Post in translation: intervista a Vincenzo Vega
In occasione della presentazione del libro Soumission (Sottomissione) che si svolgerà il 21 febbraio alle 18h30 alla libreria Il Ponte sulla Dora di Torino, a cura di Francesco Forlani ed Enrico Pandiani abbiamo intervistato Vincenzo Vega, traduttore tra gli altri di Joel Dicker, Christian Jacq, Antoine de Saint-Exupéry, e per l’appunto dell’ultimo romanzo di Michel Houellebecq. Un ringraziamento a Leonardo Luccone (Oblique) per aver reso possibile questo scambio.
Innanzitutto, complimenti per la traduzione di un romanzo che sembra contenerli tutti. Il lavoro dell’extension, il liberalismo sessuale delle particules, quello del fanatismo de la possibilité e dell’arte nella Carte. Man mano che si procede nella lettura si sentono gli echi di tutti i personaggi; il gran tema dell’economia li sovrasta tutti. Del resto Bernard Maris, economista vittima dell’attentato a Charlie Hebdo, ha scritto di Michel Houellebecq che nessuno scrittore è mai riuscito, come lui, a cogliere il disagio economico che incancrenisce la nostra epoca. Vincenzo questo è il primo libro di Houellebecq che traduce. Quanti giorni le hanno dato per tradurlo? Se l’è potuto godere da lettore?
Ho avuto un mese. No, nessun godimento da lettore con così poco tempo. Però la sera per immedesimarmi rileggevo Huysmans nella traduzione di Dettore, quello sì un godimento.
La possibilità di un’isola e La carta e il territorio erano stati tradotti sempre per Bompiani da Fabrizio Ascari, a detta di molti, autore di ottime traduzioni. Ha avuto la possibilità di confrontarsi con lui?
No. Ho parlato con Perroni, che aveva tradotto i primi tre Houellebecq pubblicati in Italia.
Perché in Italia non ci sono scrittori come Houellebecq in grado di sparigliare le carte?
Andrebbe chiesto agli editori (agli scrittori no, perché a sentir loro sono tutti così anticonformisti che al confronto Houellebecq è Severgnini).
Sempre per rimanere a MH, vorrei farle una domanda. Lei come avrebbe tradotto il titolo, Extension du domaine de la lutte?
Non mi dia altro lavoro.
Prendendo spunto da questa foto pubblicata sull’Internationale Situationiste, secondo lei in questo libro di Houellebecq c’è più Freud o Marx?
Tutt’al più Marx, ma nell’ubicazione che gli spetta; quella indicata dalla foto è inconfutabilmente pascolo per Freud.
C’è molta filosofia in questo romanzo. A un certo punto Houellebecq scrive:
Le seigneur Jésus devait revenir. il revenait bientôt, et déjà la chaleur de sa présence emplissait de joie leurs âmes, tel était au fond le thème unique de ces chants, chants d’attente organique et douce. Nietzsche avait vu juste, avec son flair de vieille pétasse, (con il suo fiuto da vecchia bagascia) le christianisme était au fond une religion féminine.
Lei crede in dio?
(qui mi sono detto, adesso mi risponderà: T’es hors sujet Ducon (sei fuori tema, Cretinetti!)
In dio no. In Dio sì.
Huysmans. Uno dei suoi libri, Controcorrente, è stato tradotto proprio da Fabrizio Ascari. Una delle edizioni precedenti era stata invece curata da Camillo Sbarbaro. A questo proposito vorrei proporle un passaggio tradotto dal poeta ligure e tratto dall’introduzione:
Soprattutto non mi scapperebbe più dalla penna che le visioni di Angela da Foligno sono insulse ed acquose: è vero il contrario. A mia discolpa debbo dire che le avevo lette solo nella versione che ne fece Hello. Ora, Hello era ossessionato dalla mania di sfrondare, di edulcorare, di ingrigire i mistici; temeva, se non lo avesse fatto, di offendere l’epidermica pudibonderia dei cattolici. Nel caso di Angela da Foligno, egli ha messo sotto torchio un’opera ardente, traboccante di linfa, per tirarne un succo gelido ed incolore, intiepidito alla meglio a bagnomaria alla grama fiammella del suo stile.
Nel suo caso ho potuto con grande felicità constatare che non si è affatto preoccupato di offendere l’epidermica pudibonderia dei cattolici. L’iconoclasta Houellebecq lo ritroviamo indenne nella sua traduzione. Eppure ho potuto riscontrare una certa ritrosìa dell’editoria italiana nel cedere alla grossièreté Qualche tempo fa per esempio è uscito il magnifico libro di Topor, Mémoires d’un vieux con, tradotto con Memorie di un vecchio cialtrone. Lei che ne pensa?
Vecchi retaggi tornano.
A proposito del tradurre, Pietro Benzoni, riprendendo un verso di Sbarbaro parla dell’essere traduttore come un modo attutito d’esistere. In una nota, lo stesso scriveva:
Al lavoro di tradurre il compenso che non può mancare è il diletto che vi trovo; diletto, forse perché traducendo esaudisco le possibilità che mi restano di scrittore in proprio: modeste, se le appaga il giro dato a un periodo, una cadenza, la scelta di un aggettivo.Traducevo allora a rotta di collo, […] accettavo qualunque proposta di traduzione, un po’ per necessità e più per illudermi di scrivere ancora.
Condivide questa riflessione?
Dipende dal livello degli autori tradotti, e dall’ispirazione che si sente nei loro libri. A proposito di Sbarbaro, penso che Salambo tradotto da lui sia perfino meglio dell’originale.
C’è qualcosa che unisce le parabole dei grandi autori francesi e coincide con una dissipazione dei tratti, lo sfinimento della faccia, la distruzione del volto. Disfacersi. Ha avuto la possibilità di incontrare Michel Houellebecq ?
Mai incontrato. Ma a ben guardare non è mai stato un adone.
Tornando sul campo minato della sessualità c’è un passaggio molto bello in cui il protagonista di Soumission rileva l’impoverimento dell’immaginario attraverso l’incapacità di usare tutte quelle sfumature della lingua (per niente grigie) che venivano usate un tempo per l’atto sessuale.
II avait, de toute évidence, raison ; et, même du point de vue plus restreint de l’«art de vivre», la dégradation était considérable. Acceptant un baklava que me tendait Rediger, je me souvins d’un livre que j’avais lu quelques années auparavant, consacré à l’Histoire des bordels. Dans l’iconographie de l’ouvrage, il y avait la reproduction du prospectus d’un bordel parisien de la Belle Époque. J’avais éprouvé un vrai choc en constatant que certaines des spécialités sexuelles proposées par Mademoiselle Hortense ne m’évoquaient absolument rien ; je ne voyais absolument pas ce que pouvaient être le «voyage en terre jaune», ni la «savonnette impériale russe». Le souvenir de certaines pratiques sexuelles avait ainsi, en un siècle, disparu de la mémoire des hommes – un peu comme disparaissent certains savoir-faire artisanaux tels que ceux des sabotiers ou des carillonneurs. Comment, en effet, ne pas adhérer à l’idée de la décadence de l’Europe ?
e se le chiedessero di tradurre questo?
Volentieri, previo consulto con Mademoiselle La Pompe.
Ultima domanda. Ha mai posseduto una Chevrolet Chevelle del 1964? E una Colt M1911?
Qui sì avrebbe senso la faccenda Cretinetti.
da Pulp Fiction.
ED SULLIVAN (into microphone) Let's hear it for our first contestants. Patrons cheer. Vincent and Mia walk up to the microphone. ED SULLIVAN Now let's meet our first contestants here this evening. Young lady, what is your name? MIA (into microphone) Missus Mia Wallace. ED SULLIVAN (into microphone) And, uh, how 'bout your fella here? MIA (into microphone) Vincent Vega.
Comments are closed.
[…] Nazione Indiana, Francesco Forlani ha intervistato Vincenzo Vega, traduttore del discusso Sottomissione di Michel […]
[…] Un’intervista al traduttore […]