Celebrare Sade

di Alberto Brodesco

Convegno SadeIn queste settimane, trascorso da pochi giorni il bicentenario della morte (3 dicembre 1814), sono in corso in diversi punti d’Europa degli eventi in celebrazione di Sade. Una prima importante iniziativa è la mostra “Sade. Attaquer le soleil” al Musée d’Orsay di Parigi, curata dalla grande studiosa sadiana Annie Le Brun. Una seconda mostra, “Sade, un athée en amour”, è organizzata alla Fondation Martin Bodmer di Ginevra per la cura di Jacques Berchtold e Michel Delon, la massima autorità in materia. La prima esposizione va in cerca di Sade trovandolo dappertutto (nei dipinti di Goya, Géricault, Ingres, Rodin, Picasso…); la seconda, più filologica, esibisce manoscritti originali, illustrazioni d’epoca e altri reperti storici quali il calco in gesso del cranio di Sade. Alla dimensione espositiva si sommano poi le iniziative accademiche: un convegno a Parigi (“Sade en jeu”, 25-27 settembre) e uno a Aix-en-Provence (“Les lieux de la fiction sadienne”, 23 ottobre). I risultati scientifici della recente ondata di studi sadiani sono talvolta sorprendenti, come quando, nel corso di una sessione dal titolo “Sade auteur comique?” del convegno parigino, la sala si è trovata a ridere alla lettura di alcuni passaggi particolarmente barocchi delle 120 giornate di Sodoma. Un terzo convegno ad Amsterdam (“Sade Today”, 2 dicembre) ha individuato in Sade un “teorico queer” ante litteram. Gli approcci francesi e quello olandese mostrano delle sostanziali differenze di impostazione: i primi, pur lasciando spazio a ipotesi non convenzionali, partono dall’analisi dei testi; l’altro apre le porte all’attualizzazione e alla libertà interpretativa.

Indicando due direzioni diverse, questi orientamenti scientifici sollecitano considerazioni più generali sulla questione del rapporto della contemporaneità con Sade. Dietro alla possibilità stessa di mostre e convegni, dietro all’odierna divulgazione sadiana o al Sade divulgato stanno infatti due fattori distinti e complementari. Il primo è il secolo e più di lavoro critico su Sade – diciamo da Maurice Heine in poi. Il secondo è una società profondamente cambiata rispetto ai tempi in cui stampare Sade portava a processo gli editori (va ricordato il coraggioso Jean-Jacques Pauvert, morto quest’anno). La convergenza di queste due spinte permette agli organizzatori del convegno di Amsterdam di tenere la loro sessione pomeridiana sul palco del teatro erotico “Casa Rosso” dell’omocromatico quartiere. La disinvoltura con cui si può oggi parlare di Sade si inserisce nel complessivo sdoganamento non solo della pornografia ma anche dell’immaginario BDSM come legittimo oggetto culturale, persino alla moda. Se Sade è stato per molto tempo un corpo estraneo, inammissibile, ora lo si può considerare finalmente uno scrittore, di cui gli specialisti sono autorizzati (e finanziati) a parlare.

Ma quale Sade esce da queste celebrazioni? Se nemmeno Sade, che segna un non plus ultra nella storia della cultura occidentale, si sottrae all’integrazione nella società dello spettacolo, che cosa ha la possibilità di rimanerne fuori? Era la stessa Annie Le Brun curatrice della mostra al Musée d’Orsay a parlare in passato di una “straordinaria resistenza di Sade allo spettacolare”. E invece oggi intorno a Sade si organizzano esposizioni, rassegne di film, un quiz online su The Guardian… Sade diventa addirittura il personaggio di un popolare videogame, Assassin’s Creed Unity. È banale dirlo, ma i quarant’anni che son trascorsi da Salò o le 120 giornate di Sodoma, dove Pier Paolo Pasolini utilizzava l’inassimilabile Sade proprio a fini anti-spettacolari, hanno prodotto delle conseguenze che caricano di ulteriore forza le argomentazioni pasoliniane. In una società in cui la provocazione è il nuovo conformismo, la sparizione dell’osceno, trasformatosi nell’on-scene di cui parla Linda Williams, porta con sé la scomparsa di uno spazio etico, quello che induce a lasciare dei contenuti al di fuori della scena.
Nel periodo eroico del surrealismo Sade è stato essenzialmente un ispiratore di cattivi pensieri. Schierarsi dalla parte di Sade voleva dire non solo épater le bourgeois ma anche difendere l’indifendibile, sedersi dalla parte del torto. In un testo del 1929-30 dalla strana, paradossale attualità – una lettera mai arrivata ai destinatari intitolata “Il valore d’uso di D.-A.-F. de Sade” –, Georges Bataille tenta in modo complesso e disordinato di liberare Sade dalla trappola dei suoi ammiratori letterari per restituirlo al campo dell’azione rivoluzionaria. Sade è ancora oggi un “prossimo nostro” non per il piacere dello scandalo che sa provocare ma per quanto in esso rimane repellente, per ciò che costringe ad abbandonare la lettura o la visione. Il recupero della forza politica dell’osceno passa per l’apparizione dell’insopportabile e dell’inguardabile.

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mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot (Vicenza, 1981) ha pubblicato Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), La bella e la bestia (Di là dal Bosco, Le voci della Luna 2013), Dove accade il mondo (Mountain Stories 2014-2015), Eppure restava un corpo (Yellow cab, Artecom Trieste, 2015), Nel bosco degli Apus Apus ( I muscoli del capitano. Nove modi di gridare terra,Scuola del libro, 2016), Il fantasma dell'altro – Dall'Olandese volante a The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge (Sorgenti che sanno, La Biblioteca dei libri perduti 2016). Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato ad esposizioni collettive. Ha collaborato alla rivista scientifica lo Squaderno, e da settembre 2014 è redattrice di Nazione Indiana. Aree di interesse: esistenza.