Cinque poesie inedite
di Damiano Sinfonico
Ho percorso tante case.
Una diversa dall’altra.
E una uguale all’altra.
Non saprei dire che cos’è una casa.
È più grande di poche stanze.
E più piccola di un’idea.
Ci è noto ogni particolare.
Le casse da cui soffia la musica.
Il colore della spugna per i piatti.
Da dove salgono i rumori del mattino.
Casa è dove abbiamo le ciabatte.
*
“Il mio regno per una tazza di tè”.
Annego in un racconto di Cechov.
Supero i capitoletti uno dopo l’altro.
Sto in agguato della parola decisiva.
Piomberà accendendo una sola luce.
Il finale come una raggiante tortura.
*
Le persone hanno la vecchiaia.
Non traspare sempre.
In rare occasioni.
Lo riconosco dai gesti stanchi.
Dalle guance tremebonde.
Da un attimo di esitazione.
Allora le accompagno.
Vorrei che per loro fosse come una passeggiata.
Di quelle che facevano in passato.
Nei loro anni migliori.
*
La tua foto ritrovata.
Calorosa nel tuo cappotto verde.
Paffuta come un’oca di Walt Disney.
Non ci rivedremo.
Ora che ti esprimi nella tua lingua.
Con il tuo accento inconfondibile.
Impresso nel mio orecchio.
*
Il rumore di posate alle finestre.
Gli autobus in giro per l’ultima corsa.
I lampioni accesi da poco.
I cassoni colmi di sacchetti.
La sera non è un idillio.
In cucina irrompono i rumori dei vicini.
La radio rimescola le notizie.
Impercettibilmente la luce si ritira.
Come lo splendore da una civiltà.
Mi dichiaro affascinato dalla scrittura poetica di Damiano. Egli punta il dito sul solco apparentemente minimale della vita, là dove dimentica di ficcare il naso, sapendo che tale microcosmo può essere remoto dai nostri interessi. E invece entrare in questi vicoli olfattivi e poco rumorosi ci permette di riesumare l’immutabilità delle esistenze, la gloria di certe infanzie fuori moda. Un suono di campana, il rumore di un trenino, le voci di là dalle pareti di cucina, l’acqua che sgocciola dal rubinetto.Questa vita romita, già rannicchiata negli abissi del buio interno che ci pervade, è invece in grande intesa con la baraonda odierna, che al di fuori di noi, martella e tonfa il proprio fastidioso fragore. Damiano ci permette di riaccordare questi due fiumi acustici; ci permette, per un attimo, di renderli paralleli, prima che il tratto profondo si nasconda nuovamente nei propri silenzi da presepe, da paese montano quasi monacato. Ecco cos’è, per me, la magia del verso del mio autore Sinfonico. Con affetto e stima, Damiano caro!
Grazie Gianfranco!