Due merli

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di   Francesco Accattoli

 

Due merli s’azzuffano sopra sfalci neri
nel raso di una corte abbandonata.
Nell’umido la gara di un aprile di pioggia,
a tratti s’ignorano scuotendo il becco,
un seme è fatto santo tra i rovi diserbati,
le siepi del vicino sono inutilmente verdi,
la fuga corrisponde allo scontento.
Sgomenta la direzione delle folate
di nebbia tra le case in costruzione,
somiglia ad un’arena senza terra
la terra sudata e senza voce.

 

 

*

 

 

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In fondo alla sala c’è un camino nero
infisso in un bosco di legno scuro.
E’ da lì che ti guardo e sudo
l’acqua che ha risolto il mondo.
Tra poco chiuderemo le porte,
per ritrovarci sul fondale.
Sul fondo c’è il nero da cui siamo nati ,
nessuna brezza o corrente fredda,
siamo liberi negli occhi, posidonie
nella luce delle lampare.
Mi vedi nei contorni, mi tocchi per provarti
che esisto, che non sono un osso
di balena, e che respiro, come gli altri.

 

 

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