La mia terra
di Vincenzo Pardini
Con la terra ho sempre avuto un legame di viscere e di mente. Non potrei vivere in città; mi sentirei peggio di un orfano o di un recluso. Debbo guardare la terra ogni giorno, alla stregua di un volto e di un corpo che si ama. Quando la lavoro (taglio di erba e seminagione) avverto che mi trasmette un’insolita energia: un contraccambio di sentimenti e di sensazioni. Non ricordo quando, ho veduto un documentario: c’erano dei negri, forti e alti che, poggiati a terra sulle braccia, mimavano un rapporto sessuale con lei. La visione di quei corpi trasmettevano una forza primitiva insuperabile: quella che anche noi siamo fatti di terra, impastati da Dio nella sua polvere e poi modellati a immagine e somiglianza di Lui. Non posso sopportare chi getta rifiuti nei boschi e nei prati. Sento che la terra se ne offende, alla stregua di una madre insultata e percossa dal figlio. Stanco durante il lavoro, mi siedo su un poggio, il cane accanto. I suoi sguardi e il contatto con il suolo mi infondono prima serenità di spirito, poi energia. La terra non mi ha mai tradito. Ogni volta che torno in quella natale, mi accoglie e mi fa rivivere quanto di bello ho avuto. Non solo i ricordi. Ma i suoi odori, specie vicino ai torrenti o al fiume: dove acqua, sassi, alberi e rena sono un mondo di quiete e di armonia. Quando la raccolgo, tenendola in pugno, non la stringo mai. Mi sembra di avere tra le dita un cucciolo di cane, di gatto o di lupo, a cui potrei far male. Perché la terra, pur essendo immensa, è anche delicata e sensibile. Vuole sentirsi amata, vuole sentirsi dire che le si vuole bene. Deturparla e inquinarla è un’autentica bestemmia. Un peccato che, mi pare di capire, grida vendetta davanti al cospetto di Dio, perché è Lui che l’ha creata, dandoci, oltre la madre naturale, lei. Io sono innamorato della mia terra.
LA MIA PIANURA
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Amara nostalgia della mia terra
piana, per vaste lande senza limiti,
senz’orizzonte certo, mai immobile
per essere raggiunto dallo sguardo.
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Sconfinata pianura dell’Emilia
distesa al sole o invasa dalla nebbia,
lambita dal maestoso lento fiume
con silente carezza alla sua sponda.
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In lei mi specchio, anch’io senza orizzonte
certo e ben definito, l’animo teso
all’infinito vago e irraggiungibile,
unica meta per il mio vagare.
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Giorgina Busca Gernetti
mi permetto – e spero che lui non me ne vorrà – di riportare la mail che mi ha mandato il grande Vincenzo Pardini il giorno dopo avermi spedito il suo testo:
“Grazie a te. Mi ha portato bene. Poco fa sono caduto a terra, rovinosamente. Una scivolata. Ho riportato solo qualche doloretto. La terra è con noi. Un abbraccio.”