cinéDIMANCHE#11 GILLO PONTECORVO La battaglia di Algeri [1966]
Orsola Puecher
1957 Nalla Casbah di Algeri due uomini, una donna e un bambino braccati in un nascondiglio nel muro, mimetizzato da povere piastrelle sbrecciate, nei secondi – 30 – dell’ultimatum ad arrendersi.
Alì, mi senti?
Ascolta.
Tu sei l’ultimo.
Non c’è piu’ niente da fare.
L’organizzazione non esiste più.
Sono tutti morti o in prigione.
Uscite fuori.
Avanti, arrenditi.
Sguardi, respiri affannosi, silenzio consapevole – non si arrenderanno – prima di essere fatti saltare in aria dai lezards, i paracadutisti comandati del colonnello Mathieu e prima di un lungo flashback sulla nascita e morte della rivolta algerina contro i colonialisti francesi. Parte dell’antefatto il tradimento di Sadek che, dopo un cruento interrogatorio, sfinito dalle torture, disperato, condurrà i soldati al nascondiglio dei suoi compagni.
Questo film verità ha la rara prospettiva, l’intento, di metterla sempre questa verità in una posizione equilibrata ed equidistante, impiegando volutamente i mezzi tecnici di un documentario: un bianco e nero vellutato, il contrasto elevato della fotografia, un morbido sgranato che non indulge mai nel particolare emotivo, banalmente psicologico, la luce diffusa neutra e oggettiva, la camera a spalla 16 millimetri per le riprese nella Casbah, che sembra far correre lo spettatore fra scale, viuzze, porte, scalini nell’ansia dei rastrellamenti.
La violenza giusta, secondo ciascuna delle due parti, quella rivoluzionaria di chi si rivolta e quella del militare che fa il suo dovere e obbedisce agli ordini, anteponendo il fine ai mezzi anche sordidi per reprimere, è sempre dolorosa e ingiustificabile.
La violenza è violenza, siano corpi di pelle scura o di pelle bianca, il loro scempio è sempre qualcosa di traumatico.
Quando il livello del conflitto si alza da una prospettiva militare e, dalle singole esecuzioni di membri delle forze di polizia ad opera dei ribelli, si evolve in attentati terroristici contro civili, siano essi opera dell’OAS, mero terrorismo di destra o del Fronte Nazionale di Liberazione, come reazione, lo sguardo è sempre di profonda pietà.
Il Kyrie della Messa in Si Minore di Bach che nasce sommessamente dal boato commenta con la stessa attonità pietosa tenerezza sia gli effetti dell’esplosione nella Casbah con la donna Madonna addolorata e la deposizione dei corpi, che quelli degli attentati nei bar dei bianchi, dove le lancette degli orologi camminano verso l’ora delle detonazioni che fermeranno per sempre la vita di un bambino che lecca il gelato o un ballo di ragazzi, il cha-cha-cha spensierato e inconsapevole di Hasta mañana, Rebecca!.
Gli accordi e il canto sacro e solenne sulle macerie, fra il fumo, aprono verso l’alto di una visione super partes, verso un Requiem contro ogni guerra e più di qualsiasi parola cercano al conflitto pace, alla morte tregua.
Il comandante Mathieu istruisce i suoi uomini alle regole, mai dismesse e rinnegate, di ogni teatro di guerra:
Dobbiamo compiere le indagini necessarie per percorrere l’intera piramide da un vertice all’altro. La base di questo lavoro è l’informazione, il metodo è l’interrogatorio. E l’interrogatorio diventa metodo, se condotto in modo da ottenere sempre una risposta. Nella situazione attuale, dimostrare una falsa umanità non porta che al ridicolo e all’impotenza. Io sono certo che tutti i reparti comprenderanno e reagiranno conseguentemente. Ma purtroppo non dipende solo da noi. Noi abbiamo bisogno di avere la Casbah a disposizione. Dovremmo setacciarla e interrogarla tutta quanta. Ed ecco che ci troviamo di fronte all’intrigo di leggi e di regolamenti che continuano ad essere operanti, come se Algeri fosse un luogo di villeggiatura e non di battaglia.
E così la rivolta verrà stroncata.
Ma a poco a poco i tempi diventeranno maturi per un cambiamento e pochi anni dopo niente potrà più fermare quelle grida incomprensibili ritmate, da incubo delle donne e la loro danza con la bandiera algerina fra le mani.
Nella pausa delle domeniche, in pomeriggi verso il buio sempre più vicino, fra equinozi e solstizi, mentre avanza Autunno e verrà Inverno, poi “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera“, riscoprire film rari, amati e importanti. Scelti di volta in volta da alcuni di noi, con criteri sempre diversi, trasversali e atemporali.
Cineocchi, per uomini senza macchina da presa
1.
“Vertov: lo sguardo e la pupilla"
di Mariasole Ariot
https://www.youtube.com/watch?v=cGYZ5847FiI
“Un cineocchio”, un manifesto, una dichiarazione:...
Sono storie fra due guerre, di uomini, padri e figli, di donne: nonne, madri, sorelle, zie e nipoti, numeri di tombola estratti nella sequenza di un viaggio ideale attraverso una città, fra tracce e strade di un percorso cifrato.
"Fra la stuoia, le gambe dei mobili e lo spazio sotto il letto, scoprivo a volte non soltanto isole senza nome, ma anche nuove stelle, ignoti sistemi solari, galassie intere. Se mi avessero rinchiuso in prigione, certo mi sarebbero mancate la libertà e svariate altre cose, ma non avrei patito la noia, sempre che mi avessero lasciato tenere, nella mia cella, una confezione di domino o un mazzo di carte, due scatole di fiammiferi, una dozzina di monete o un pugno di bottoni: avrei trascorso la mia giornata seduto a sistemarli."
Vi aspettiamo alla Festa di NazioneIndiana 2018! Quest'anno si terrà sabato 27 ottobre dalle 16.30 e domenica 28 ottobre dalle 10 alle 12 ed è stata organizzata in collaborazione con l'Associazione C.A.R.M.E.
ripassare i fondamentali è sempre salutare, abbraccio Orsola, V.
e sarebbe meglio che i fondamentali non si dimenticassero