I colori della terra
Aristide, d’estate, aveva preso a tornare nella sua terra. Calzati i vecchi scarponi che teneva nella casa nativa, si inerpicava lungo la mulattiera di infanzia e adolescenza. Era cambiata. Cespugli e alberelli si stavano impossessando dell’impiantito di sassi e di pietre, le selve dei castagni s’erano infittite, alcuni di quelli antichi erano crollati come guerrieri sconfitti. Anche la terra che traspariva tra i sassi del percorso era diversa; da rossiccia e compatta, era divenuta scura, e non ospitava più l’andirivieni delle grosse formiche nere.
Bambino, Aristide aveva sempre osservato la terra, specie quando suo padre la rivoltava con la vanga, e le zolle erano d’un marrone umido, analogo a quello del cioccolato, e sapeva di radici. D’estate, verso sera, osservava i grilli nell’erba. Gli pareva emanassero odore di pulviscolo bruciato dal sole. La stesso che sollevavano le vacche al rientro dai pascoli; i muli, invece, parevano calpestarlo, tanto comprimevano il terreno con gli zoccoli. Scomparse le atmosfere di infanzia e adolescenza, la terra aveva assunto un’altra fisionomia. Una sera, all’inizio del tramonto, si spinse fino all’orlo dei precipizi, sotto i quali si estendeva la pianura. Erano anni che non vi era andato e ne rimase stupefatto e smarrito. La pianura non aveva più i colori della terra, ma quelli grigi, uniformi e artificiali dei capannoni dell’industria, dai quali fuoriuscivano volute di fumo bianco e compatto che, lento e inesorabile, si sollevava verso la montagna. Arrabbiato e deluso, Aristide si sentì vecchio, molto vecchio. La terra era ormai prigioniera e ammalata; malattia che si stava trasferendo a all’intero Creato.
devo confessare che io ho avuto alcune volte questa stessa impressione di sgomento – prerazioanale, e quasi istintivo – guardando dall’alto la pianura Veneta (per esempio dal Monte Grappa);
alla devastazione della Valle dell’Adige, perpetrata scriteriamente in tempi recenti, con l’intervento attivo dell’amministrazione pubblica, e con molti soldi a disposizione (e quindi ancora più inscusabile), ci sono abituato, la vedo passeggiano attorno a casa mia e la conosco a memoria;
c’è poi il colore vero e proprio della terra, sempre più chiaro (= non c’è più sostanza organica); basta guardare i campi di molta padana quando sono arati, fanno impressione; ci si avvicina a inerte materiale minerale, molto diverso dalla terra;