Questo film verità ha la rara prospettiva, l’intento, di metterla sempre questa verità in una posizione equilibrata ed equidistante, impiegando volutamente i mezzi tecnici di un documentario: un bianco e nero vellutato, il contrasto elevato della fotografia, un morbido sgranato che non indulge mai nel particolare emotivo, banalmente psicologico, la luce diffusa neutra e oggettiva, la camera a spalla 16 millimetri per le riprese nella Casbah, che sembra far correre lo spettatore fra scale, viuzze, porte, scalini nell’ansia dei rastrellamenti.
La violenza giusta, secondo ciascuna delle due parti, quella rivoluzionaria di chi si rivolta e quella del militare che fa il suo dovere e obbedisce agli ordini, anteponendo il fine ai mezzi anche sordidi per reprimere, è sempre dolorosa e ingiustificabile.
La violenza è violenza, siano corpi di pelle scura o di pelle bianca, il loro scempio è sempre qualcosa di traumatico.
Quando il livello del conflitto si alza da una prospettiva militare e, dalle singole esecuzioni di membri delle forze di polizia ad opera dei ribelli, si evolve in attentati terroristici contro civili, siano essi opera dell’OAS, mero terrorismo di destra o del Fronte Nazionale di Liberazione, come reazione, lo sguardo è sempre di profonda pietà.
Audio Player
Il Kyrie della Messa in Si Minore di Bach che nasce sommessamente dal boato commenta con la stessa attonità pietosa tenerezza sia gli effetti dell’esplosione nella Casbah con la donna Madonna addolorata e la deposizione dei corpi, che quelli degli attentati nei bar dei bianchi, dove le lancette degli orologi camminano verso l’ora delle detonazioni che fermeranno per sempre la vita di un bambino che lecca il gelato o un ballo di ragazzi, il cha-cha-cha spensierato e inconsapevole di Hasta mañana, Rebecca!.
Gli accordi e il canto sacro e solenne sulle macerie, fra il fumo, aprono verso l’alto di una visione super partes, verso un Requiem contro ogni guerra e più di qualsiasi parola cercano al conflitto pace, alla morte tregua.
ripassare i fondamentali è sempre salutare, abbraccio Orsola, V.
e sarebbe meglio che i fondamentali non si dimenticassero