Dieci poesie

di Luciano Neri

 

da Figure mancanti, inedito.

 

(…)

(infanzia delle figure)

Il becchino e il giardiniere
nella perdita ad occhio delle loro immagini
(dalle fosse comuni al giardino botanico).
Intenti a trafugare a espiantare
le voci mancanti nel foro scoperto
che li unisce nel comune lavoro di scavo:
il campo vocale, uno, delle ellissi, due.

(…)

(visite all’Evangelico)

A D.

Nessuno ci chiedeva più il nome
e restavamo al palo di obici
piantati (al Tacheles) e come intrusi
nella corsia degli incurabili…
Ognuno cambiando ago
nel sangue – appesi al filo
dell’ossigeno – senza frontiere
ai tubi del respiratore –
da lì passa la voce –
da OranienburgerStrasse
alla periferia di Marzahn

(…)

(pagina senza luogo a Jajce)

Arrivano e trovano il terreno bruciato,
l’ufficio del turismo chiuso e nessun affittacamere
che li ospiti. Intanto gli umori cambiano
in quelli delle comparse e si fermano al centro
di un parcheggio deserto. Di sera vagano
come sorveglianti ai rumori del fiume,
nudi e intatti, disincantati verso il fondovalle
e ormai quasi invisibili, senza più contorni.

(…)

A B.

Preda nel movente dei lupi
nelle tagliole sotto le foglie del bosco
ricoperto interamente di garze…
Bastava che il soldato muovesse
il labiale, facesse un cenno.
Così ti è mancato un soffio al dirupo
degli invisibili (la sorte in mano
a un telefono da campo…):
l’unica strada quella minata
delle campagne, intorno solo l’ignoto, invalicabile
ad ogni incontro.

(…)

(primo viaggio di Leonardo)

Sei in ogni bambino, nei parchi con la mamma,
dentro un aneddoto a colori dell’Haggadah
(della Creazione o dell’Esodo), al Consiglio di Jajce:
comunque diretto a una terra lontana.
Tra le memorie adulte un sonno pesantissimo,
i passeggeri a fissare lo scafo. Vedeva la rotta marina
irreale nelle loro pagine deserte, come un fantasma
alla ricerca di luce. Il labiale degli insonni era la lettura
scomparsa che meglio riusciva a seguire,
inconsolabile, privata di corpi.

(…)

(incerte zone)

Non si guardano chi chiede di vedere
e chi concede il visto. Nessuno
nelle immagini a quel punto.
Ignoti e scorporati senza luogo.
Dopo km alla fine spariscono
una terra abbandonata a destinazione,
per quei residui si riducono in ossa

(…)

(procedure del campo aperto)

Respinti, allontanati, nelle aree
più isolate del paesaggio
corpi sonaglio, bambini-lepre.
Ogni cammino allo stesso vuoto
concentrico. Sono figure
alla tempia delle immagini:
sia sogno o veglia essi vivono
gli stessi desideri abitati
nel loro corpo rifatto
sempre uguali, ripetuti.

(…)

(l’equipaggio di U.)

Ognuno cerca di ricompensare
la memoria alla fine dei suoi anni,
fa un calcolo in eccesso
o sommario delle cose da salvare
o si appiglia a una vita
laterale o smarrita o lontana.
E anche dopo tenta invano
nelle acque ferme del porto
e ammainate le vele.
Mentre la nostalgia è dolore
appurato alla destinazione
e presto si decompone,
ha poca durata toccando le rive
di una bocca sperduta.
S’infrange nell’altro mondo
delle pagine, tracciato da qualcuno
disabituato alla terra.

(…)

(museo di Sarajevo)

Ad A.

Senza inizio né fine nella camera oscura,
le mani immerse nell’acqua piovana
del fotoreporter. E’ l’immagine
della dissoluzione – la prima. Esce
dal costato di un uomo
(a figura intera). È accaduto. A Višegrad.
Nessuno ci credeva.
Un altro immaginario si riapriva
dalle sue interiora… –
il fantasma ottico a controllo
del testimone, a difesa dell’istante
introvabile (dello scatto)
(il soggetto messo a fuoco) –
come da un’acqua rubata
lo fissava

(…)

(la figlia della signora K.)

Non ha più motivo di cercarlo
tra gli affissi di Marşala Tita
o nel padiglione pericolante
delle culture. Nel ritratto
sembra (rimasto) quello di sempre.
Ora che lei ha saputo
della radura degli insepolti
(notizie dalla campagna)
l’iride si svuota all’arrivo
di ogni (uno) straniero, cambia
reticolo alle memorie
a custodia di quella vita
(muro spinato e combinazione).
(e va dietro a un sipario
Di ombre la propria (ogni) persona
Ad un muro spinato)
Poi un bisogno di aiuto
(alla voce che implora)
e nel soggiorno un corpo vicino.

Seduto. Sconfinato.

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alessandro broggihttp://biobibliografia.wordpress.com
Alessandro Broggi (1973) ha pubblicato: Avventure minime (Transeuropa/Nuova poetica, 2014), Non è cosa (Gattili, 2014), Gli stessi (Gattili, 2013), Coffee-table book (Transeuropa, 2011), Antologia (in AAVV, Prosa in prosa, Le Lettere, 2009), Nuovo paesaggio italiano (Arcipelago, 2009), Total living (La Camera Verde, 2007), Quaderni aperti (nel Nono quaderno italiano di poesia contemporanea, Marcos y Marcos, 2007), Inezie (LietoColle, 2002). Co-dirige la testata web monografica di poesia, arti e scritture “L’Ulisse” ed è tra i redattori di “GAMMM”, "Punto Critico" e “Nazione Indiana”. [N.B. Prego non inviare proposte di testi alla mia attenzione presso la mail di Nazione Indiana, perché non verranno considerate.]