Nove poesie
di Giorgio Ghiotti
La borghesia a perso
ho letto sul muro
di una sperduta stazione
cremasca. Futuro
che con occhio diverso
ci osservi, da lontano
viene l’amore, dalla mano
del ragazzo che ha mancato
un verbo, caduto in errore,
è la prova che abbiamo
tutti perso.
*
Per Amelia Rosselli
Se non è perdersi questo andare nella notte
da muro a muro di cucina, il sonno che perdesti
è un colpo a vuoto in questa casa china
su un burrone. C’è chi entra nel bosco
con la leggerezza luttuosa della libellula
e sul cuscino affonda il capo con l’occhio
fisso al villaggio vicino, raggiungerlo
senza meta precisa ma come nel sogno per avere
una via da seguire. Il piede inciampa,
la memoria manca da anni l’appuntamento
con l’incubo, eppure è sempre lì la spia
del reale, la parola rotta che frana
un volo d’angelo verso la luce, in verticale.
*
Se telefono per mentirti, delirando
non volertene a male.
Tu rispondi come a una chiamata
attesa da lungo tempo
e credi se ti dico: tutto bene
e poi ti addito le colpe dell’assenza.
Perdona ogni gesto tradito
ogni mancanza, ma sai
che ci sono forme da aggiungere,
muretti da sedere come tredicenni
pieni d’imbarazzo, di pudore.
Ogni menzogna è stata per me
la più alta confessione dell’amore,
le ginocchia sbucciate non valsero
allora la corsa.
*
L’atleta
Un bel ragazzo ogni mattina corre
sotto la tua finestra. Il cuore
che si arresta, la gioia più vicina.
E il giovane atleta che non sa…
Il mondo è come prima – eppure resta
il senso di una cosa andata persa
o il segno di qualcosa che verrà.
*
L’estate passata è finita
in notti di tiepidi abbracci,
sul letto il fanciullo rivede
nel sogno l’amato partire.
Non ha che i suoi morbidi lacci
non ha che il suo odore la vita.
*
Inventario di parole
per pozioni poco consuete.
Non fossi io
la ridicola tristezza
che in me alberga, non fossi tu
il corpo affatturato
di cui ho sete.
Dici: è finita.
La Parola trema.
In questa storia tu
sei la tagliola e io
la volpe scema che
ti addita.
*
Vivere a orecchio,
dicono alcuni. Con te
è il senso teso al sottobosco.
Mio lupo, io ti starei in pancia
sparando a quanti per ferita
o strappo della tua santa carne
volessero mai un giorno me
da te diviso. Da un amore così
non se ne esce vivi, le fiabe
sono tutte false.
*
Dopo tanta lettura sepolcrale
bisognava fare i conti con le ossa.
*
Da bambino chiudevo le porte
con tutti i paletti possibili per lasciare
l’ombra di fuori, il pericolo dentro. Eppure
passava da sotto col vento e io
inutilmente chiedevo per te
una sentenza mortale. Ora
lascio al di fuori del sogno
il tuo viso regale con paletti
doppi, doppie mandate e chiavistelli.
Non sapevo che come uno spettro
avresti passato le porte, vinto le sbarre
piegato la sorte per altra via laterale.
Ogni amore di profilo è perfetto.
Perfette.
Buona lettura. Poesie senz’altro migliori di quelle di Amelia Rosselli che non credevo di trovare tra i tuoi “modelli” letterari; pensavo fossi più vicino ai suoi contemporanei della linea c.d. antinovecentista, per la godibile musicalità dei testi e il ricorso a figure tradizionali e lontane dalla sperimentazione. Devo ancora leggere una bella poesia della Rosselli pur avendole comprate tutte. In compenso ho apprezzato le tue. Un saluto.