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L’italiano vero e l’omosessuale

di Silvia Contarini

Quando nel 2010 uscì la biografia di Maurizio Serra su Curzio Malaparte, recensendola sul Sole 24 ore, Emilio Gentile si augurava che essa fosse definitiva, ossia tale da “consentire di proseguire l’esame critico dello scrittore senza doversi porre nuovamente le domande alternative sull’uomo”. Non conosco gli studi critici più recenti sull’opera di Malaparte per sapere se l’augurio di Gentile abbia avuto seguito; mi chiedo in particolare se Mamma marcia sia stato oggetto di attente letture. Perché mi è capitata fra le mani l’edizione originale di questo  libro pubblicato postumo (Vallecchi 1959), un “romanzo” nelle intenzioni di Malaparte, un insieme composito di testi nel volume edito a cura di Enrico Falqui. Buona parte dei due capitoli finali, intitolati Lettera alla gioventù italiana e Sesso e libertà, sono dedicati a quella che Malaparte chiama “epidemia di inversione sessuale”. L’ossessione era già presente nella Pelle, ma Malaparte sviluppa qui, su decine di pagine, una complicata e a tratti contraddittoria tesi: nella marcescenza generalizzata dell’Europa, si assisterebbe al diffondersi della “corruzione omosessuale”, che non sarebbe il prodotto della guerra, della decadenza borghese, né un “morbo fisiologico”: sarebbe un fatto politico-culturale-psicologico, una reazione alla mancanza di libertà: “In sostanza – scrive Malaparte – lo Stato moderno, tirannico, totalitario, la tirannia sotto tutti i suoi aspetti, genera l’omosessualità”. L’omosessualità è “difesa contro la tirannia […] reazione inconscia alla mancanza di libertà”. Malaparte non si riferisce a personalità come Gide o Proust, ma a un tipo di gioventù comune in tutta l’Italia e in tutta l’Europa, a quello che considera un fenomeno dilagante, prima e dopo la guerra (“Dall’America era sbarcata in Europa una folla enorme di omosessuali di ogni classe sociale”). Non che tutti i giovani fossero pederasti, riconosce Malaparte, “quel che conta è che si atteggiassero tutti a pederasti”; si riferisce soprattutto ai maschi, ma sono incluse le femmine. Malaparte dice di provare una “avversione istintiva” per gli omosessuali, di aver sempre evitato la loro compagnia “sgradevolissima”, del resto per parlare dell’omosessualità usa espressioni come “focolaio d’infezione”. Si sofferma soprattutto sulle “ostentate tendenze comuniste nei giovani omosessuali” che lo preoccupano molto: per “salvare” i giovani da questa “aberrazione”,già negli anni ’39-’40 avrebbe voluto dedicare un numero della rivista Prospettive al tema “Pederastia e marxismo”; ne viene dissuaso da Moravia e Guttuso, dice, perché, in quel tempo, il comunismo era una forza antifascista e non la si doveva discreditare. Malaparte spiega poi che i fascisti hanno tentato di attribuire agli ebrei la “tendenza dei giovani al Comunismo e all’omosessualità […] forse anche per trovar ragioni efficaci all’antisemitismo ufficiale”, affrettandosi a precisare, per essere onesti, dice, come l’accusa fosse ingiusta dato che “gli Ebrei italiani sono stati, fino al 1938, ferventi fascisti nella quasi totalità”. Insomma, per Malaparte, da qualunque parte stia, “l’omosessuale è sempre da temersi, da diffidarne”; e “quando si farà la storia del ‘collaborazionismo’ europeo, si vedrà che la maggioranza degli omosessuali ne facevano parte”. Perfino la ribellione di Roehm contro Hitler viene spiegata come una reazione sessuale inconscia del pederasta Roehm contro la tirannia.

Sarei tentata di liquidare quanto sopra come deliri di un Malaparte fascista e omofobo, deliri che appartengono a un passato senza incidenza su noi e i nostri tempi. Mi sembra troppo semplice. Intanto, perché Malaparte gode fama di intellettuale addirittura prototipico, “arcitaliano”, un “italiano vero malgrado l’Italia” lo definisce Giordano Bruno Guerri, il quale vede gli intellettuali e gli italiani in un modo che mi ricorda tanto il “brava gente”: compiacimento e tolleranza per un popolo di simpaticoni e furbi dei quali si tollera l’intollerabile (http://www.ilgiornale.it/news/curzio-malaparte-italiano-vero-malgrado-litalia.html)

E poi perché da alcune rappresentazioni, da certi qualificativi, viene fuori qualcosa di rivelatore. Per esempio, Malaparte descrive così il comportamento dei giovani che si fanno tentare da comunismo e omosessualità: “Al disprezzo dichiarato per la donna, si accompagnava in loro una tendenza assai chiara a vivere in compagnie femminili, a considerare la donna come una compagna, una camerata, e a dilettarsi della sua compagnia senza sottintesi di natura sessuale, come appunto è proprio degli omosessuali”. Disprezzare la donna, insomma, significa non farla oggetto di attenzioni sessuali, trattarla alla pari, oserei dire considerarla uguale, cosa che un uomo vero – italiano vero – non farebbe mai; l’omosessuale invece sì. D’altronde, l’omosessuale viene aborrito proprio perché si femminilizza, occhi languidi, gesti lenti, movenze femminee, debolezza: “la morale effeminata è la morale dei deboli”. Correlativamente, la donna coraggiosa di fronte al pericolo “si mascolinizza, si virilizza per meglio lottare”. In altri termini, ci sono caratteri femminili (debolezza, languore, corruzione, passività, gelosia) che si addicono alla donna e caratteri maschili (forza, coraggio etc.) che si addicono all’uomo; l’indistinzione e la confusione di genere sono un’aberrazione da combattere.

Formulate così le cose, siamo sicuri che Malaparte sia un caso isolato? Che rappresenti un passato ormai superato? Maurizio Serra, commentando l’amalgama di Malaparte tra comunismo e omosessualità, ricorda che in realtà, a quei tempi era diffusa l’idea che il socialismo avrebbe sconvolto la morale borghese e permesso ogni libertà sessuale: alla repulsione dell’indistinzione sessuale si affiancava il terrore della libertà sessuale. Oddio: tutti liberi di aver l’orientamento e il comportamento sessuale di predilezione! oddio, ruoli e prerogative potevano ribaltarsi! Si capisce meglio la repulsione dei “veri italiani”, quelli di ieri e quelli di oggi.

9 COMMENTS

  1. ricordo di essere stato colpito durante la lettura di un uomo di Oriana Fallacci quando l’eroe della storia provoca,con un certo gusto e fino al parossismo,il suo aguzzino insinuando che lo stesso possa essere un omosessuale.Probabilmente gli unici che hanno sempre capito che orientarsi tra i generi con le idee precostituite fa parte di quelle malattie che la modernità si è portata appresso sono gli anarchici.Gli stessi che hanno sempre presente il fatto che “nella vita l’unica cosa di irrimediabile è il modo in cui ti costringe ad amarla”(cfr Francisco Casavella).Ok,buona visione http://www.youtube.com/watch?v=PTYpAm5IvEg

    • anch’io avevo pensato a quello che dice La Capria, che si trova anche nella sua raccolta “Esercizi superficiali”

  2. La prima volta, mollai La pelle nel mezzo del famigerato capitolo. Tutto quel presente trapiantato nel passato mi si era reso insopportabile.

  3. Da ventennio a ventennio: chissà come avrebbe vissuto Malaparte l’omofobia berlusconiana rinforzata da viagra e olgettine, fino a giungere al “sistema prostitutivo” del caso Ruby…

  4. Da un uomo che ha subito il fascino del potere fascista, fatto di reiterate esibizioni di virile e maschia sensualità, non accetto lezioni e opinioni sull’omosessualità ;O))))))))))

  5. Consiglierei a questo punto la lettura comparata de l’Ambiguo Malanno della Cantarella dove è ben spiegata la condizione della donna nella grecia e nella roma antica. Che c’entra la condizione della donna con l’omosessualità? Ecco, il bello di questo testo è proprio il considerare inscindibile il rapporto tra orientamento e trattamento del genere opposto, così come fa Malaparte secondo cui – e visto che si tratta di una considerazione personale dello scrittore, posso dire di trovarla ridicola – il disprezzo della donna da parte degli omosessuali (e non magari il semplice, e neutro, disinteresse sessuale) coincide con un trattamento alla pari della stessa. Sempre nella Cantarella, un altro appunto è sul cambiamento delle abitudini sessuali e la percezione di decadenza della società.

    Quando in Grecia a Roma le donne riescono ad avere maggior potere d’azione (accesso all’istruzione, accesso all’eredità senza mediazione di tutori, possibilità di avere più partner sessuali) gli intellettuali che intelligono interpretano il fenomeno come una dimostrazione di decadimento dell’impero, quando è in realtà – secondo Virginia Woolf e parafraso – l’ammissione della perdita di potere da parte di un genere sull’altro. Malaparte forse si sentiva minacciato dal nuovo che avanza, da una realtà in cui non riusciva più ad identificarsi perchè troppo vecchio per stargli dietro. Fa sempre comunque piacere leggere della grettezza di certi scrittori (Orwell ci rimase molto male nel leggere una biografia di Dickens scritta dalla figlia di questo in cui lo scrittore veniva descritto come un pezzo di stronzo, addirittura un “criminale”).

    Aggiungo che molti deliri di decadenza siano più un prodotto della sindrome geriatrica da “un piede nella fossa” che non considerazioni distaccate ed universalizzabili (vedete qualsiasi scritto dell’ultraottantenne Bauman) di una persona addentro.

    • Grazie per il suggerimento, leggerò al più presto L’ambiguo malanno di Eva Cantarella.

  6. Ho letto “La pelle” e alcuni discorsi mi sembravano molto forti…purtroppo ancora oggi alcuni fanno lo stesso tipo di discorso…pare che non debba mai cambiare nulla.

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silvia contarini
silvia contarini
Silvia Contarini è docente di "littéraure et civilisation de l'Italie contemporaine" all'università Paris Ouest Nanterre la Défense. Dirige la rivista Narrativa.