Mariasole Ariot
Della necessità di perdersi. Di smarrirsi almeno una volta.
Come un bambino coperto di spine che ancora non fanno casa, il riccio di Norstein si perde nella nebbia, in un sogno di ombre, di laghi, di incontri.
Tutto è bianco: un rito di passaggio dove il passaggio stesso è un sogno e dove il sogno diventa paesaggio lattiginoso, prima di cielo stellato e lago, poi di vapore, di cavalle bianche nel silenzio, rumori d’acqua, paure a forma di foglia e di grida, una voce adulta di gufo.
Poi la caduta : le acque scure , un dorso misterioso che lo traghetta. E da lontano l’orso chiama disperato per la conta delle stelle.
Nessuno sa contare le stelle come te – dice l’amico dopo l’attesa.
Ma il piccolo coperto di spine ora ha gli occhi spalancati. Il ricordo è proteso in avanti : una cavalla bianca, il suo destino. La stessa cavalla che Tarkovskij citerà in apertura del suo Nostalghia.
E’ diventare come bambini per poter (r)esistere in quanto adulti.
|
|
Jurij Borisovič Norštejn (Andreevka, 1941) è considerato tra i più grandi maestri del cinema d’animazione russo. Nel 1975 realizza, con la tecnica del cut-out e l’utilizzo di un prototipo particolare di multiplane camera, Il riccio nella nebbia. Accanto a lui, per la direzione artistica, la moglie Francheska Yarbusova. Qui sotto, un’anteprima della versione inglese del libro tratto dal film, illustrato dalla Yarbusova stessa.
⇨ cinéDIMANCHE
Nella pausa delle domeniche, in pomeriggi verso il buio sempre più vicino, fra equinozi e solstizi, mentre avanza Autunno e verrà Inverno, poi “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera“, riscoprire film rari, amati e importanti. Scelti di volta in volta da alcuni di noi, con criteri sempre diversi, trasversali e atemporali.
cosa ne sarà della cavalla? hai letto questo piccolo, bellissimo film in modo esemplare. Questa figura grande e indifesa che emerge dalla nebbia è proprio il destino di ognuno, il presagio, l’essere al contempo docile e imperscrutabile della vita normale. E la paura come un gufo – a sua volta spaventato e sorpreso – che ci segue, e la fiducia come un cane festoso, e l’imprevisto aiutante magico che viene quando si decide di lasciare che le cose siano come sono (stare nel fiume). Perché prima di arrivare a questo si è già visto l’albero, concreto e bello, anche se la stagione è l’autunno e le sue foglie danzano perché cadono; si è già compreso in qualche modo che nella vita c’è un centro e non ne siamo esclusi. Bisogna avere fiducia nelle lucciole. E nel fatto che si torna sempre a casa: una voce ci chiama, c’è del tè nel bollitore.
Andrei Tarkovsky “Interviews”
di John Gianvito
Univ. Press of Mississippi, 2006 [pag. 25]
,\\’
Grazie di questi commenti magici : Francesca, Andrea, Orsola.
Lascio qui – anche se in una lingua a me incomprensibile – un inizio di storia dell’animazione russa. La tecnica inventata da Alexandre Alexeieff dello schermo di spilli, le sue ombre, il Monte Calvo.
Ti ringrazio per aver parlato di questo capolavoro dell’animazione russa.
Vidi questo corto diversi anni fa grazie ad un amico. Da allora l’avrò rivisto venti volte, oltre ad averlo condiviso con tantissime persone. Bellissima (dal minuto 8.35 del video) la musica della scena in cui il riccio viene riportato sulla riva…
Caro Michele, felice anch’io che questi nove (grandi) minuti siano circolati toccando molte corde. La scena dell’acqua, il dorso che accompagna come un palmo : tutto un restare incollati allo stupore.