Miti Moderni/20: ipocondria

14445744_10210953709908210_1650667800_ndi Francesca Fiorletta

I put a spell on you. 
I turni di lavoro non esistono.
Punta la sveglia alle 7:45 per aspettare una telefonata, il cellulare tra le coperte; lo schermo nel buio è troppo luminoso, posticipa il trillo di dieci minuti.
Si riaddormenta come al solito, continua a rigirarsi ancora un poco dentro al letto, “cinque minuti, cinque minuti”; le mani chiuse a pugno sotto i cuscini, i capelli viscosi sul naso.
Vede aprirsi, sparsa, tutta la città. Nella pigrizia.Il rumore dei cani che giocano, al nono piano. I tacchi veloci della dottoressa innamorata, il clacson dei tassì.
Si sveglia nuovamente, apre gli occhi piano. Profumo di caffè, ansia di limone, che depura l’organismo e stuzzica l’incognita sul futuro.
Prende in mano il cellulare, le 7:43.
Ritorna dal Brasile, per amore.
Affronta una fase molto delicata della sua vita.
Non riesce ad identificarsi.
Alcune frasi restano in testa, la radio che va.
La telefonata non è arrivata, nemmeno stavolta: non si ricorda nemmeno più a chi stava pensando.
È una recidiva.
La malattia.
La malattia è un’ossessione, nausea e mal di testa; ipocondria.
Non riesce a muoversi, poi si prepara per una cena in centro, compra un vestito borghese, le galoche per la pioggia, la bigiotteria ornamentale.
Prenota il parrucchiere, calca la mano col rossetto, resta seduta per terra, tra la peluria dei gatti e dei troppi amanti. Cerca su internet il significato di quel sogno: disattese continue.
Le medicine non servono a niente, ha gli occhi bovini, pieni d’acqua distillata, lunedì prossimo il nuovo turno di terapia: ha tutto un weekend davanti, eppure non sente ragioni.
Il karaoke, la sala prove, il futuro compagno di stanza, l’asimmetria del rapportarsi al mondo, l’incoscienza dello stato febbrile.
Ha le visioni, un tuono mistico, pensa che niente potrà mai tornare a posto, che niente è stato mai concepito per restare al posto giusto; poi si sente piena di vitalità, stappa una bottiglia, compone un numero di telefono a sei cifre, e svelta riaggancia.
Un cenno del capo, non arriverà. Il fango morbido all’ingresso della metropolitana; preferisce di gran lunga spostarsi in tram.
Dovrebbe tenere un diario, iscriversi a qualche corso di teatro.
Non sopporta l’alito pesante e gli uomini troppo magri, guarda dall’alto in basso le persone che dimostrano più anni di quelli scritti sulla patente. 
Ha il colon irritabile. La psoriasi tra le dita delle mani. L’alluce valgo. Il ginocchio del tennista. Da qualche giorno le è spuntata anche una coda di serpente, da dietro.
La giornalista cucina i pancake, li fotografa senza assaggiarli, concepisce un post sul social network. Poi li butta nel secchio.
Nessuno scampo alla raccolta differenziata.
Sei perfettamente sana, le hanno detto.
You can’t regret. 

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