Dalle memorie di un insonne/5

di Giorgio Mascitelli

Un amico, un sedicente amico, mi ha propinato delle strane bustine color fucsia che mi dovrebbero far dormire come un angioletto, visto che i metodi naturali hanno fallito al pari di quelli sociali. Ma per me qui c’è puzza di bruciato, non mi convince la sua affabilità, la sua gentilezza un po’ melensa. Qui c’è puzza di Big Pharma. Essi si insinuano nei meandri dei loro oppositori e dei loro detrattori proponendo tramite falsi amici dei prodotti che creano dipendenza. Essi vanno davanti alle scuole a distribuire certe deliziose caramelline ai bimbi contenenti un principio attivo che crea dipendenza.  Essi prendono certe medicine prodotte per certe malattie e, senza averne le prove, dicono che servono anche per curare altre malattie per creare dipendenza. Lui mi ha garantito che le bustine erano dei generici. Ma io non mi fido e certo non diventerò uno zombi di Big Pharma.

Le bustine a ogni modo giacciono sul ripiano dell’armadietto in bagno, anche se non le prenderò mai.

Poi bisogna stare attenti ai falsi amici, dal momento che qui siamo tutti amici e fratelli che si danno del tu, che non è nient’altro che l’abbreviazione di tutum, il rumore della zanzata che ti arriva nei denti, non appena voltato l’angolo. Basta un attimo e i cosiddetti amici ti fanno fare la fine di Compare Salsiccia. Mi risulta che ci siano dei ministri degli esteri di vari paesi che chiamavano per nome  i primi ministri di altri paesi, che pochi mesi dopo sarebbero stati  bombardati per ordine di quegli stessi ministri degli esteri. Almeno una volta, quando c’erano ancora i conoscenti, uno stava sul chivalà. Adesso con tutte queste interfacce amichevoli, con questo continuo darsi un cinque, con questi bacini e bacetti, con gli emoticon d’amicizia e affetto, con pacche e scappellotti  siamo in pericolo. Occorreva che il galateo degli hippy e dei fricchettoni vincesse affinché continuasse a comandare il soldo. E Big Pharma.

Qualcuno potrebbe anche dire che sono un sognatore o meglio un illuso ( perché per sognare dovrei dormire), ma preferisco un mondo in cui perfino i fidanzati si danno del lei, almeno fino alla prima volta in cui copulano assieme, e ci sia la sanità gratuita per tutti, che un mondo in cui tutti fanno gli amiconi e Big Pharma riempie i giornali di annunci che tra pochi anni saremo immortali o comunque giovani fino a cento anni. Qualcuno potrà dire che sono un illuso, ma così dandosi del lei nel mondo ci sarebbe molta più armonia.

Forse sono davvero un illuso e dovrei semplicemente andare in bagno, aprire l’armadietto e prendere una di quelle bustine. Questo sarebbe una forma di sano pragmatismo: basta con i pensieri, le ansie, le angosce, finalmente dormire. Se, però, un pragmatismo riesce a esprimere tutta la sua sanità solo attraverso l’assunzione di medicinali che probabilmente hanno qualche effetto collaterale a seguito di un uso abituale e danno dipendenza c’è nelle cose oggettivamente come un’amara ironia, che ai tempi di mia nonna non si coglieva e che non dipende da nessuno stato d’animo soggettivo. Alla fine, la percezione di questa ironia è l’unico baluardo che mi trattiene dal mandar giù una bustina.

Contravvenendo a una prassi consolidata, questa notte ho posto una sveglia, anche se non carica, sul comodino e dunque vedo che sono già le due.  Immagino allora la mia calotta cranica che balugina nell’oscurità ( m’immagino sempre più cose del necessario). Magari aveva ragione la nonna di un tempo, non la mia, non una in particolare, ma la nonna per antonomasia, che la causa dell’insonnia nasce dal fatto di non sapere che fare durante il giorno. Gli onesti lavoratori dormono profondamente, essa pensava,  un sonno senza interruzioni perché se lo sono guadagnato con il sudore della fronte. Ora a me non sembra di battere la fiacca, anche perché ho paura che non mi rinnovino il contratto, eppure non prendo sonno. Non sono un lazzarone, non sono un perdigiorno che va a zonzo, non sono uno zuzzerellone, non sono un turista della vita, però anch’io in un certo senso non so che fare durante il giorno perché quest’idea che si lavori duramente per ottenere il diritto al sonno grazie al quale ci si rifocilla per poter sostenere un’altra giornata di lavoro non mi sembra una strada percorribile.  O meglio ci vedo l’ironia della cosa. A me l’ironia m’ha rovinato: invece di rigirarmi nel letto, e sono già le tre, a quest’ora se non c’era l’ironia, ero a Londra e avevo già musicato tutto l’orario musicale, come quel tale.

Adesso magari viene fuori che, se ho l’insonnia, è colpa mia e che se fossi veramente zelante e desideroso di venirne fuori prenderei le bustine senza perdermi in tanti ragionamenti contorti. Infine mi si chiede soltanto di barattare un po’ d’ironia per la felicità o almeno la serenità; cioè in realtà nessuno mi chiede o mi ha mai chiesto nulla, ma le cose si mettono sempre in modo tale che nella realtà avverti una sorta di pressione come se tutti le chiedessero ( e le idee dominanti continuano a essere quelle delle classi dominanti).  Ciononostante nella notte della mia insonnia, e vedo le cinque  sul quadrante e sento qualche uccellino cantare ( è strano che succeda a Milano eppure succede), nella notte della mia insonnia in cui mi conosco nuovamente come insonne mi sembra di essere più vicino a qualcosa che grosso modo all’incirca più o meno si potrebbe chiamare la verità.

Forse anche il vitello e il maiale di un allevamento bio sono più agitati, ma più veri di quelli degli allevamenti industriali. Non lo so. So soltanto, in questa notte della mia insonnia, che finché il fisico regge è giusto che vada avanti così. All’alba non vincerò o crollerò, andrò  avanti così senza bustine. Come fanno gli uomini, come hanno sempre fatto, compiendo milioni di cose e raccontandosene ancor di più finché il fisico  regge.

(5,fine)

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