Questo mondo
di Maria Gaia Belli
Questo mondo è molto semplice.
È fatto così:
a sud c’è il mare, e tutto quello che sta intorno al mare. Di fianco, vicino, appoggiato al mare: paesini pieni di piste ciclabili, vuote d’inverno; panifici che profumano di sale; piedi in infradito, facilmente sporchi; pelle scura, spesso secca, bambini che si tirano via le pellicine delle scottature; palloni poco pesanti; molta strada a corsie strette, sempre dritta, che incontra case uguali, con uguali tavolini di plastica da giardino, e qualche rara villetta sola, abitata da gatti.
al centro c’è la Regione. L’unica città è P.
P. è così grande che è grande quanto la Regione. È grande perché ci sono molti negozi, molti soldi, molte facce. P. è come un ragno grasso. Al centro di P c’è il corpo tondo e gonfio, pieno di negozi, che contengono negozi, che contengono reparti, che contengono scaffali. E grattacieli pieni di uffici, pieni di sedie. Nel corpo di P. tutti vanno per le strade, come sangue: veloci con le macchine, meno con i mezzi. Spesso, ingorghi davanti alle vetrine. Le zampe di P. non sono otto, ma migliaia. Piene di case. Dentro le case ci sono le stesse persone che prima erano nei negozi, se è sera. Le case sono tante, a volte sono palazzoni grigi, ricoperti di panni stesi, altre sono basse, con vialetto, cane e giardino. I quartieri hanno dei numeri. Così si fa prima.
A est, molto lontano a est, la città di N. è sulla schiena della Regione (come una pulce su un cane).
N. è paese, a dire il vero. Un paese grosso. È vecchia, quindi bella ma povera. Piove molto, e c’è fango. Le donne portano ancora vesti fino alle caviglie, e cesti in mano. Cavalli sbiaditi camminano dove vogliono. Case di legno, ma per fortuna pochi incendi. Piove. Due pali magri, soli, si fanno forza assieme per sollevare un filo della corrente, e uno del telefono. Le strade a N. vanno tutte nello stesso posto, fino al palazzo del governatore. Lì, se guardi in su, vedi i giardini, e a volte passano loro, con i vestiti puliti. Il governatore governa N. perché suo padre o sua madre governava N.
Così vanno le cose.
A nord c’è il Nord.
Il Nord è grande, è freddo, e si chiama Nord: tutto quanto.
A Nord le persone sono davvero strane e davvero ricche.
(ma questo lo dice la gente del sud.)
Tra il Nord, e tutto il resto, c’è la dorsale.
Ci sono case sulla dorsale, questo è sicuro. Gente, ogni tanto, non si sa bene dove. Sotto le montagne, di certo alcuni paesini stanno, come mosche chiuse dentro un pugno.
Quello che c’è di certo sulla dorsale, è: alberi, sassi, neve, orsi, ricci, cervi, cinghiali, draghi con le ali, draghi senza ali, lucertole grosse come persone, o piccole come lucertole, serpenti poco velenosi, scoiattoli, lepri in quantità, poche strade battute e sicuramente molti morti.
La dorsale è lunga quanto è lungo il mondo, sta tra il nord e il sud, e di lì non si muove.
L’Accademia è al centro della dorsale. È nel mezzo dell’unica vera strada che va dal Nord alla Regione.
Le mura esterne dell’Accademia sono alte venticinque metri. Le mura interne sono alte trenta.
Sarebbe impossibile guardare dentro.
*
Immagine: Ruth Tustin Thompson, “Smoke in the Mountains“.
bello, bello.
molto bello… grazie!
L’impossibilità di descrivere il mondo nella sua tragica ingiustizia.
Leggendo questo canto triste della frontiera tra sud e norte mi ricordo che à sud è il mio corpo e la mia lingua e al norte c’è il silenzio del passato. Sognamo il sud, Come la possibilità di morire.