Novella Cantarutti (poeti friulani # 3)

fotografie di Danilo De Marco

001-Novella-a-Frisanco-1994

 

 

 

 

 

 

 

Gent da la Grava (Spilumberc)

Li’ gravi’ a’ bévin

il sarègn da l’aga

tal Tilimìnt,

e ta li’ pièri strachi’

dal cjscjel

al duàr un altri timp.

Gent da la Grava

ingenoglada in Domo,

là che i arcs

a’ son ali’ di ànzai granc’

e i sans flurîs in coru

intôr l’altâr

a’ vèglin

tuna lûs verda di aga.

 

Gente della Grava (Spilimbergo). Le ghiaie bevono / il sereno dell’acqua / nel Tagliamento,/ e nelle pietre stanche / del castello / dorme un altro tempo./ Gente della Grava,/ inginocchiata in Duomo,/ dove gli archi / sono ali grandi d’angelo / e i santi fioriti in coro / intorno all’altare, / vegliano / in una luce verde d’acqua.

 

 

Gust da essi viva

 

Gust da essi viva

ta la di

ch’a discròsa

li’ ali’.

La calìga

’a si distrût

Sblancjada

avuâl dai prâs.

Gust da essi viva

pa la strada

ch’a mèna a Messa,

sot i lens,

pa li’ ombrèni’

bagnàdi’ di lusóur.

 

Gusto d’essere viva. Gusto d’essere viva / nel giorno / che scioglie le ali. / La bruma / si dissolve /sbiancata / sul profilo dei prati. / Gusto d’essere viva / sulla strada / che porta a messa, /sotto gli alberi, /fra le ombre / intrise di luce.

 

005-Novella-Cantarutti330-c

 

 

 

 

 

 

 

Scunfindi il nuja

 

Polvara nȏ

 

Polvara nȏ

ta la spera di clâr

ch’a s’impìa

tra il nassi e il murî.

Polvara ch’a si distùda

o dome ch’a muda sît?

 

Scunfindi il nuja

 

Setu lusour inceât

tuna lagrima

ch’a la glòtin

i voi da la mari

in vegla sun vîs e muars?

Setu pirdût cun jè

tun jessi veir

ch’al mi scunfindi il nuja?

 

‘Na fissidura

 

Esel dome un di drenti,

par ch’j possi tignî

li ombri impiadi?

Lunc via ‘na fissidura da inglaviâsi

si brinche

un larc un prât un ceil,

dulà che inmò

la vita ‘a bulièi?

 

Scongiurare il nulla. Polvere noi. Polvere noi nel raggio di luce che si accende tra il nascere e il morire: polvere che si disperde o forse muta soltanto sito.

Scongiurare il nulla. Sei lume palpitante in una lacrima che trema negli occhi della madre in veglia sui vivi e i morti? Sei perso con lei in un essere vero che scongiuri per me il nulla?

Uno spiraglio. Posso appena dentro di me dare vita alle ombre? Al di là di uno spiraglio affaticante, si può carpire uno spazio un prato un cielo, dove ancora palpiti la vita?

 

003-Novella-Cantarutti327-c

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Glana e gusela

 

Glana e gusela

a’ strapongin la lana bisa

o ch’a flurissin il vel di seda.

Al é il vivi:

un pont davour chel âtri

grop o recam

o ruda imbastidura.

‘A va e ‘a ven

la gusela ch’a ponta

su la mê tela

pi rara e lisimada.

 

Gugliate e ago. La gugliata e l’ago trapungono la lana bigia oppure fioriscono il velo di seta. È il vivere un punto dopo l’altro, nodo o ricamo o semplice imbastitura. Va e viene l’ago che cuce sulla mia tela più rada e consunta.

 

 

Strada da li’ Clausini’

 

Ta sti’ lavini’ il cour al é nassût,

tra il vert avâr e la Miduna sglónfa,

vivi’ li’ éti’ tal siò fons rimìt

come il timp inclapît in ta la cròda.

Strada batuda, lunc via li’ lavini’,

dal pas di un’ava vignuda nuvicia

da un borc secrét in poura sora i fluncs.

J’ vuei il siò ridi e ’na viesta da noci’!

Tra il vert avâr e la Miduna sglónfa.

 

Strada delle Clausini’. In queste lavine il cuore è nato, tra il verde avaro e la Meduna gonfia, vive le generazioni nel suo fondo solitario come il tempo impietrito nella croda. Strada percorsa, lungo le lavine, dal passo d’un’ava venuta sposa da un borgo remoto sospeso sulle voragini. Voglio il suo riso e una veste di nozze! tra il verde avaro e la Meduna gonfia.

 

006-Novella-Cantarutti328-c

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Novella Cantarutti appartiene alla generazione che, alla fine della seconda guerra mondiale (1945) si dedicò all’uso della propria lingua, in poesia e prosa, e allo studio della vita tradizionale friulana, nella varietà e nella complessità dei suoi campi, dall’oralità al costume, alle consuetudini. Usa sempre la varietà del friulano occidentale che si parla a Navarons in Val Meduna e di quella zona (comprendente le convalli) illustra gli aspetti, senza trascurare contributi parziali riguardanti altre parti del Friuli, soprattutto la Carnia e, in particolare, Illegio (Tolmezzo).

I primi testi poetici della Cantarutti escono raccolti, nel 1952, e sono frutti dell’esperienza di un’autrice che condivide le esigenze innovatrici espresse sia da Pier Paolo Pasolini, nell’Academiuta di lenga furlana, sia da Giuseppe Marchetti, che la accostò al gruppo di poeti di Risultive da cui si tolse presto per il fermo proposito di mantenere la propria indipendenza anche nell’uso della sua singolare parlata.

 

Della poetessa sono in commercio “Cencia sensûr” (Olmis, 2008) e “Oh, ce gran biela vintura” (Leonardo, 2001). Il circolo del Menocchio ha edito “Omaggio a Novella Cantarutti – simpri ’a si lèa sempre ci unisce”, Quaderno Aperto, 2008

 

Questa è la terza tappa di un itinerario ideato da Danilo De Marco riguardante alcuni poeti friulani attuali non conosciuti dal grande pubblico, e cominciato con Federico Tavan e continuato con Ida Vallerugo (prima parte  e seconda parte). Con il suo consueto modo di operare/fotografare, e di concepire la fotografia, De Marco ha ritratto questi autori, non tutti facili da avvicinare, solo dopo averne una conoscenza intima, e con una grande empatia, seppure non priva forse di qualche venatura ironica. GS

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