ottenebrato funambolo” (C. C.).
http://www.retididedalus.it/Archivi/2013/giugno/LETTERATURE_MONDO/2_memorie.htm
Avranno almeno letto una riga di “Paradis”?
“…quelli che traducono il già tradotto, per l’allure…”
Sì, gli estremi per una querela ci sono, effettivamente.