Dalle memorie di un insonne/3
di Giorgio Mascitelli
Modestamente, e non me ne vanterò mai abbastanza, sebbene mi avveda di quanto questa informazione possa apparire sorprendente in uno così sconnesso e inabissato, io conduco una vita sociale intensa nel suo genere. Soffrendo un po’ d’insonnia o sarebbe più giusto dire di metainsonnia, ossia di insonnia da paura dell’insonnia, per quanto abbia sviluppato una serie di tecniche di addormentamento aggiornate e pressoché infallibili in un’ottica statistica di lungo periodo, ho deciso utilitaristicamente di far diventare questo inconveniente un atout o per meglio dire un asset per migliorare le mie relazioni sociali e nel contempo facilitare al postutto le operazioni di inoltramento nel sonno. Così, visto che potrei non addormentarmi tanto presto, frequento serate mondane di vario tipo e genere. Naturalmente la disponibilità e l’impegno non bastano da soli per avere una vita sociale intensa, ci vuole anche il talento naturale.
Il mio talento è questo di conoscere tantissime barzellette, più dello stesso Berlusconi, e di saperle raccontare benissimo, cosicché spesso gli estimatori le vogliono riascoltare e io sono gettonatissimo. Inoltre, rispetto a Berlusconi, ho anche il vantaggio che se per caso una non piace, uno non si sente obbligato a ridere lo stesso. Conosco quella dell’italiano, del francese e del tedesco in un campo di ortiche, quella della talpa e del carabiniere, quella delle scandinave e delle piramidi, quella sporca della panna montata, quella delle tutele crescenti, quella del mago di Avellino, quella del fiscalista lussemburghese, quella dell’algoritmo lussemburghese, quella del prete e della suora che giocano a golf, quella del self made man, quella del fantasma Formaggino, quella di Pierino e del protocollo di Kyoto, quella dell’abolizione delle frontiere, quella del gene del successo, quella del quoziente d’intelligenza più alto del mondo, quella di Zuperman, quella della fine dell’umanesimo, quella del trionfo della libera scelta, quella del maggiolino tutto matto e molte altre ancora.
Immancabilmente, c’è sempre un momento della serata in cui mi si chiede di raccontarne una nuova oppure di ripetere questa o quella ( se questo momento non arriva spontaneamente, non esito a fomentarlo io). Allora supero di slancio la mia stanchezza e so di non essere veramente stanco, ma che è tutto un fatto di testa. La gente ride e io stesso sorrido compiaciuto come un vero re del convivio. Il mio compiacimento non può che aumentare se penso che se non avessi fatto questa scelta, a quest’ora starei a rigirarmi nelle coperte in preda alle indispensabili ma snervanti operazioni di addormentamento.
Immancabilmente, però nel corso della serata, talvolta proprio mentre sto assaporando lo spumeggiante calice del successo, una domanda angosciosa torna a trafiggermi, come se fosse un qualsiasi raggio di sole. La domanda angosciosa che mi trafigge è precisamente se ho fatto bene a fare quella scelta. Non devo essere frainteso, non alludo alla scelta se tirare tardi oppure andare a letto presto. Quella scelta è stata presa una volta per tutte e perfettamente ponderata e calcolata, alludo invece alle prospettive che quel dato tipo di serata rispetto a un’altra offre. Se ho scelto di muovermi in direzione di un’ottimizzazione dei miei disturbi, allora è perfettamente legittimo chiedersi, anche con una certa angoscia, se sia quella la migliore ottimizzazione possibile oppure possa essere implementata con un’opportuna informazione preventiva. Ci potrebbero essere altri luoghi dai quali la mia mondanità potrebbe ricevere maggiori propellenti rispetto a quello dove mi trovo.
Basta un attimo per fare la fine dell’uomo in frac che si trovò a girare a zonzo dopo mezzanotte con il suo cilindro e con il suo bastone di cristallo, non appena si rese conto di aver partecipato alla serata sbagliata. Per esempio, una volta due amici mi proposero di andare a prendere il gelato nella piazza di Vigevano, cosa che mi avrebbe rilassato e forse fatto dormire subito, ma la stessa sera avevo un invito per un salotto di quelli giusti ,che mi avrebbe spianato la strada per altri salotti ancora più illustri e di salotto in salotto, nei quali si apprezzavano o si sarebbe apprezzate le mie barzellette più taglienti, a quel punto nel ripostiglio avrei potuto finirci solo se lo avessi voluto io. Era angoscioso per me cosa scegliere perché era chiaro che la serata vigevanese sarebbe stato un toccasana, un unire l’utile al dilettevole e che solo un desiderio di ottimizzazione strumentale mi avrebbe fatto scegliere quel salotto buono. Per fortuna poi mi venne in mente che quella gente, quella del salotto, aveva bisogno di me, attendeva con ansia quella ventata di buon umore che le mie barzellette avrebbero senz’altro portato. Non mancai di sottolineare nel corso della serata che agli ampi raduni di una socialità consumistica io preferivo un desco parco allietato dal calore di pochi amici sinceri e che avevo rinunciato a una magnifica serata a Vigevano per essere lì. Cominciai anzi a nutrire una profonda angoscia per questo mio sacrificio contrario ai miei voti più profondi, che alla fine della sera cedette il passo a un senso di disdoro perché le mie barzellette furono definite da un commensale già note, anzi stravecchie, come raccontate da uno completamente sconnesso dalla rete e non solo.
Talvolta mi viene il sospetto che il discorso del nemico di classe si sia insinuato in me. Qualcosa di simile a una prova l’ho avuta allorché una mia vecchia compagna di classe, che lavora come ricercatrice precaria all’Istat, mi ha detto che per loro le classi sociali non esistono più. Era chiaro come il sole che lì gatta ci covava. Ma forse sto semplicemente boicottando me stesso, proprio ora che ho avuto una giusta idea ottimizzatrice che mi consente di sfruttare le mie problematiche per avere successo. Spesso accade che invidiamo a noi stessi la nostra forza di volontà e invece di lasciarla a briglia sciolta, come sulle strade della California, la blocchiamo con mille piccole obiezioni. E’ ora che io rimuova gli ostacoli che metto da me stesso sulla mia propria strada per rimanere in una condizione di inferiorità che devo imputare soprattutto a me medesimo e agire con decisione in vista dello scopo prefissato. Oggi insomma dobbiamo tutti farci un po’ guru di noi stessi, che tra l’altro ci permette anche di risparmiare, con buona pace dell’AssoGuri.
(3,continua)