Tre poesie
di Marco Giovenale
Da Maniera nera, inedito.
Cammina / ha
specchio alto avanti:
ci vede sé (se) non vede
dove corre scorre preso / il
disequilibrio
lo tiene
*
Inizio di serie
ferita (ferente), dice, ritiene,
con iodio nelle unghie
tassellini di marmo non incisi
snodi dei tubi del reparto
a vista, i posatori
montano smontano
alle nove le otto di mattina.
Ottobre ha le sue basi
certe plastiche
con caldo, cucinato. (Corridoio).
Estranee suoriformi scarmigliate
se affacciano flebette è per poi mettere
domande in capo ai letti
lesti dei minuti.
Il pane va nel cellophane bucato
– le muffe aspetteranno un po’.
C’è posto per tutto, tutto si risolve
*
L’angolo-specchio ha presente
la farina dell’attore, del truccato.
Oluf un po’ corre
sul camminamento a chiave di violino,
tutto siepe, intento: a cacciare
il fantasma – che però forse le facce
all’inferriata gli dicono o direbbero: è
dall’altra parte, interno,
così, non in giardino.
Even if, certo, dal due-trecento
è in giardino che si cerca
[Immagine: Agathe Snow, S+M (Salt and Mulch), 2007, Peres Projects, L.A.]