da “La storia, i ricordi”
di Gianluca D’Andrea
Trasposizione (o l’identità del poeta)
Il fatto di essere non sussiste
esiste l’essere come un fatto
del sentire. Allora io sarà il nucleo
per cui posso essere me stesso,
non il triciclo abbandonato in strada
accanto ai bidoni ustionati.
Mia figlia pedala.
Io è le mutande del ragazzo
al semaforo che vende accendini.
Dopo un giorno di lavoro
brucio i fazzoletti abusivi
e raccolgo parole da uno schermo,
ustionato da tutti i contatti.
L’identità (o trasposizione del poeta)
Sentiva di spostarsi e accadimenti
intercedevano per lui che si spostava,
sospinto dalla piena presenza
di se stesso. Impercettibilmente
ad agire era un moto secondario,
che diventava consistente e si perdeva.
Camminava pienamente.
Si alternava in tutto il movimento
la sensazione vera di non essere
se non se stesso in contatto perenne,
come accade nelle passerelle
agli aeroporti dopo un giorno
in piedi a calpestare i propri passi.
Qui leggibile in formato .pdf La-storia-i-ricordi, lungo estratto da una silloge inedita di Gianluca D’Andrea, che si interroga sul ‘ritorno’ della storia, l’impotenza politica, il mito (e il disagio) dell’identificazione poetica, le illusioni della comunicazione totale, le epoche eroiche della formazione giovanile che si intrecciano ai fantasmi cupi di un’epoca sempre più delineata nella sua ansia dissolutoria. (rm)
*
Un grazie a Renata Morresi, anche per la nota pregnante
Quando intensità biografica, memoria dell’adolescenza e coscienza critica si sciolgono nelle premesse profonde del dettato poetico, nella sua oggettività ineludibile, senza la quale ogni prosodia si riduce a lirica autoreferenziale, quando ciò succede, e non succede molto spesso, ecco, è possibile che ci sia imbattuti nei versi di Gianluca D’Andrea.
Il rapporto problematico tra l’io e lo spazio mi sembra essere il nucleo di questi due testi di Gianluca D’Andrea, e, già solo per questo motivo, lasciano sperare in una raccolta importante e profonda. La località in poesia è questione più complessa e spinosa del realismo.
Ho avuto l’onore di leggere in anteprima il poemetto di Gianluca permettendomi di suggerire quella virgola che ora sta fra due pesanti ma ponderati sostantivi. Questo felice misto tra la prospettiva generale storica e quella piú intima si fondono a creare una sorta di romanzo in versi di formazione in cui si avverte il peso della storia che si riflette sul peso ad esistere del soggetto, a scaturire dalla quotidianità pur avvertendone il peso. Ora qualche passo è cambiato ma la struttura e l’efficacia rimangono inalterati. Complimenti a Gianluca per la forma lavorata abilmente e per la necessità del dire questi contenuti così importanti per tutti noi.
La distinzione tra soggetto e oggetto è un confine labile, in questi nuovi testi di Gianluca d’Andrea l’io vive e si osserva vivere in modo speculare alla storia individuale e collettiva, i piani si intersecano indistinguibili e producono lo scarto di una nuova visione.
Beh, daniela. Questo è un punto decisivo. Soggetto e oggetto non esistono. Esiste un progetto, ma chi sceglie che direzione dare? il racconto? (cioè la storia?). Durissimo
molto belli questi versi, una tendenza di fondo astratta e metafisica, un muoversi in equilibrio instabile su un abisso , con sempre nuovi spazi di vertigine sia concettuali che verbali
poesia da leggere e rileggere, in quanto non si confida interamente al primo approccio e il lettore è spinto ad un lavoro di scavo speculare a quello dell’autore