Stelle tardive. Versi e prosa
di Arsenij Tarkovskij
Un lampioncino rosso sta sulla neve.
Chissà perché non riesco a ricordarlo.
Forse è un foglietto-orfanello,
forse è un brandello di garza,
forse è un fringuello dal petto rosso
uscito a volteggiare sulla distesa di neve.
Forse è che si sta burlando di me
il nebbioso tramonto di questo giorno dannato.
*
Di notte il tempo va lento.
Si conclude l’anno bisestile.
I vecchi pini sentono con le fibre
il ghiaccio rappreso della resina primaverile.
Mi bastano le cure quotidiane,
non mi occorre un’altra felicità, –
lo so: anche là, oltre lo steccato,
si conclude l’anno di qualcuno,
lo so: s’erge un nuovo boschetto
là, dove svaniscono i nostri pini.
Sono grevi i calici bianco-neri:
sentono con le brezze il tempo e il turno.
*
La casa senza gli inquilini ha preso sonno e non fa sogni.
La sua anima, innocente e vuota,
riguarda se stessa ad occhi chiusi
ma non prende coscienza di sé
e si scuote selvaggiamente quando
il gocciolone tonfa dal rubinetto in cucina.
Il tubo dell’acqua tace, anche il telefono
tace
E allora dormi pure tranquilla, casa,
dormi, cubatura-orfanella! Torneranno
i tuoi inquilini e in ciò che avranno sottomano –
in grandi brocche, in secchi turchini, in barattoli
da conserva – porteranno il tempo, e apriranno
le finestre, e ti daranno aria.
L’orologio stava fermo? L’orologio andava? Stava fermo.
Ecco, siamo a casa. Svegliati, casa!
*
Dall’anulare l’anello
si alzò a forza per la terza volta.
Sotto la maschera di pietra luceva
il viso sfigurato dal dolore.
Per nessuno, mai dinanzi a nessuno
nemmeno una lacrima, tra gli uomini come in un deserto
ossessionata dall’orgoglio vedovile,
dal peccato mortale della solitudine.
Ma sul tumulo s’erge
più alta delle nubi, come colonna di neve,
la sua voce sovrana rischiarata
dal peccato mortale della solitudine.
Rimetti anche a me questo peccato.
Rimettimelo, com’è stato rimesso a te.
La neve giace sulla tua tomba.
La neve cade per terra in vista a tutti.
Queste sono sorprese.
Grazie,
Giampaolo