I poeti appartati: Anna Santoro
Poesie
di
Fare mattoni con parole
usarle come pezzi di cemento
concrete – pazientemente poste
le une accanto alle altre
a (de)costruire senso
Parole da toccare, assaporare
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Tu dici che posso lasciare l’inverno
rivestirmi con pelle di seta ed
entrare nel sole.
Così vado al mercato a
cercare raggi di luna e latte d’asina
trovo solo rospi cresposi e veline lacerate (dal
mio stesso rossore).
Ho paura del sole – dei suoi doni (dei tuoi) – delle
note che il mare conserva.
Ho paura delle cartoline perché nulla
accade a chi è chiusa nel
vento sulla montagna stregata.
Ho paura della tua cravatta perché
amo le cravatte
– quelle gialle e turchine un poco gualcite -.
Ma anche io amo i treni – lo sai – perché non è detto se
parti o se arrivi (ci sono più salite o discese in
questa città ? )
E’ vero fa caldo Ma io
ho messo cubetti di ghiaccio nel
colletto della camicia
: non devo dormire.
Tra tanto tempo sarò una vecchina ferma sul
limite del bosco con un
gatto giovane e affamato che mi
racconti le avventure della notte…
Ora il sole entra nella mia camera bianca e
a tradimento affiorano colori di cose che
avrei voluto riservare per me.
I cubetti di ghiaccio servono a poco si
sciolgono sulla pelle e
lasciano esili tracce.
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Fare mattoni con parole
usarle come pezzi di cemento
concrete – pazientemente poste
le une accanto alle altre
a (de)costruire senso
Parole da toccare, assaporare
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piccole storie serrate l’una all’altra
pietre e pietrisco a fabbricare ostacolo
e riparo
Nell’immensità di un cielo scuro
strisce di luce da un remoto altrove
saettano – avviso di rinnovate risatelle
e passettini
note di melodia remota e vicinissima
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Avresti potuto leggero
salire le scale – alla sua porta
incantarti a vederla
apparire – entrare
nelle sue braccia aperte
bere con lei vino gelato
narrarle di cose mai viste
regalarle collane
e cogliere la voglia di te
nel suo rossore – mentre fuori piove
avresti potuto scegliere
braccia strette ai tuoi fianchi
capelli umidi di passione
grano verde per il domani
rendere buona la vita
di piccoline e piccolini sconosciuti
scegliendo sogni e desideri
che aprissero al sorriso
Sei andato alla guerra
e quel crudele furore soddisfatto
rimarrà a immiserire le tue mani
quando racconterai
– perpetuando questa
folle catena di dolore –
cosa sia la guerra
per un uomo d’onore
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Pensieropugno scoppia e ammicca
a quel superstite nucleo indefinibile
accarezzato ancora in me
Tantotutto è squallore di mediocrità presenti
il coro smaliziato mi ammonisce
a curvare visioni percezioni desideri
e insulta la capacità di respirare
e di volare – così chino il capo
e confesso inopportuna onnipotenza
di memorie accarezzate dolorose
nate dallo sguardobugia dei mattini
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Se riesci a immaginare una grande
camera bianca pulviscolosa in soppiatti
o scostumati prepotenti raggi
luce accecante strane zone d’ombra
se la guardi senza misurarla considerando
ogni dettaglio e non accetti insidie
da presunzioni di ingannevole contezza
e accogli il pieno in quello spazio vuoto
se esegui senza accettare vertigine da altezza
o da luogo chiuso e ti lasci scivolare
in buchi neri da toccare e seguirne curve lisce
contorni imprevedibili
se ti poni in ascolto abbracciando forte il corpo
per ricordare che tu sei ora – qui
ma anche più complessa e misteriosa
se intanto sorridi accettando rughe
di concentrazione o disappunto
allora forse percepirai variabile la soglia
tra rumori e suoni – inesistente l’ombra
senza luce e impossibile
ogni forma in luce senza ombra
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Se le parole fossero
le cose – e se dicendo “pietre”
pietre avessi
e se dicendo “bastoni
bastonanti” questi davvero
colpissero le loro facce lisce
quante gliene avrei date
in questi anni
Ma la parole sono convenzioni
e l’arte una finzione
sebbene
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Piccola figlia di mio figlio
fagiolina non ancora pensata
ranocchietta dolcissima
raggino di sole
uccellina dalle ali potenti
se ti penso
ti vedo protetta da amore
non posso pensare il dolore
ti vedo tenera e forte
non posso immaginare la morte
ti vedo minuscola e bella
non posso concepire la guerra
Così non posso accettare
bambine e bambini
con altri destini
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Delucidato il diluvio
di parole
invalidate le illazioni
dei cretini
prescritte le premonizioni
dei pollicultori
tirati giù striscioni e pestati
sotto i piedi
spaludati i paladini menzogneri
non resta che picchiarli
senza inibizioni
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Se potessi tagliuzzare i tuoi pensieri
e col dito farne ricciolini
come con la pasta degli gnocchi
se potessi mordere i tuoi sguardi
– quelli che non hanno per oggetto me –
frantumarli come vetro infranto
se potessi contenerti come un cesto
di fragole e lamponi
e gioire di edeniche visioni
Se potessi amarti
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“distribuiti a smentire
la miniera del tempo, gli strati
sovrapposti e mobili, i pozzi
del corpo che celano mappe
antichissime di gesti felici
che non trovano luce. Lete
a sorsi.”
(inventario dell’occhio- Andrea inglese)?
http://www.youtube.com/watch?v=yKmZ2W7NjpA
Interessante il sorriso sempre dolente di questa poesia del minuscolo, evocatrice di Caproni, delle piccole cose, delle invenzioni della fantasia un po’ infantile, un po’ sognatrice e fiabesca, di uno spirito totalmente onesto e disincantato.