“Scrittura non assertiva!”

Il 25 ottobre a Milano, nell’ambito di bookcity, alle ore 14 alla Casa delle Arti – Spazio Alda Merini, via Magolfa 32, si terrà un incontro sulla poesia “non assertiva“. Leggeranno i loro testi: Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi, Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Andrea Inglese, Lucio Lapietra, Renata Morresi, Italo Testa e Michele Zaffarano. Qui di seguito il primo di una serie d’interventi teorici e critici sull’argomento.

 

di Mariangela Guatteri

Partendo dal titolo del #67-68 della rivista svedese OEI, dedicato ad alcuni autori italiani contemporanei e ad alcune loro scritture, ho provato a riflettere sulle possibilità di questo non essere in un determinato modo. Propongo alcune domande forse utili per uno sguardo critico su certi modi di scrittura, trovando questo titolo, assertivo e incongruo (non possiede la proprietà che predica), molto funzionale, non tanto a tracciare i contorni delle scritture in questione, quanto a ragionare sul rapporto che tali scritture intrattengono con la realtà.

Se delle scritture vengono assertivamente definite non assertive, il loro comprenderle all’ombra di tale etichetta fa i conti con la loro complessiva descrizione, che sarà concretamente irrealizzabile: il denominatore comune di tali scritture si riduce alla sottrazione di una qualità possibile per la scrittura. Ma dall’ipotizzare: questa scrittura non è in un certo modo a: quindi è tutto il resto che non è in un certo modo, il salto non è logico e non è utile. Logico e utile può essere invece assumere la sottrazione della qualità assertiva come essenziale a tale scrittura (così essenziale da poterne essere la sintesi) e vedere se un’attività ermeneutica rileva, in tale non-proprietà, un qualche nodo critico avviando alcune domande, a partire ad esempio da: cosa ulteriormente sottrae questo non nella rete di relazioni che la scrittura innesca nel mondo?

Possiamo anche chiarire se: parliamo di forme assertive delle frasi o dell’architettura o spazio che queste frasi costruiscono oppure organizzano; parliamo del tono, della postura, del punto di osservazione che il testo trasferisce all’autore.

Ci possiamo anche orientare alle funzioni e ai modi di essere della scrittura, privilegiando quelle che consentono una lettura critica del mondo e domandarci: rispetto al contesto con cui questa scrittura è in dialogo, che cosa il testo non può affermare, dire con convinzione, dichiarare? (Non può essere ed essere trattato). Ad esempio, sempre in forma interrogativa:

 

  1. non può darsi come «grande narrazione» o come narrazione compiuta del reale;
  2. non può essere la conferma di un’ordinaria visione delle cose;
  3. non può essere intraducibile, tanto da passare indenne, immutato, per paura di smentirsi;
  4. non può essere stanziale, confermandosi all’interno di un luogo interpretativo, di una categoria, di uno stile, eccetera;
  5. non può avere chiavi interpretative desunte da uno schema conoscitivo incongruo rispetto a ciò che è il testo come complesso di relazioni (= il testo non richiede una lettura o decodifica che si appoggia su modelli critici consolidati; necessita molto probabilmente di uno sguardo critico sul reale).

 

Procedere per sottrazione di possibilità della scrittura non equivale a depotenziarla, se ciò che lesi nega è già visibile così com’è, già conosciuto in quel modo, allora atteso come una conferma di ciò che si crede, di un segno che ha già valore. Pensare a una scrittura non assertiva necessita di un approccio paradossale ed è come stare in relazione con qualcosa che esiste, non esiste ed è indescrivibile. E questa relazione non si riferisce a un oggetto oscuro e inaffrontabile ma, probabilmente, a una condizione di intermittenza, di glitch sensoriale rispetto allo scorrere agitato del real time.

7 COMMENTS

  1. […] Prosegue la pubblicazione di interventi sul tema “scrittura non assertiva”. Vedi l’incontro sulla poesia “non assertiva“ il 25 ottobre a Milano, nell’ambito di bookcity (con Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi, Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Andrea Inglese, Lucio Lapietra, Renata Morresi, Italo Testa e Michele Zaffarano). Il primo intervento di Mariangela Guattteri è qui. […]

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andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.