Dispatrio (monologo)
di Giacomo Sartori
(un uomo di una cinquantina di anni, e con degli occhiali da sole scuri, appare trascinando una valigia a rotelle di dimensioni ridotte; guarda tutt’attorno con un lento movimento circolare della testa, e con gli occhi rivolti in alto; senza lasciare la maniglia della valigia, e con una faccia perplessa)
La mia città è una città grigia
infossata in una valle grigia
costeggiata da minacciose
montagne grigie
Il cielo è grigio
il fiume che si trascina
stancamente
è grigio
e anche gli stentati alberi
sono grigi
con appena qualche
moribondo riflesso
verde marcio
(lascia la maniglia della valigia, e si guarda ancora attorno sfregando un palmo contro l’altro; lancia anche qualche occhiata sopra le lenti degli occhiali)
Il dilagante cemento
è paradigmaticamente grigio
così come
i ridondanti asfaltamenti
e le fumosità imprigionate
dalla nefasta conformazione orografica
Persino i laghi
sono stagnanti e grigi
Nulla da stupirsi
che pure gli abitanti
siano grigi
Il sole disgraziato è costretto
a tramontare altissimo nel cielo:
come appeso
a un funambolico patibolo
Ogni sera è lo stesso
affliggente spettacolo
Per fortuna molto spesso piove
e quindi l’esecuzione
ha luogo dietro una cortina grigia
di nuvole
. . .
. . .
(si guarda intorno – questa volta senza alzare lo sguardo – con un’espressione disgustata, massaggiandosi nel contempo le braccia, come se avesse freddo)
I pieghevoli turistici
mostrano boschi
ebbri di clorofilla
prati infiorati
laghi e cieli di topazio
rutilanti autunni
distese innevate
accecanti di sole
smaglianti sorrisi
sudanti quarti
di formaggio
Se uno guarda
i pieghevoli turistici
si fa un’idea molto distorta
della mia città
e delle montagne circostanti
si figura un paradiso terrestre
un vero e proprio eden
I turisti ci cascano
e accorrono a frotte
sia dal sud
che dal nord
Arrivano gravati di sci
tavole da surf
biciclette
pattini
racchette
mazze da golf
creme solari
macchine fotografiche
bussole
paracaduti
corde
ramponi
pinne
aquiloni
canne da pesca
salvagenti
archi
balestre
cestini di vimini
stivali da cavallerizzo
georeferenziatori
attrezzature di ogni genere
Una volta scesi dai loro veicoli
la delusione
li lascia esterrefatti:
fanno seduta stante
dietro-front
si potrebbe immaginare
. . .
. . .
I menzogneri pieghevoli turistici
non sono improvvisati
in quattro e quattr’otto
sono il frutto di un’arte
che è stata perfezionata
nel corso dei secoli
sino a erigersi
a supremo protocollo di vita:
l’ipocrisia
Ogni infimo pieghevole turistico
ha dietro cinquecento anni
di approfondita ricerca teorica
e di sperimentazioni
nel campo della falsità
con rimbalzi speculativi
che hanno condizionato
le vicende storiche
del mondo intero
Ma naturalmente nulla potrebbe
la dottrina
senza un’adeguata educazione
propinata fin dalla più indifesa infanzia
dalle conniventi famiglie
senza le individuali competenze
derivate dalla pratica quotidiana
nelle case e negli uffici
per le strade
nei negozi
nei confessionali
sui giornali
Le menzogne dei pieghevoli turistici
sono un esempio tra i tanti
della virtuosistica
e raffinata
arroganza
alla quale è giunta l’ipocrisia
dalle mie parti
I miei concittadini
maneggiano l’ipocrisia
con la dimestichezza
con la quale a Murano
i maestri vetrai
soffiano il vetro
Già il chiamarla città è un’impostura
che la dice lunga
Cittadina
bisognerebbe chiamarla
sperduta e inospitale borgata
o meglio ancora
recinto carcerario
zona pericolosa
campo di concentramento
lager
qualcosa del genere
Questa scandalosa falsità
andrebbe perseguita legalmente
Purtroppo ogni misfatto locale
viene però travestito
con un eufemismo appropriato
e stralciato
a patto beninteso
che i criminali siano autoctoni
o insomma di pelle chiara
e di religione cattolica
L’adesione incondizionata alla dittatura
con la più alta percentuale nazionale
di iscritti al partito fascista
viene definita fredda accoglienza
la zelante collaborazione
con i nazisti
viene chiamata Resistenza
il giogo della religione
tradizione cattolica
gli affaristi e i governanti
rotti ad ogni sorta di corruzioni
e furti
Egregio Direttore
e Egregio Presidente
i luna-park sciistici
parchi naturali
i preti pedofili colti in flagrante
Padre Tale
o Padre Tal Altro
il genocidio delle specie animali
e vegetali
sviluppo della viabilità
e delle infrastrutture
i vigneti e i frutteti
avvelenati dai pesticidi
zone rurali di pregio
e via dicendo
(si china di nuovo e apre la valigia: ne estrae un cappello con i paraorecchi, anch’esso antiquato, e se lo mette)
. . .
. . .
tira fuori di tasca una mela piuttosto piccola, e la sfrega sul maglione per pulirla; la fissa a lungo come se stesse per morderla, e invece ci rinuncia; dopo essersi guardato in giro, sempre con una faccia perplessa/disgustata, la gira, e sembra di nuovo che stia per morderla; stringe invece le labbra, e se la rimette in tasca)
Nella mia cittadina
il tasso di suicidi
è ovviamente cinque volte superiore
sei volte superiore
alla media nazionale
Le cifre parlano
gridano
da sole
Ma più semplicemente
ogni cittadino ha molti parenti
e amici
e compagni di scuola
e vicini di casa
che si sono soppressi
Fare una festa
diventa sempre un problema:
si sono già tutti suicidati
Il Tale:
impiccato
il Tal Altro:
annegato
la sua simpatica moglie:
svenata
la sorella:
in coma
per suicidio difettoso
Chiunque capisca qualcosa
prova il desiderio
di porre fine ai suoi giorni
e spesso lo fa davvero
ben contento che quel supplizio
sia finito
Spesso però
anche chi non capisce niente
si ritrova a darsi da fare
per spararsi in una tempia
o saltare giù
da uno sperone di roccia
o farsi decapitare
da un treno regionale
non è una questione
di quoziente intellettivo
Un inventario anche parziale
delle modalità adottate
sarebbe troppo lungo:
c’è chi ci tenta
inghiottendo cucchiaiate
di lucido da scarpe
blu notte
chi collegando
con un tubo di gomma
la stanza da letto
situata al terzo piano
allo scappamento della motocicletta
parcheggiata in garage
chi si amputa una gamba
con una motosega
e poi un’altra
in uno sprizzare di sangue
L’unica sfera dove gli abitanti
sfoderano un’alacre creatività
è l’autosoppressione
È perfettamente comprensibile:
io stesso ho provato infinite volte
il desiderio di ammazzarmi
io stesso mi ritrovo molto spesso
a confrontare mentalmente
i pro e i contro
dei vari metodi
di annientamento
di me stesso
(si siede sulla valigia, con le mani puntate contro le ginocchia)
. . .
. . .
(questi sono alcuni frammenti del monologo che ho tratto dal racconto “La mia città”, pubblicato inizialmente qui e qui su NI, e poi – rivisto – nel volume “Autismi”, finalista al Premio Settembrini 2012, e ora non più disponibile; il monologo si è classificato secondo al concorso “Per voce sola” 2013, e sarà quindi letto da Eugenio Allegri il 5 ottobre al Teatro della Tosse a Genova)
molto riuscito, grazie
bello :)