mater (# 4)
di Giacomo Sartori
Più di tutto
amavi i libri
i fiori
i cieli
i film
chiacchierare
viaggiare
ridere
ma più di tutto
più di tutto
adoravi sciare
fin da ragazza
fin dal fascismo
su e giù
e ancora giù
l’aria cruda sugli zigomi
giù e sempre giù
leggera e intrepida
nel riverbero cereo
su e giù e su
e poi di nuovo giù
sulla scorza viscida
dei grattacapi nel fondovalle
(come tagliare il traguardo
della fine del mese?)
giù in ebbrezza vitalista
(per non dire postfascista)
giù nel bianco
giù nell’azzurro
perfino molto anziana
scivolavi lieve
sulla pelle della neve
anche sui giorni
slittavi agile
anche su me
Dicevi cose orribili
dicevi cose orribili
senz’ombra di pietà
(il minimo sindacale
che s’ha per i morti)
o solo indulgenza
sull’uomo di mezzo secolo
e tre figli
(pur sempre una scelta tua
dando per scontata
la fregola del dopoguerra)
tuo marito
mio padre
C’è stato un tempo
c’è stato un tempo
in cui andavamo al cinema
senza far troppo caso
al cartellone
per il gusto del buio
fitto di attori
di battiti di cuore
due compagni di scuola
due fidanzatini
Allora piangevi
stipavi il tuo tempo
come si incastrano
i pezzi di un puzzle
dopo il cinema
c’era il tomo da ultimare
poi ancora i giornali
il documentario alla tele
l’amica da chiamare
un cassetto da riordinare
giorno dopo giorno
mese dopo mese
(tracimante cisternina
di esuberanza)
poi qualche volta
restavi senza pezzetti
incombeva la sera
pioveva
il telefono proprio taceva
allora piangevi
Ho sognato
ho sognato
ch’arrivavo tardi
eri già morta
già finiva il funerale
Così fragile
così fragile
e così incrollabile
così cordiale
e così insopportabile
così superficiale
e così avida di cultura
così brutta
e così graziosa
così illogica
e così saggia
così vendicativa
e così riconoscente
così sventata
e così sapiente
così volubile
e così incrollabile
così glaciale
e così empatica
così impaziente
e così attenta
così supponente
e così tollerante
così veterofascista
e così libertaria
così inconseguente
e così ostinata
così pudica
e così immorale
così evanescente
e così carismatica
così inaffidabile
e così fedele
così femminista
e così retriva
così snob
e così disponibile
così paradossale
e così tetragona
così dimentica
e così memore
così contraddittoria
e così coerente
così detestabile
e così adorabile
così lontana
e così presente
Come sbrigato il più grosso
non mi manchi
sono anzi sollevato
che tu sia andata
finalmente andata
come sbrigato il più grosso
si avverte più vicina
la conclusione
Testi toccanti: la verità della poesia.
Testi toccanti: la verità della poesia.
grazie!
L’essere scarno giova alla rievocazione, alla restitutio di una vita. E anche certe foto color seppia come spie di un rievocare. E la giustificazione del fare poesia qui, piú della prosa. Meditare oh si sulla sacralitá del trapasso che é sempre un trapasso del Tempo. Sartori indicando qui la sua rotta ci indica una possibile, nuova rotta. Contro ogni mercificazione. Contro il cupo oblio. La sua Mater assurge a emblema di ogni madre. Ho percorso i suoi testi, ho rivisto mia madre. Grazie.
grazie Carlo, e in effetti questi testi nascono da una esigenza di “scarnezza”; come dire, da una parte sento l’esigenza di “fare un discorso” piuttosto articolato, prendendo in considerazioni tanti aspetti, se non addirittura tutti quelli che mi sembrano in qualche modo rilevanti, e dall’altra non ho nessuna “voglia” di utilizzare le armi della prosa, sento anzi una vera e propria resistenza (cosa che a dire il vero non mi era mai capitato); e allora ne risulta questo, che è forse semplicemente una prosa ridotta all’osso, appunto scarnificata; ma forse non è solo questo, e c’entra anche la sacralità di cui parli, che è molto difficile, se non impossibile, da rendere/evocare con la “prosa prososa” (spesso la malinconia, e non ha caso mi piacciono tanti prosatori malinconici, ha questa funzione, mi sembra, rimandando a qualcosa d’altro dai contorni indistinti..)
Molto belle!!! bravo
Diciamo Giacomo che con questa prosapoesia, non so in che modo, hai ridato vita….Mia madre Elena era super super sportiva (da giovane) e anche caratteraccio e grande sciatrice e improvvisamente il tuo rievocarla cosí asciutto e inopinato…in parallelo io mi conduceva a rievocare lei, Elena. Ovvero dall’alto dei 74 anni (miei), scaltrito lector…mi vedevo improvvisamente coinvolto. Ergo probabilmente il Nuovo. A questo finché si avrá fiato si deve tendere oppure tacere. No?
c’è memoria, c’è vita
che si rinnova