Juggernauti
di Mauro Baldrati
Oltre le metropoli. Un tempo le grandi città divennero megalopoli, inglobando periferie e campagne, portando la popolazione a milioni, o decine di milioni di persone. Ora le megalopoli si sono fuse in entità sterminate dette “ecumenopoli”. Non più decine, ma centinaia di milioni di abitanti stratificati nelle under-city, dove tutto è ammesso e tutto si distrugge, oppure protetti nelle enclaves fortificate, nell’illusione di sfuggire all’orrore tecno-sociale che tutto ricopre.
Oltre le multinazioniali, oltre la globalizzazione. I trust che decidevano i destini di interi popoli, che sponsorizzavano guerre finanziarie o le guerre “sporche” per garantirsi le materie prime, sono estinti, implosi nel fallimento, assorbiti dai “meta-conglomerati”, fulcri di potere planetario che controllano ciò che resta dell’economia, delle risorse, della ricerca scientifica e militare.
Oltre il pianeta, oltre la natura. Il paesaggio è un infinito ammasso di rovine contorte, scheletri di ferraglia che un tempo furono ponti, palazzi, torri, porti. Un deserto mefitico sferzato dalla pioggia di un infernale, eterno monsone, spazzato da un vento nero che trascina rovi e cespugli morti: “Perdute tutte le guerre, disciolti tutti gli eserciti, disperse tutte le flotte. Chiusure e smantellamenti, maree e monsoni. Soltanto rovine, adesso. Soltanto pioggia sporca e vento nero. Soltanto gru arrugginite, strade spaccate, quonsets cavernosi, una voragine di acque putride. Disseminata di rottami scheletrici”.
Siamo nel mondo di Juggernaut, ultimo romanzo di Alan D. Altieri. E’ il primo di una trilogia futuribile che si spinge oltre il concetto di “guerra eterna”, che questo autore ha affrontato in innumerevoli libri, in una sequenza seriale che va avanti da anni. Proprio come progettavano autori del secolo scorso, così diversi da lui (ma che pure si sono occupati senza reticenze della distruzione planetaria della guerra) come Irène Némirovsky o lo stesso Tolstoj. Sono i capitoli di un unico, monumentale romanzo che sembra non avere fine, perché forse non può avere fine. Come non può avere fine la guerra scatenata dall’uomo.
(Anti)eroi dannati e folli, drogati, macchine di distruzione umane (o meta-umane), terroristi post-islamici percorrono i territori devastati di questo (anti)mondo, armati fino ai denti di armi di grosso calibro, sempre in caccia: di soldi, di armi segrete, e soprattutto di controllo. Perché è questo il segreto e la forza dei meta-conglomerati, dopo che la guerra è stata definita “non più conveniente”: il controllo delle risorse, delle informazioni e della distruzione. La “guerra terminale” insomma, la guerra non più guerreggiata, ma finale, risolutiva, perché non vi sarà più nessuno da combattere, quando non resterà nulla al di fuori della nuova preistoria.
Ma, come sempre nella cosiddetta “visione apocalittica” di Altieri, i giochi non sono mai del tutto chiusi. Nella morte e nella distruzione pulsa sempre l’ignoto, forse la speranza, il progetto, che nessun meta-conglomerato, per quanto onnipotente, potrà mai estirpare. Esiste un eroismo nella violenza diventata metafisica, una generosità e un senso dell’onore che sembrano viaggiare negli scontri, nelle stragi, che nessun controllo (Kontrol è uno degli operativi della Gottschalk Mega-Corp, il meta-conglomerato padrone del mondo morto) può veramente possedere. Un eroismo mai dichiarato, mai referenziale, avvolto nel mistero di cavalieri solitari (o di eroine guerriere, come nel precedente Warriors le nuove furie) che cavalcano, a bordo di mostruose motociclette mutanti, per le strade nere della rovina e dell’avidità. Altieri, come nel suo stile, fatto di sfondamenti nell’horror, di decisi innesti cyberpunk, non si dilunga in spiegazioni, non compiace né rassicura. Procede col suo linguaggio da mortal combat, iper-tecnologico, da poesia nera, inserendo una miriade di codici che ci permettono di sapere, quanto meno di intuire: che nel cuore di almeno un Hunter/Killer, l’ultimo dei super-guerrieri cyborg molecolari di un progetto fallito di ingegneria umana, esiste una speranza di salvezza, forse di rinascita. Lo seguiamo, Karl Dekker, e lo ritroveremo nei prossimi episodi, sorta di Bourne alla decima potenza, impegnato in combattimenti da studiare nell’Università del Thriller. Sentiamo che nasconde un mistero, il suo mistero di…uomo. Nonostante tutto.
Esagera Altieri? Sì, per molti di noi – noi che abbiamo il medico di famiglia, lo smartphone, che andiamo in palestra, al supermercato, fuori a cena, al cinema, il nostro autore gioca con la fantascienza, porta alle estreme conseguenze il genere. Ma: cercate la documentazione fotografica su Stalingrado. Oppure, per entrare nel nostro presente, ricordate cosa è stata Mogadiscio. O Beirut. O Sarajevo. Cercate i réportages. Pensate all’inferno sulla terra di cui nessuno parla: il Darfur. Bagdad. Damasco. Forse non ci sono i blindati da combattimento con le ruote ad artiglio o le machinepistole calibro 50, ma entriamo a gamba tesa nello scenario di Juggernaut. Per cui la domanda diventa: Quanto manca? Quanto tempo? Quanto spazio?
Altieri una risposta l’ha già data. La sua.
Per fortuna lui stesso pensa – spera? – che non sia ancora quella definitiva.
Be’ non so se esagera: l’ecumenopoli è un rischio reale -era nell’orizzonte dei sociologi Doxiadis e Papaioannou.