cul-de-sac (ˈkʌldəsæk/)
di
Gigi Spina
Se ne può far, del cul, anche trombetta
La già corposa bibliografia di Alvaro Rissa, nonché le già fornite biblioteche dei suoi affezionati lettori (anche se per le biblioteche il verbo andrebbe declinato al plurale, noi ci affidiamo a un comprensibile zeugma), si arricchisce di un volume che, per quanto di media estensione (si contano 205 pagine, Presentazione e Commento compresi), sembra rappresentare la fatica di una vita, il frutto di una lunga ricerca, aggiornata rispetto a ritrovamenti testuali, in genere papiracei – ma non mancano i manoscritti – sempre più cospicui e significanti. La cura nella individuazione delle migliori edizioni e traduzioni dei testi trascelti – scelti tra altri -, il puntuale commento e soprattutto la limpida presentazione fanno di quest’aureo libello, il cui titolo suona Il culo non esiste solo per andare di corpo, integrato dall’impegnativo e promettente sottotitolo Antologia della Letteratura Greca e Latina per il triennio del liceo classico. Volume unico multimediale e interattivo (il melangolo, Genova 2015), d’ora in poi Il culo, un prodotto (mi si perdoni la troppo attuale e depauperante denominazione) utile anche per la didattica universitaria e per l’arricchimento culturale delle giovani genera …. //# dei giovani d’oggi // delle future
no, non ce la farò mai….
Avevo pensato di iniziare così una Autentica falsa recensione d’autore, quando mi sono sentito sbalzato indietro di anni, agli anni del liceo classico, anzi delle medie, quando scoprimmo che il latino fessus significava stanco e, giù a Salerno, cominciammo a impazzare con le dediche dietro le foto di classe: ‘all’amico stanco’; al liceo, poi, eravamo diventati un po’ più maturi, e quindi componemmo le nostre tre brave cantiche della Umana Commedia, con dentro professori e compagni di scuola, fornite di un commento ricchissimo. Solo in anni recenti scoprii (qui sono tornato al singolare) che esisteva una collana del benemerito editore napoletano Guida, ideata da Giovanni Casertano: Autentici falsi d’autore. Si cimentarono nell’impresa molti ben noti professori, inventando frammenti di Saffo, discorsi socratici, nuovi libri della Politeia platonica, lettere di Lucilio a Seneca, dialoghi aristotelici, giungendo fino a Boccaccio e a Swift. Insomma, divertimento puro (almeno per i veri autori dei falsi, fra i quali et ego sum), nell’ambito di un progetto comune con una non nascosta ambizione: continuare a mettere in contatto, anche se in altra forma, passato e presente, vecchi e nuovi pensieri. La collana chiuse, dopo un certo numero di volumetti, tutti brevi e scoppiettanti, per le difficoltà dell’editore.
Non so se l’autore de Il culo, che continuerò a chiamare Alvaro Rissa – perché anch’io fui uno splendido quarantenne -, abbia letto qualche volumetto della collana. Immagino di sì, se non altro per consonanze e vicinanze professionali, anche se nell’ambiente dei professori universitari si hanno più spesso amici oltreoceano che sul proprio pianerottolo. Immagino anche che si sarebbe rifiutato di fare de Il culo un volumetto della collana, perché avrebbe dovuto tagliare più della metà delle proprie invenzioni, scegliere quella più originale, quella meno scontata e ‘liceale’. E pensare che Greci e Latini praticarono, non senza successo, la forma breve.
Il lavoro di Rissa, d’altra parte, può comportare tranquillamente due diversi lettori-tipo, forse in linea con lo sdoppiamento d’autore. Ci sono i testi greci e latini, composti dall’autore, e ci sono le traduzioni, cioè i testi che parlano a un lettore più vasto (il vaste programme editoriale, a partire dal titolo).
Ora, tralasciando le introduzioni e i commenti (Ossirinco-Ornitorinco è parodia che daterei al periodo delle medie, mentre un po’ più avanti, ma prima della maturità, situerei le introduzioni ai vari testi con la scelta oculata dei nomi degli editori e dei traduttori; al periodo dei corsi universitari, invece, le pagine del commento), mi fermerei a riflettere proprio sul possibile target di testi e traduzioni.
L’innegabile maestria nello scrivere un greco e un latino fra il ‘sostenibile’ e il ‘maccheronico’ seleziona quasi naturalmente i lettori delle pagine di sinistra (e forse anche i lettori di sinistra delle pagine), quelle con i testi greci e latini: docenti di materie classiche, laureati in materie classiche, ex liceali del classico nostalgici ma con forte propensione all’aggiornamento, seguaci di Vivarium Novum, nordeuropei, ecclesiastici (con qualche riserva, e non per via del titolo), insomma un pubblico ben selezionato, anche se relativamente numeroso, visto il successo di vendite del libro; all’interno del quale, però, ritaglierei una componente che, arrivata alla terza strofa o al ventesimo rigo di ogni testo, un po’ per celia, un po’ per non morire, capisce il gioco e passa al successivo. Naturalmente questo vale a maggior ragione per i testi in greco.
Poi ci sono i lettori delle pagine di destra, che ogni tanto danno una sbirciatina anche a sinistra per vedere l’effetto che fa (non escluderei, per amore di simmetria, lettori che dalla pagina di sinistra danno una sbirciatina a quella di destra, per ‘controllare la traduzione’, ma li stimerei in una percentuale inferiore).
Presi dalla vivacità versificatoria/prosastica e dalla varietà tematica (qui ci va bene poikilia), che spazia fra i miti del nostro tempo e dei nostri passatempi (Fantozzi, la gastronomia, il calcio, la religione e, ovviamente, il culo, magari di Noemi), i lettori delle pagine di destra resistono qualche strofa e qualche rigo in più, ma poi girano velocemente le altre pagine. Non manca, infine, una parte meta-antologica, in cui fa capolino la scuola, la fonte indimenticata di questa capacità di scrivere in greco e latino, ma riaggiornata alle tensioni e tenzoni quotidiane: presidi, scrutini, ricreazione.
Il libro sta per terminare, appena il tempo di dare una sbirciatina al commento, che solo i lettori filologi di entrambe le tipologie avranno consultato in corrispondenza dei singoli testi.
Come e cosa concludere da questa lettura sussultoria e veloce? Mi sento tripartito, come in un dialogo platonico sull’anima e non riesco a trovare una linea di mediazione, perciò …..
Che tanti anni di studio indefesso di greco e latino abbiano portato un autore del calibro di Rissa a ridurre due lingue ancora pulsanti, nelle quali hanno scritto filosofi, poeti, storici e soprattutto papi, a portavoce di parti del corpo così basse, attraverso quella forma di parodia che i Greci e i Romani inventarono, ma con ben altro ed elevato sentire; che tutto questo sia accaduto, non è che l’ulteriore segno e conferma di un paese i cui valori sono stati calpestati dai sommovimenti politici e libertari (e sconci) dei decenni scorsi. Verrà tempo in cui il semaforo indicherà un rosso acceso anche per libri come questo.
….
L’autore fa il suo mestiere, si diverte e fa divertire. Soprattutto i professori di liceo, costretti – ma ancora non si sa da chi, forse dalle scie chimiche – a costringere gli studenti e le studentesse (non uso ancora asterischi) a studiare un greco e un latino ripetitivi, troppo seriosi, senza slancio, troveranno in queste pagine nuove idee per rendere i testi del programma riscrivibili. Il volume potrebbe, perché no?, essere adottato sperimentalmente da qualche liceo e potrebbe orientare anche la cosiddetta seconda prova dell’esame di maturità. Altro che antropologia e cultura, come vorrebbe qualcuno.
E io continuo ancora a chiedermi: ma non c’era già Sexus et politica di Gaber-Savona? O i numeri unici dei giornalini di terza liceo?
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Disdirò immediatamente la prenotazione!
Confesserò che l’ironia del recensore, per quanto vivace e apprezzabile, mi lascia con un grosso interrogativo circa la natura della res, per stare in tema.
Da direttore editoriale del melangolo posso dire che “Il culo non esiste solo per andare di corpo” ma anche, come chiaramente emerge da questa sconclusionata recensione, per “bruciare”, e non poco (dimenticavo: siamo alla IV ristampa, il libro ha superato le 4000 copie).
Immagino che il gentile direttore editoriale Simone Regazzoni sia non estraneo al significato della parola recensione, che affonda le sue radici proprio nella stessa realtà culturale a cui attinge il suo autore Rissa.
Forse però, è abituato a recensioni concludenti, nel senso di richiudenti il libro in oggetto in un recinto protettivo, dunque recinzioni e non recensioni. Le conclusioni del recensore cui si riferisce non sono di questo tipo. In particolare un recensore che voglia davvero recensire (o recensire a suo modo) non guarda mai al numero dei ‘mi piace’. Per questo basterebbe, appunto, come il direttore giustamente sottolinea, un bollettino di guerra della vittoria. Firmato Regazzoni.
Ehm, sig. Regazzoni, suvvìa; questo non è propriamente un esempio di fair play. Ribattere a una recensione con l’ipotesi (se non l’accusa) di “rodimento” e sottolineare la cosa con i numeri del venduto…
Quanto all’essere “sconclusionata”, be’, non lo è più di quanto sia sconclusionato l’oggetto della recensione stessa (almeno per quel che ne ho letto fino a ora: sa, contrariamente a ciò che ho affermato in un precedente commento, non ho disdetto la prenotazione; la libraia era così sorridente e ciò m’è bastato benché l’abbigliamento suo non mi permettesse di constatare fosse anche callipigia[*]).
Ciò detto, aggiungerò che le parodie delle odi d’Orazio, e le relative traduzioni, mi paiono felicemente condotte proprio in virtù del fatto che si confronta la sinistra con la destra (la pagina, intendo). Col greco non mi riesce, peccato, e ne segue che trovo la Fantozziade alquanto scontata. Arguisco, da non esperto di latino né di greco, che ciascuna parte non potrebbe avere giustificazione e vita proprie.
[*]: se non proprio come la Venere in copertina, almeno un po’.
Pubblicità gratuita.
Tutta invidia.
Ma perché questa recensione livorosa verso un libro che dovrebbe essere celebrato e festeggiato da tutti quelli che amano la cultura?
Al di là delle beghe accademiche ( evidenti ) e dei numeri ( che di per sé non significano nulla ), credo che pochi abbiano capito ciò con cui hanno a che fare, la portata di quello che ha fatto Alvaro Rissa (anch’io lo chiamerò così pur sapendo chi è). Alvaro Rissa ha fatto qualcosa di unico, di mai tentato, che va AL DI LÀ. Secondo me chi ha letto davvero questo libro, sia le pagine a destra sia le pagine a sinistra, non può fare che una cosa, togliersi il cappello e rallegrarsi che esistano ancora ingegni simili.
Fab
L’unico aspetto notevole del dibattito che è seguito a questa recensione è l’assenza. L’assenza di una vera discussione sul libro che della recensione è oggetto -dove essa compare, è larvale e strumentale all’invettiva; l’assenza di interventi sulla recensione e sul suo modus argumentandi, visto che l’aggressione verbale nei confronti del recensore domina.
Al margine dell’ostentazione di cotanto senno, mi permetto dunque una piccola considerazione inattuale sulla recensione stessa e sull’istruttiva lezione che ne ricaviamo in materia di “dibattito” “culturale” nei commenti internautici. Essendo tutti troppo occupati a dare addosso all’incauto critico (incauto perché ha osato esprimere in modo equanime il suo parere, lontano del pari dal deforme obsequium e dall’abrupta contumacia), nessuno si è soffermato a considerare che l’articolo è strutturato sul gioco del metadiscorso: una prima pseudo-recensione; una breve esquisse analitica, con incluso un gioco di pseudo-datazioni esistenziali nella storia ipotetica della Sich-bildung dell’autore -storia che essa stessa è una parodia del “filologhese”; da ultimo uno pseudo-dialogo tripertitus, orchestrato fra il riecheggiamento di Platone e il duello a caldo del talk show. Sostanzialmente nessuno si è accorto, visto che tutti erano troppo impegnati a ringhiare di bruciori anali, che la recensione stessa è specchio del testo che recensisce e della sua struttura disseminata e paradossa.
Considerando quali implicazioni su scala sistemica abbia un simile caleidoscopio di traveggole da parte di molti degli intervenuti, per non parlare del tono generalmente volgare e autoritario degli interventi, il clima del sullodato “dibattito” “culturale” internautico lascia poche speranze a chi vi assista o a chi abbia la tendenza a parteciparvi, nell’ostinata convinzione che fra il ciarpame e lo scemenzaio possa passare, di tanto in tanto, come una anomalia, come una svista, mezzo pensiero sensato su qualunque cosa.
[…] recensioni di segno opposto, da Minima et Moralia e da Nazione Indiana, a Il culo non esiste solo per andare di corpo: “una moderna, rivoluzionaria antologia della […]
Credo che una recensione così risentita e piena di livore potrà solo far piacere ad Alvaro Rissa. Immagino che sarà molto gratificato, perché raccogliere un po’ d’invidia è il segno più chiaro che si è fatto davvero qualcosa di bello.
Credo che un commento così risentito e pieno di livore potrà solo…
No, non potrà niente.
ma chi cazz’è ‘sto Livore? Nom de plume?
effeffe