I racconti inediti di Bove
di Emmanuel Bove
Come mai ero così triste? I miei libri, tutti i miei libri, riposavano nella biblioteca. Nessuno aveva parlato male di me. Nessuna preoccupazione affliggeva la mia famiglia e i miei amici. Sentivo di avere tutto sotto controllo. Non avevo motivo di temere che gli eventi prendessero una direzione per me impossibile da modificare. Non ero scontento di me. E, anche se lo fossi stato, ciò non sarebbe bastato a giustificare il sentimento che provavo.
Erano le undici di sera. Una lampada senza paralume rischiarava il mio tavolo di lavoro. Non ero uscito per tutto il giorno. Quando il mio viso non ha modo di prendere colore all’aria aperta, non mi sento a mio agio. Le mie guance sono più lisce. Trovo sgradevole la setosità della peluria che le copre. E mi disturba dovermi coricare con tanta vitalità inespressa.
Me ne stavo appisolato in poltrona. La cucitura della stoffa rossa era fissata al legno da chiodini con la testa dorata. Nel punto in cui un chiodino mancava, la sutura era più lasca. Me ne stavo immobile. Tuttavia, la mia mano tirava la cucitura, senza che me ne accorgessi, cercando di far cedere il chiodino successivo.
Fu solo quando raggiunsi tale scopo che mi resi conto di quel che facevo. Questa scoperta mi diede una gioia leggera. È così ogni volta che mi sorprendo ad agire senza averne coscienza o che scopro in me un sentimento che ignoravo. Ciò mi rallegra quanto un raggio di sole o una buona parola. Chi mi rimprovera questa piccola gioia non mi potrà mai comprendere. Mi sembra che cercare di conoscersi sia la più pura delle cose. Rimproverarmi di riflettere troppo su me stesso sarebbe come rimproverarmi di essere felice.
Bisogna però dire che questa gioia è assai fragile. Non è uniforme come quella che ci regala un raggio di sole. Sparisce rapidamente e devo cercare in me qualcosa che la rinnovi. In questi momenti, sento che tutto mi è ostile e chi ho intorno, abituato a gioie più semplici, mi appare più felice di me.
***
Stavo leggendo, quando bussarono alla porta. Era il mio amico Paul. Entrò come un colpo di vento e la porta che aveva spinto dietro di sé per chiuderla rimase semiaperta.
˗ Che cos’hai, Paul?
˗ Niente.
Il suo viso era pallido. I suoi occhi, più scuri del solito. Crollò sul divano, che sapeva essere morbido.
˗ Ma che cos’hai?
Si alzò, camminò per la stanza mentre posavo il mio libro, si accese una sigaretta, poi si rimise a sedere. Fumava come fanno i nervosi, tenendo la sigaretta mollemente. Di tanto in tanto, sputacchiava pagliuzze di tabacco.
˗ Ti supplico, Paul, dimmi cosa ti è successo.
Lo guardai. Mi sforzavo di trovare nel suo comportamento un gesto, un’espressione che mi rassicurasse. Ma niente. Se avesse avuto in mano un qualche oggetto, le sue dita avrebbero tremato. Doveva esserne consapevole perché evitava di toccare alcunché.
˗ Paul, sono tuo amico. Raccontami tutto. Sai bene che se posso fare qualcosa per te, non esiterò. Mi fa male vederti così, senza poterti aiutare.
Era in preda a un tale nervosismo da non sentire neppure le mie parole. Le vedevo passare sopra la sua testa senza mai raggiungere le sue orecchie. Sembravano pallottole indirizzate male. E proprio nel momento in cui, spossato dalla sua distrazione, io stesso non prestavo più attenzione a quanto dicevo, egli parve ascoltarmi.
Mi si avvicinò con titubanza. Come se temesse che anche il minimo rumore mi avrebbe fatto chiudere la bocca, che guardava strizzando le palpebre mancanti di alcune ciglia. La luce della lampada scivolava sulla rotondità dei suoi occhi, occultandone il colore. Scoppiò a ridere. Sì, scoppiò a ridere. Le sue dita tremavano una dopo l’altra. Alcuni denti, a me sconosciuti, apparvero dal fondo della sua bocca, denti simili agli altri ai quali però non ero abituato. Mi rivelavano qualche mistero fisico. Capii di non avere più di fronte un amico, ma un uomo come me.
˗ Perché ridi?
˗ Eh! Non lo so… È vero… non dovrei…
E continuava a ridere. Il naso sembrava più lungo in mezzo alle contrazioni del suo viso. La bocca, che aveva perduto il ritmo della respirazione, cercava di ricomporsi. Poiché in questo subbuglio, malgrado tutto, doveva respirare, il fiato gli vibrava sul palato prima di uscire.
…..
NdR: questo è l’inizio del primo testo della raccolta di racconti inediti in italiano pubblicata recentemente da Fusta Editore (CN), nella collana Bassa Stagione (a cura di Marino Magliani e Stefano Costa), nella traduzione di Claudio Panella.
Emmanuel Bove (1898-1945) è stato un autore molto prolifico, firmando una trentina tra romanzi e raccolte di racconti in appena due decenni di attività. La carriera di Bove ebbe inizio proprio grazie a un racconto, che convinse la celebre scrittrice Colette a favorire la pubblicazione del suo libro d’esordio, Mes amis (1924), tradotto in Italia nel 1991 con il titolo I miei amici da Beppe Sebaste per Feltrinelli, che lo ha ristampato nel 2015. Bove è un autore di culto ancora troppo poco conosciuto in Italia, soprattutto per quanto riguarda le sue prose brevi in cui esercitò al meglio un talento straordinario e di cui Una visita serale e altri racconti costituisce la prima raccolta italiana.
I protagonisti dei suoi racconti sono personaggi maschili, per lo più scrittori, che si guardano da fuori, che si guardano vivere; si tratta di uomini che desiderano controllare la propria vita ma sono perseguitati dai fantasmi del proprio insuccesso, della propria inettitudine.
su questo libro si veda anche: il primo amore e margutte
sarà presentato a Torino alla libreria Luna’sTorta (via Belfiore 50), mercoledì 4 maggio ore 20.30